Libri di Antonio Sciotti
Guappi di cartone dal teatro alla tv, storia della sceneggiata: 1840-1980
Antonio Sciotti
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 200
Dalle origini ottocentesche, si passa all'evoluzione e alla maturità di struttura della sceneggiata degli anni '20 e '30 e alla stabilità degli anni '50. Poi, dopo un periodo d'indifferenza e di declino, si registra il prepotente ritorno negli anni '70. Infatti, con la crisi del teatro d'arte, la sceneggiata diventa l'unica forma teatrale napoletana ben rappresentata. Ne è esempio proprio l'anno 1970, dove il cinema domina nelle sale di quelli che oggi sono i teatri Bellini, Augusteo, Diana, Sannazaro, Acacia, Cilea. Per gli amanti del teatro classico, la scelta degli spettatori si riduce ai soli sopravvissuti teatri San Ferdinando e Politeama. Come contropartita, funzionano alla grande i botteghini dei teatri Duemila, La Perla, Italia, Ausonia, Splendore e Bracco, dove è rappresentata la sceneggiata. A questi, l'alternativa per il pubblico si riduce alle piccole sale dove si ascolta la musica e il cabaret, come i teatri Orione, Esse, La Porta Infame, Cantuccio, Margherita. Partendo proprio dal 1970, la sceneggiata domina e varca pure i confini regionali e nazionali e anche quelli internazionali, approdando oltre oceano dove alcune compagnie quali quelle di Mario Merola e Mario Da Vinci diventano assai popolari, almeno nelle colonie italiane sparse nel mondo. Questo nuovo boom è legato soprattutto alla popolarità dei protagonisti e al loro indiscusso talento, più che al successo della canzone. In questo caso, la definizione di sceneggiata viene distorta, perché ora non è più la canzone di successo che lancia la sceneggiata, bensì è la stessa sceneggiata che fa conoscere la canzone dalla quale è tratta la trama. Infatti, molte canzoni degli anni '70 possiedono una popolarità che è limitata al vicolo e vengono conosciute da una platea nazionale proprio in virtù degli incassi della sceneggiata. Spesso la televisione ospita i beniamini, i quali non propongono la canzone il cui successo è limitato e circoscritto, bensì un quadretto recitato con altri artisti della compagnia tratto proprio dalla sceneggiata che termina con la canzone identità. Ecco che Mario Da Vinci, per interpretare Montevergine (Mamma Schiavona) nella popolare trasmissione Domenica in, è accompagnato da suo figlio Sal e da un nutrito gruppo di attori della sua compagnia che inscenano il disperato pellegrinaggio alla Madonna. Il declino della sceneggiata, che avviene nella prima metà degli anni '80, non è attribuibile alla critica e alla stampa che hanno sempre alzato un muro e una forma di ostracismo assai discutibile verso questa forma d'arte, ma agli stessi beniamini che passano ad altri palcoscenici, in particolare al cinema come nei casi di Nino D'Angelo, Carmelo Zappulla e Sal Da Vinci, e anche ad un cambiamento del repertorio musicale con canzoni che cantano l'amore e che non possono più offrire alcuna trama da sceneggiare.
1923-1980: almanacco della canzone napoletana
Antonio Sciotti
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2021
pagine: 500
Le dive del fonografo: 1900-2000
Antonio Sciotti
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2021
pagine: 320
Il desiderio di raccontare delle protagoniste della canzone napoletana è maturato nel corso di diversi anni, durante i quali mi sono ritrovato ad occupare, eccezionalmente, anche le prime file dei ricordi di un'artista in particolare, la cantante Isa Landi. Le ore trascorse con lei hanno schiuso orizzonti conoscitivi e ispirato, idealmente, fondamenta per ricostruire scenari e contesti di un periodo sul quale il sipario era ormai calato. La Landi durante le nostre conversazioni si trasformava in una preziosa e ed umile spettatrice di un tempo, gli anni '40 e '50 del Novecento, nel quale lei stessa era stata protagonista indiscussa. Non si risparmiava nel dettagliare fatti, storie, meccanismi dello spettacolo di allora, al contempo dispensava un'incredibile ammirazione per Gilda Mignonette, Ria Rosa, Ester Baroni che lei considerava le dive per eccellenza. I suoi racconti, pregni di un vissuto in prima persona mai esclusivo, coinvolgevano un intero sistema nel quale si intrecciava il divismo dirompente di prime donne e un'umanità che lei distillava in aneddoti, chiacchiericci nei camerini ed informazioni inedite rivelatorie di profili umani sorprendenti. Isa Landi pur avendo avuto una carriera costellata da successi, contesa dalle grandi case discografiche e con un pubblico internazionale del calibro di Frank Sinatra, non si è mai lasciata persuadere, durante tutti i suoi racconti, da una facile autocelebrazione, piuttosto il suo straordinario piglio narrativo illustrava le tavole di un antico palcoscenico che ha finanche incrociato quello americano. Le peripezie di un mondo nuovo dovesi avvicendavano persino personaggi di dubbia dirittura morale, ed episodi che fotografavano un'epoca lontana che lei ha ripercorso con estrema lucidità senza scadere in sentimentalismi di sorta o recriminazioni opportune. La sua straordinaria memoria ha aperto vani sconosciuti nei quali ho scoperto tracce che mi hanno condotto a delle nuove conoscenze e ad indispensabili approfondimenti. La morte di Isa Landi ha inevitabilmente accelerato un ideale disegno di riscatto della memoria delle cosiddette regine del fonografo e lei diventa la capofila di un progetto nel quale ho inteso inserire le interpreti della canzone napoletana seguendo un preciso percorso. Le coordinate metodologiche adottate possono essere sintetizzate in tre punti fondamentali: le imponenti discografie che hanno suggellato l'epoca d'oro della canzone partenopea; le carriere discografiche nelle quali si rintraccia in maniera consistente l'alternanza della canzone commerciale con quella antica napoletana; la continuità di repertorio dialettale come cifra carrieristica che si evince nella scelta (per esempio di Virginia Da Brescia, Antonella D'Agostino o Grazia Gresi) di trasferirsi a Napoli, città che diviene la loro determinante fucina culturale. Eccezionalmente vengono incluse, malgrado il vuoto discografico, artiste come Marianna Checcherini, Emilia Persico, Amina Vargas, Giuseppina Bianco, Carmen Marini e Amelia Faraone perché in maniera consistente hanno contribuito alla diffusione della canzone napoletana a livello nazionale ed europeo. Ogni singola scheda riepiloga i successi derivanti, esclusivamente, dall'esecuzione di brani inediti, quindi esclude quelli relativi ai rilanci o alle rielaborazioni.
I divi della canzone comica: 1900-2000. Le storie di 36 personaggi come non le avete mai lette
Antonio Sciotti
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2021
pagine: 436
La canzone napoletana è ricca di tanti generi musicali che l'hanno caratterizzata fin dalla sua nascita. Questo studio si occupa della macchietta, un genere che, fin dal periodo dell'industrializzazione della canzone napoletana e dell'avvento del mercato discografico, ha resistito al passare del tempo arrivando fino a noi, anche se con tecniche di scrittura e di composizione completamente diverse... LE canzoni di Armando Gill, soprattutto nel testo, rientrerebbero nelle canzoni umoristiche, in quanto i protagonisti non sono degli imbruttiti, ridicoli, analfabeti o goffi, bensì personaggi comuni dalle idee strampalate, identici a quelli cantati da Carosone, da Marsiglia o da Fierro. In conclusione, la canzone umoristica non è altro che l'evoluzione della macchietta ed entrambe appartengono all'unico genere che è quello della canzone comica napoletana. Una valida definizione della macchietta la offre Ettore De Mura nella sua Enciclopedia della Canzone Napoletana. Secondo lo storico la macchietta s'inquadra nel genere comico, ove sentimenti e atteggiamenti sono presentati di volta in volta, con spunti umoristici, satirici, ridicoli, ironici, grotteschi, arguti e scherzosi. Il suo scopo è di provocare il riso, o almeno un sorriso. La macchietta mette in primo piano un tipo (personaggio) e cerca il più possibile di ritrarne, deformandoli, i lati apparentemente comici, così come il vero artista della matita da un solo tratto caratteristico della figura che ha preso in oggetto, ricava una ben riuscita caricatura alterando, in piccolo o in grande, i punti che più sollecitamente lo hanno colpito. La musica della macchietta non ha un ritmo particolare perché la sua funzione è di far da sottofondo alla mimica del macchiettista. In questo libro, sono stati raggruppati 36 cantanti che, dalla fine dell'Ottocento ad oggi (ovvero dalla nascita del disco), hanno intrapreso la strada della canzone comica per la quasi totalità della propria carriera. Per questo motivo, sono stati esclusi artisti che, nonostante il notevole apporto al genere (Roberto Murolo in primis) hanno avuto solo una breve parentesi discografica rispetto alla totalità della loro stessa discografia. Seguendo la metodologia della discografia, sono stati inclusi i soli artisti di cui esistono i file sonori e che non fanno parte di gruppi, duo e trii, rimandati per un successivo approfondimento a nuova pubblicazione. Come per i libri Almanacco della Canzone Napoletana Vol. 1 e 2 e Le dive del fonografo, tutti i titoli napoletani, sia di canzoni che di riviste e di commedie, sono stati copiati esattamente dagli spartiti o copioni originali o periodici dell'epoca, anche negli eventuali errori. Infine, solo per i teatri non napoletani, viene specificata la città. Tra i cantanti inseriti in questo libro, sono presenti anche artisti che hanno avuto la prima parte della loro carriera nel varietà, come Raffaele Viviani, Totò, Adolfo Narciso, Gigi Pisano, Gianni Simioli e Arturo Gigliati, il cui contributo è stato prezioso alla canzone comica napoletana. Sono inseriti anche Gino Maringola (noto attore drammatico e brillante) e l'Anonimo Napoletano (popolare compositore e direttore d'orchestra) che, parallelamente alla loro attività principale, coltivarono la passione per la canzone comica. L'elenco continua con il gruppo dei primi cantautori (Armando Gill, Agostino Riccio, Vincenzo Scarpetta, Gaspare Castagna), con Gustavo De Marco, il comico che sostituì l'interpretazione teatrale della macchietta con quella delle movenze circensi, e con Berardo Cantalamessa che cantava le macchiette con voce baritonale, fino ad arrivare a Renato Carosone e Aurelio Fierro che riuscirono a portare la canzone napoletana ai primi posti delle hit parade di tutto il mondo. Una menzione particolare merita anche Enigma, la prima drag queen della canzone napoletana.
Isa Danieli e la dinastia teatrale dell'800. 1800-2000
Antonio Sciotti
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2022
pagine: 184
Storia della «bottega dei quattro» di Libero Bovio. 1934-1940
Antonio Sciotti
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2022
pagine: 182
L'ultima e vera canzone di Napoli, figlia dell'epoca d'oro, è sicuramente quella di Libero Bovio: una canzone abile, perfetta di costruzione, congegnata con sicuro senso drammatico, o gaio, sentimentale, comico, grottesco, di cui egli solo intuisce la formula giusta, precisa, infallibile. Bovio conosce bene l'anima del pubblico e le sue esigenze e possiede il segreto del successo: riesce a penetrare nell'anima semplice delle persone e perpetrando sensi di colpa ne fa venire fuori l'animo nobile, il desiderio di essere quello che non si è o di quello che si è perduto. Ma, durante il corso della carriera, non si è limitato a scrivere soltanto canzoni piedigrottesche. Il senso dell'organizzazione prevarica in lui, cosicché ad ogni audizione è onnipresente a tutte le prove delle nuove canzoni, sceglie accuratamente gli interpreti, gli elementi del coro, della tarantella e della mandolinata di prescrizione, dell'orchestra, approva il bozzetto delle scenografie e ingaggia gli attori che recitano il preambolo o idillio piedigrottesco, assiste alle coreografie dei danzatori. In altre parole, per ogni spettacolo, mette su un'organizzazione talmente perfetta che anche altri autori partecipanti all'audizione con le proprie canzoni, traggono benefici da tanta accuratezza. Dopo il gran successo nel 1915 con Tu, ca nun chiagne! arriva il trionfo nel 1916 con Pupatella, il primo di una serie infinita di motivi con i testi che cambiano radicalmente il modo di scrivere della canzone napoletana (Lacreme napulitane, Zappatore, 'E figlie, 'E ppentite, Carcere, L'ultima tarantella, Serenata 'e 'na femmena, Tammurriata d'autunno, ecc.). La canzone Pupatella trova successo immediato e conferma come la sua linea poetica si distacchi notevolmente da quella degli altri autori contemporanei che scimmiottano ancora i vari Di Giacomo, Bracco, Russo, Cinquegrana. Bovio non scrive l'amore in tutte le sue sfaccettature, ora drammatiche o commoventi e felici, ma scrive l'amore da cronaca nera, con le sue tragedie di sangue, sentimentali, familiari o personali. Il brano-innovatore all'epoca venne definito dalla stampa un bozzetto musicale. Ovviamente il suo modulo verista subisce l'immediata imitazione e, in meno di dieci anni, la canzone napoletana abbandona le varie Caroline affacciate al balcone per fare posto alle varie zingare e pupatelle spietate e traditrici. Da questo momento la sua fama di autore e tale che osa di più e, dal 1917 al 1923, diventa, oltre che poeta, anche direttore artistico della casa editrice La Canzonetta amministrata da Francesco Feola. Sono questi gli anni di grandi successi. Poi, dal 1924 e fino al 1933, sempre come autore e direttore artistico, gestisce la casa editrice Santa Lucia di Giuseppe De Martino. Anche in questi anni i trionfi sono tantissimi. Fino ad arrivare alla nascita della Bottega dei Quattro del 1934, contemplata in questo libro. Parallelamente all'attività canora, Bovio tiene anche un'intensa attività teatrale, trovando molto successo con alcune rappresentazioni da lui firmate, quali Mala Nova, Vicenzella, So' diece anne, Gente nosta, Malia e altre. Tiene pure due compagnie, una che agisce nella musica e l'altra nel teatro. Probabilmente è l'unico autore che fino alla fine dei suoi giorni è riuscito a comporre continui successi, senza subire declini, grazie alla sua vena poetica che mai si esaurisce col tempo. Nella prima parte del libro si legge la cronistoria di tutta le sette edizioni delle audizioni di Piedigrotta della Bottega dei Quattro, con le relative tabelle discografiche in allegato (soltanto i dischi Phonotype sono indicati col numero di matrice, anziché quello di catalogo). La seconda parte, intitolata Istantanee, sono ricordati tutti i 42 cantanti che hanno preso parte dal 1934 al 1940 alle sette audizioni. Nonostante si parli di quasi un secolo fa, è interessante scoprire che ancora due artiste partecipanti (Pia Velsi e Lidia Gaia) siano ancora in vita a tutto il 2022. L'Autore.
Le dive dalla vita spezzata. 1850-1950. Almanacco inedito della canzone napoletana. Volume Vol. 8
Antonio Sciotti
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2022
pagine: 242
Le canzonettiste che popolano questo libro condividono il finale drammatico e la giovane età e la scelta si è basata fondamentalmente sull'eco che le loro morti hanno prodotto a livello di cronaca, un impatto mediatico forte e che oggi definiremo virale. Le Dive dalla vita spezzata racconta l'ultima ribalta di artiste a volte bistrattate dalla stampa, ma osannate da un pubblico numeroso che assiste al triste epilogo della loro vita finita dietro un sipario che non si alzerà più. I giornali dell'epoca battevano le notizie della loro morte soprattutto nelle pagine della cronaca nera, come per l'omicidio di Renata Carpi, di Paolina Giorgi, il suicidio di Gabriella Bessard, di Ester Bijou, di Carolina Ropolo Favi, di Emma Santini. La fatalità è stata spesso complice della loro fine, ed è il caso di Emma Carelli che muore per un incidente automobilistico dopo che era sopravvissuta ad un tentato suicidio; o di Gilda Mignonette che, beffata dal destino, muore tragicamente sulla nave, in una sorta di terra di mezzo tra Napoli e New York; o di Lina Resal che, riuscita a soddisfare le sue velleità artistiche solo in seguito alla morte del marito che la soffocava, muore crudelmente e fatalmente con l'agognato successo; o di Marianna Checcherini che muore di stenti chiudendo il cerchio di un'esistenza travagliata tra successi e insuccessi, o di Liliana Castagnola, scampata ad un tentato omicidio, che muore per mano degli stessi sonniferi che le avrebbero dovuto alleviare le dolorose emicranie e allucinazioni provocate da una pallottola mai estratta dalla sua testa; o di Gigina De Crescenzo che muore tragicamente di parto a soli 19 anni, dopo aver calcato le prime scene da primadonna; o di Eva Galliani che muore per un'operazione chirurgica sbagliata dopo esser stata perseguitata nell'intimità dalla stampa e dagli impresari; o di Amelia Rondini che dopo esser stata sfregiata da un guappo che le stronca la carriera, muore di febbre spagnola. Il terremoto e la guerra mieteranno vittime celebri come Tina Vergani, Maria Fougére, Mimì Branca, Ida Durant e Lia Flirt; anche la follia contribuisce al travaglio: le sorelle Corinna e Bianchina De Crescenzo ne sono protagoniste. Così scrive il regista Stefano Amatucci: Quando Antonio Sciotti mi ha comunicato il titolo del suo nuovo libro Le Dive dalla vita spezzata la mia mente è subito andata a quei meravigliosi films noir a cavallo tra il 1940-'50 in cui il contrasto tra luci e ombre rappresentavano metaforicamente il conflitto tra bene e male. Storie, quelle che Sciotti racconta, in cui Eros e Thanatos danzavano abbracciati a passo di tango e sparivano inghiottiti dall'oscurità in fondo ad un elegante corridoio Liberty. Storie di amori malati, quelli che egoisticamente pretendiamo quando non si può averli e che si trasformano in Meduse con mille serpiente che l'abballano 'ncapa cantando sotto le luci di un palcoscenico o di una festa di piazza o di un Cafè Chantant. L'amore talvolta è come la droga che ti butti nelle vene e di cui è impossibile fare a meno perché senza di esso resterebbe solo il vuoto nelle nostre vite. E allora le nostre Dive hanno preferito un malammore invece che nessun amore. Così le loro esistenze si sono consumate tra un colpo di cipria profumata sul volto e barbiturici ingeriti con un vecchio Bourbon, tra pellicce e abiti luccicanti e missive mai spedite o mai recapitate, tra fasci di rose rosse profumate di sedicenti promesse e telefoni bianchi bagnati di lacrime, tra applausi scroscianti e colpi di rivoltelle. Alcune vite di Dive sono state spezzate da misteriose fatalità, da destini bari e crudeli come terremoti, guerre o malattie che le hanno sprofondate dall'alto delle luci della ribalta nel fondo di abissi fatti di miseria e disperazione in una continua lotta per la sopravvivenza.
Storia del teatro d'arte napoletano (1880-1910): enciclopedia dei nomi di compagnie, artisti, registi, e ruoli dei personaggi delle rappresentazioni trattate
Antonio Sciotti
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2024
pagine: 320
Fino alla seconda metà dell'Ottocento, il teatro dialettale napoletano è rappresentato esclusivamente dal repertorio di Pulcinella ed è totalmente assente il teatro popolare partenopeo, ovvero quello che porta in scena gli usi e costumi e gli episodi di vita reale napoletana. Fino a che Antonio Petito domina al teatro San Carlino, Pulcinella continua a regnare nei teatrini di Napoli, ma dopo la morte di Petito, si inizia ad avvertire la reale esigenza di avere un teatro libero dalla nota maschera partenopea, dai lazzi, dalle improvvisazioni e dalle continue battute (spesso noiose e ripetitive), e che rappresentasse la tragedia napoletana, il dramma popolare, storie veraci e sanguigne nelle quali il pubblico possa immedesimarsi e di riflesso commuoversi alle azioni sceniche ricche di verismo, crudezza e di verità. Una prima svolta avviene nel 1879, quando Eduardo Scarpetta, in seguito alla morte del noto Pulcinella Antonio Petito e dell'impresario del teatro San Carlino Giuseppe Maria Luzj, tenta di formare un nuovo teatro napoletano che si sovrapponga al dominio della maschera di Pulcinella e che sostituisca quello della storica maschera. L'attuazione di questo tentativo avviene egregiamente con la proposta della macchietta di Don Felice Sciosciammocca che trova grandissimo successo e che, in seguito, tenendo fisse alcune sue caratteristiche, diventa a sua volta una nuova maschera. Il teatro scritto da Eduardo Scarpetta sul personaggio di Felice Sciosciammocca, anche se è una grossa e trionfale novità, non diventa, però, rappresentativo del teatro dialettale napoletano, in quanto non porta gli usi e costumi napoletani o la vita popolare in generale in scena, bensì la vita borghese francese tratta dalle commedie parigine e tradotta in dialetto per le scene partenopee. Il successo è subito copiato da imitazioni mal riuscite. Così, dopo il grande trionfo conseguito da Eduardo Scarpetta (che per anni sbanca i botteghini dei maggiori palcoscenici della Penisola), si formano numerose altre compagnie che imitano la strategia e che, abbandonando farse e zarzuele, portano in scena adattamenti in napoletano di commedie comiche francesi. In definitiva, gli adattamenti e le riduzioni delle pochade francesi diventano l'ufficiale alternativa alla commedia di Pulcinella, ovvero alla cosiddetta recitazione a braccio. Ciò non appaga molti attori dialettali, ma soprattutto non soddisfa commediografi, giornalisti e critici che, invece, percepiscono il naturale bisogno del teatro d'arte napoletano, ovvero della commedia napoletana, di una rappresentazione che riproduca la vita del popolo napoletano e che diventi lo specchio del costume locale. Si avverte fortemente la necessità di una scuola della verità scenica, fedele ai testi, alla misura dell'espressione, alla naturalezza del dialogo, all'integrazione del personaggio. Il noto critico e commediografo Giuseppe Pagliara inizia a scrivere numerosi articoli sui periodici nei quali specifica la necessità del teatro d'arte napoletano e, soprattutto, dopo l'invasione nei teatri napoletani delle commedie francesi, di liberare il teatro dialettale partenopeo dalle sovrastrutture parodistiche e dalle incrostazioni convenzionali per avviarlo ad una più umana e sincera concezione e rappresentazione della vita, come vanno facendo Toselli e Moro Lin per la commedia piemontese e veneziana. Pagliara specifica pure che il genere del dramma, rispetto alla commedia grottesca, rappresenterebbe ottimamente il teatro d'arte napoletano perché esso rispecchia al meglio i costumi e le abitudini locali. Anche Roberto Bracco, restio a scrivere le sue commedie in dialetto, scende in campo per dire che è necessario un cambiamento nonostante Pulcinella, ancor vivo, festevole, burlone, povero di quattrini e ricco di espedienti favolosamente comici, continui a riempire le sale e a commuovere e far ridere a crepapelle il pubblico.
1923-1980: almanacco della canzone napoletana. Volume Vol. 2
Antonio Sciotti
Libro
editore: ABE
anno edizione: 2023
pagine: 498
I. Piedigrotta 1923 Dall'America Antonio De Martino dà origine alla casa editrice Santa Lucia La stampa non gradisce un americano a capo della canzone napoletana E. A. Mario scrive altri canti d'emigranti Morte nel Cinematografo Nasce la casa editrice Cerie a New York L'ultima Piedigrotta della casa editrice La Canzonetta organizzata da Libero II. Piedigrotta 1924 Musica napoletana per Sacco e Vanzetti Per la prima volta appare il gobbo piedigrottesco III. Piedigrotta 1925 Incredibile successo di Bovio con Lacreme napulitane L'audizione di Piedigrotta di Raffaele Viviani Ernesto Murolo scrive Piscatore 'e Pusilleco IV. Piedigrotta 1926 Ernesto Murolo presenta la canzone di protesta Tarantella internazionale Armando Gill presenta E allora? e Palomma V. Piedigrotta 1927 Arriva da New York 'A cartulina 'e Napule Il tentativo in musica di salvare Sacco e Vanzetti dalla sedia elettrica Il ritorno alle scene di Elvira Donnarumma VI. Piedigrotta 1928 Tarantella scugnizza alla Piedigrotta Santa Lucia Titina De Filippo canta alla Piedigrotta E. A. Mario Gennaro Pasquariello canta 'A casciaforte VII. Piedigrotta 1929 Libero Bovio sfida Ernesto Murolo nella Piedigrotta Unificata Il clamoroso successo di Zappatore Anche Eduardo e Peppino De Filippo diventano artisti piedigrotteschi Eduardo De Filippo macchiettista VIII. Piedigrotta 1930 La Piedigrotta Unificata Gennarelli-Bixio Lo sciopero di Libero Bovio La Piedigrotta di Raffaele Viviani L'affermazione di Vittorio Parisi con Dicitencello vuie e Tutta pe' mme La morte di Ferdinando Bideri e la rinascita della storica casa editrice IX. Piedigrotta 1931 Eduardo De Filippo canta macchiette alla Piedigrotta Santa Lucia Gilda Mignonette canta Paraviso e fuoco eterno X. Piedigrotta 1932 Il Festival Napoletano di Sanremo Pioggia di successi all'audizione di Piedigrotta E. A. Mario La Canzone Napoletana nelle altre audizioni di Piedigrotta XI. Piedigrotta 1933-1934 Libero Bovio e Murolo insieme per un unico spettacolo di Piedigrotta La fuga di Libero Bovio e la fine della casa editrice Santa Lucia Nasce la Bottega dei Quattro XII. Piedigrotta 1935 Pioggia di successi alla II edizione della Piedigrotta Bottega dei Quattro Raffaele Viviani omaggia Ferdinando Russo Ernesto Murolo lascia Emilio Gennarelli La morte di Peppino Santojanni XIII. Piedigrotta 1936 L'ultima tarantella di Ria Rosa XIV. Piedigrotta 1937 La morte di Emilio Gennarelli e la fine della storica casa editrice Il trionfo di Ria Rosa Agata batte le macchiette femminili XV. Piedigrotta 1938 La crisi della canzone risollevata dal trionfo di 'Na sera 'e maggio XVI. Piedigrotta 1939 Tante macchiette di successo lanciate da Taranto e Tina Castigliana XVII. Piedigrotta 1940 Nino Taranto diventa Ciccio Formaggio L'audizione inquadrata nella rivista L'ultima edizione della Bottega dei Quattro XVIII. Piedigrotta 1941 Nasce la casa editrice La Canzone di Gigi Pisano e Giuseppe Cioffi XIX. Piedigrotta 1942 Enzo Di Gianni inaugura una sua casa editrice XX. Piedigrotta 1943-1944 Tra le macerie della guerra nasce la casa editrice Cioffi Il trionfo di Eva Nova con Ammore busciardo Il successo di Aldo Tarantino con Dove sta Zazà La Tammurriata nera di Eduardo Nicolardi Vera Nandi canta Simmo 'e Napule paisà.
Storia della sceneggiata. Guappi di cartone dal teatro alla Tv (1840-1980). Almanacco della canzone e del teatro napoletano dal palco alla televisione nazionale
Antonio Sciotti
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2024
pagine: 200
Il tomo è diviso in tre parti: quella delle origini, quella della storia della Compagnia Cafiero-Fumo (la formazione che ha rappresentato e fatto conoscere la sceneggiata su tutto il territorio nazionale), e quella del rinnovamento e del boom degli anni '70 che coincide anche con la morte della sceneggiata. Il primo esempio di sceneggiata lo ritroviamo nel lontano 1840 al teatro San Carlino, dove recitano il Pulcinella Salvatore Petito e il buffo Pasquale Altavilla, quest'ultimo nel doppio ruolo di attore e commediografo, nonché un nutrito numero di attori, ben conosciuti al pubblico, tra cui anche Raffaele Cammarano, figlio di Giuseppe e nipote del popolare Pulcinella Giancola. Pasquale Altavilla è, in questo periodo, il commediografo ufficiale della compagnia con una scrittura che si ispira quasi sempre a fatti di cronaca rosa o nera realmente accaduti. Ebbene, sul grande successo di Piedigrotta della canzone Te voglio bene assaje, scrive per la Comica Compagnia Nazionale la rappresentazione Te voglio bene assaje e ttu nu pienze a mme. Nella commedia, la canzone Te voglio bene assaje viene intonata dal personaggio Scazzuoppolo (Pasquale Altavilla) e, in altra occasione, da Scazzuoppolo e Luisella (Concetta Ardoino). Inoltre, al termine della rappresentazione, tutta la compagnia esegue un balletto coreografato da Salvatore Petito, proprio sulla musica di Te voglio bene assaje. Dalle origini ottocentesche, si passa all'evoluzione e alla maturità di struttura della sceneggiata degli anni '20 e '30 grazie all'importante contributo della Compagnia Cafiero-Fumo. Poi, dopo un periodo d'indifferenza e di declino, si registra il prepotente ritorno negli anni '70 che coincide con la crisi del teatro d'arte. Capisaldi di questo nuovo boom sono le compagnie di sceneggiata dirette da Mario Merola, Pino Mauro, Mario Da Vinci e Mario Trevi e, successivamente, quelle dirette da Carmelo Zappulla e Nino D'Angelo. Questi ultimi, nella prima metà degli anni '80 del Novecento, completano ed esauriscono il fenomeno della sceneggiata.
Almanacco della canzone napoletana. Volume Vol. 13
Antonio Sciotti
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2024
pagine: 166
Capri: cent'anni di canzoni e festival dedicati all'Isola delle Sirene è un libro diviso in due parti, ognuna delle quali raggruppa tutte le melodie dedicate all'isola delle sirene nell'arco di un secolo (1890-1990). La prima parte è dedicata alla Capri festivaliera, o meglio al Festival di Capri che dal 1949 al 1956 ha rallegrato e movimentato il turismo caprese con tante belle melodie. Questa gara canora nasce addirittura prima del Festival della Canzone Napoletana e, come quest'ultimo, lancia moltissime canzoni napoletane al successo nazionale e internazionale. La caratteristica del Festival di Capri è che, eccetto le due ultime edizioni, assume tutte le caratteristiche di un'audizione di Piedigrotta perché organizzato da un'unica casa editrice, la Leonardi di Milano. Prende, però, i caratteri festivalieri perché le canzoni presentate gareggiano tra loro per aggiudicarsi la vittoria. Quasi tutte le edizioni lanciano al successo una canzone che, qualche volta, assume anche carattere internazionale. Così, se nella prima edizione, vince Me so' mbriacato 'e sole di Manlio e D'Esposito, in quella successiva trionfa Anema e core, una delle canzoni partenopee più tradotta nel mondo, sempre firmata da Manlio e D'Esposito. In scia, i brani 'Nu quarto 'e luna, 'O ciucciariello, Quanno staje cu mme, 'O cavalluccio, Suspiranno mon amour e altri. Fino al 1952 sono soltanto Scarola e Roberto Murolo, i cantanti-chitarristi più quotati del periodo (capisaldi del nuovo genere moderno sussurrato e confidenziale), che presentano al pubblico le nuove canzoni festivaliere, mentre dal 1953 si alternano Nilla Pizzi, Joe Sentieri, Luciano Glori, Marisa Del Frate, Laura Barbieri, Gino Latilla, Gloria Christian e altri. La casa editrice Leonardi propone nelle prime cinque edizioni molti brani che diventeranno di successo. Infatti, diverse di queste canzoni, successivamente al Festival di Capri, parteciperanno ad altre gare canore, spesso più prestigiose, come il Festival de la Chansonn Italienne di Parigi, altre a diverse colonne sonore di film (poi campioni d'incasso) e altre che, tradotte in tutto il mondo (in primis Anema e core, Luna caprese e 'Nu quarto 'e luna), assumeranno carattere europeo e internazionale. Sia nell'edizione del 1955 che in quella del 1956, la casa editrice Leonardi lascia l'organizzazione del festival all'Azienda Autonoma di Cura, Soggiorno e Turismo e il suo ruolo si riduce a quello di semplice concorrente, alla pari con altre case editrici. La prima di queste due edizioni è chiamata Primo Premio Capri della Canzone Napoletana, e si tiene nell'ambito della Canzone del Mare, nome assegnato al trofeo consegnato alla canzone vincitrice. La seconda edizione è chiamata Secondo Premio Capri della Canzone Napoletana & Primo Premio Capri della Canzone Internazionale e assume carattere internazionale perché il marchese Ettore Patrizi (commissario prefettizio dell'Azienda Autonoma di Cura, Soggiorno e Turismo) organizza tre gare distinte: quella delle canzoni in napoletano, quella delle canzoni in italiano e quella dei brani in francese, inglese e tedesco.
Angela luce: la dea dello spettacolo. Almanacco della canzone e dello spettacolo
Antonio Sciotti, Giovanna Castellano
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2024
pagine: 162
Nel corso degli anni ho pensato spesso di scrivere la mia biografia. Dal momento che non l'ho fatto, ho accettato con entusiasmo che se ne occupassero Antonio Sciotti e Giovanna Castellano. Di Antonio conosco la grande competenza e la meticolosità delle sue ricerche; di Giovanna conosco le capacità narrative e mi sono affidata al suo racconto. Grazie a tutti e due. Così Angela Luce ha dato il «Sì stampi» al 16° volume della collana degli Almanacchi di Arturo Bascetta Editore, curati da Antonio Sciotti. A suo dire, la dea dello spettacolo, vede la sua genesi in uno scherzo del destino che ha giocato la sua parte toccando le corde dell'anima. Una chiacchierata imprevista si è configurata come bozzetto ideale di un disegno che ho poi seguito senza indugio alcuno. Un giorno al Teatro Cortese incontrai Giovanna Castellano, amica, confidente, addetto stampa e agente di Angela Luce, che già avevo conosciuto in precedenza. Chiacchierammo sulle scalette del teatro e, tra il dire e il fare, con Giovanna convenimmo che sarebbe stata necessaria la pubblicazione di una biografia che restituisse alla memoria storica del teatro e della canzone napoletana la pregevole, gloriosa e lunga carriera di Angela Luce. Nello stesso tempo, Giovanna mi sottolineò come tale lavoro sarebbe stato decisamente faticoso, difficile e anche estremamente arduo da realizzare, poiché avrebbe richiesto una mole di lavoro in ben cinque settori artistici: cinema, teatro, musica, radio e televisione. Tra l'altro, avrebbe dovuto abbracciare un gigantesco arco di tempo di circa settant'anni a partire dal 1955, anno del debutto di Angela Luce. Mi raccontò pure che già in passato ci furono alcuni tentativi che non ebbero seguito per le grosse difficoltà incontrate durante la ricerca. La conversazione lasciò lo spazio ad un silenzio nel quale il suo sguardo mi attraversò letteralmente, come se mi valutasse, e che di lì a poco lei tradurrà in una riflessione ad alta voce: Antò, sulo tu 'a può ffà! Fui travolto da emozioni contrastanti che si aggrovigliarono ad un ricordo forte e chiaro, a me tanto caro. In un battibaleno ritornai piccolo quando a casa mia, mio padre Alberto raccontava di Angela Luce, questa bravissima artista, orgoglio di qualsiasi direttore artistico, che si calava completamente nel personaggio teatrale o canoro che doveva interpretare con una stupefacente bravura: un raro esempio di eclettismo. Ed ogni volta che si raccontava di lei, puntualmente rammentava, come chiusura, l'episodio sulla canzone L'ultima tarantella. Nel 1972, durante il lavoro di ricerca per l'incisione di un 33 giri, papà scelse le canzoni da proporre alla Luce, che, dopo la selezione, parlando de L'ultima tarantella sottolineò la forza e la bellezza del testo. Fermo nella convinzione che la Luce ne avrebbe fatto un capolavoro d'interpretazione, papà le disse: Signurì, sulo vuje 'a putite ffà! Inutile soffermarmi sul fatto la Luce, poi, vinse la Maschera d'Argento per l'interpretazione. Per anni, come un disco a ripetizione, sentivo questo racconto fino a quando nel 1986 accompagnai papà al concerto di Angela Luce al teatro Mediterraneo. Durante i saluti nel camerino fui testimone di quell'episodio che loro due riprodussero, quasi fosse un copione, riavvolgendo il nastro del ricordo. Quella scena della decisione di incidere L'ultima tarantella la conoscevo a memoria perché a casa aveva fatto storia. E riflettei su come una breve frase potesse acquistare una forza artistica senza precedenti. Questo fu tutto quello che mi venne in mente quando Giovanna mi disse: Antò, sulo tu 'a può ffà!