Libri di Leonardo De Martino
Arbereshe, padre Leonardo De Martino (il san Francesco Irpino di Greci di Avellino)
Virgilio Iandiorio, Leonardo De Martino
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 164
Leonardo da Greci è l'arpa che suona albanese. Nel Bollettino Ufficiale della Regione Campania veniva pubblicata, alcuni anni fa, la legge regionale n. 14/2004 a favore della minoranza alloglotta e del patrimonio storico, culturale e folcloristico della Comunità albanofona del Comune di Greci in Provincia di Avellino. Ha rappresentato un passo avanti rispetto alla situazione precedente. L'art. 1 della legge recita: "La Regione Campania tutela il patrimonio linguistico, storico e culturale della comunità albanofona del comune di Greci". Tutela, però, è un termine giuridico che significa difesa, protezione di un minorenne (vero è che in senso lato equivale a difesa, protezione). Ma in che modo si può tutelare la comunità arbëreshë di Greci? Questo è il problema. Non si tratta, certamente, come per la tutela dell'ambiente, creare un'oasi protetta. E occorre fare attenzione anche all'uso del termine "identità". Perché alla domanda "che cosa?", "che cosa sei?", quale che sia la risposta (bianco, nero, giallo, cristiano, musulmano), questa non può che dare adito a gerarchie, a distinzioni che, se non sono superflue, possono risultare pericolose, addirittura. La focalizzazione sul "che cosa?" costruisce gerarchie. Se ci poniamo la domanda "chi sei? ", l'attenzione viene positivamente spostata sulla persona. E nel nostro caso, volendo quasi personificare il paese, se ci chiediamo "chi è Greci?" e non "che cosa è Greci", eviteremo di costruire una gerarchia, tra un loro (da tutelare) e un noi (con la funzione di tutore). Il libro di Leonardo De Martino, che si cerca di illustrare, è la narrazione di "un'identità che possiamo definire relazionale", che si dà solo nella "relazione con l'altro/con l'altra". Iandiorio dice "si cerca di illustrare" senza falsa modestia, perché la non conoscenza della lingua albanese limita di molto la ricerca e la riflessione sul testo in lingua. Mentre per la prima parte, quella in italiano, il compito è più agevole. Per la seconda parte, quella in lingua albanese, l'autore si è limitato all'aspetto generale dei temi affrontati dal poeta, alla scelta dei componimenti italiani tradotti in albanese, da cui traspaiono la formazione religiosa e gli interessi culturali di Padre Leonardo in un libro che vale la pena di leggere per chi vuole masticare il profumo di ambiente antico.
Dora d'Istria. Scritti del francescano di Greci
Leonardo De Martino
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2020
pagine: 144
Scutari non ha più la sua dinastia di pascià ereditari. Ai nostri giorni i principi dei Mirditi, ultimi capi autonomi, hanno subito la legge comune. Appena Bib-Doda ebbe chiusi gli occhi, la Porta rimeritò i suoi eminenti servigi durante la guerra d' Oriente, dove avea combattuto nelle prime file con una valentia degna de' suoi maggiori, inviando il proprio figlio prigioniero a Costantinopoli. (E pochi giorni dopo la sua morte, avvenuta in Scutari, facendone disseppellire notte tempo e profanare il cadavere nel modo il più barbaro.) Non senza molta fatica l' Abate- mitrato dei Mirditi, don Krasnic, ha potuto egli stesso rientrare in Orosch. (Morto anche costui, parecchi anni fa, la Mirdita ora non ha più né il suo Abate, né il suo Principe.) Sebbene Fra Leonardo De Martino di Greci, Minore Osservante, sia nato in Italia, nella colonia albanese di Greci (Capitanata), si è identificato da parecchi anni con la Ghegaria, dove esercita le funzioni di missionario apostolico. Egli pensò che la poesia possa essere buona consigliera ai popoli sventurati; e, allorché essa esprime alti sensi, mezzo molto efficace di rigenerazione. Fra Leonardo ha pertanto consacrato il tempo che gli lascia un laborioso ministero in questo inculto paese, a comporre poesie albanesi, ovvero a tradurre in albanese poesie italiane. Fra tali traduzioni noi abbiamo notato quella del Lamento della Prigioniera di Tommaso Grossi. Queste poesie, stampate in carattere latino sopra fogli volanti, sono destinate ad essere sparse fra il popolo, e a far scomparire i canti sconciamente licenziosi prediletti dai musulmani, che essi hanno propagato nell' Albania, unitamente ad una religione che favorisce sì il sensualismo come l'autocrazia. L'operoso curato di Trosciani è inteso presentemente a publicare la parte più importante del lavoro poetico di don Zarisci, Abate-mitrato dei Mirditi. L'Abate del Mirditi, già indipendente, ed ora soggetto al vescovado d'Alessio, è il capo spirituale d'Orosch, capitale della Mirdita. Per lo passato l' Abate dei Mirditi fungeva una parte importante, e niuno gli contendeva il diritto di ingerirsi nelle faccende temporali, e dirigere la politica dei capi. Ma sì in Oriente come in Occidente i tempi non corrono propizi al sistema teocratico, e l' Abate non ha più oggimai che un' influenza spirituale. Don Zarisci, nostro contemporaneo, ci ha lasciato elette poesie albanesi, le quali, per una condizione sociale poco propizia alla vita letteraria, non tarderanno a sparire, come tanti altri scritti che perirono nel trambusto delle rivoluzioni e delle infinite guerre, di cui è teatro l'Albania dopo la conquista musulmana. Noi dobbiamo dunque congratularci con Fra Leonardo De-Martino di Greci, per aver egli avuto l' eccellente pensiero di farle conoscere al publico meglio istruito; nelle cui mani sta un piccolo numero di testi, d'una lingua che, senza aver l'importanza della greca e della latina, le quali possedono tanti capolavori, è nullameno un idioma pelasgico, parlato da un' antica nazione della stirpe qualificata da Omero «divina»; stirpe che ha parte considerevole nel principio dell' epoca storica, e che le vecchie tradizioni mitiche la facevano nascere «prima del sole e della luna». Dora d'Istria