Libri di Gordon Lish
Come scrivere un racconto. Un libro di narrativa
Gordon Lish
Libro: Libro rilegato
editore: Racconti
anno edizione: 2022
pagine: 320
Come si scrive un racconto? E un romanzo? E una poesia? Tutta la vita di Gordon Lish sembra consacrata a rispondere a queste domande inesauribili. Ci ha provato in ogni modo: da editor e infaticabile scopritore di talenti, come insegnante e inventore di mode letterarie e infine da scrittore, con la sua produzione di racconti e romanzi. In queste ipnotiche short stories che vogliono abbracciare tutto l’arco narrativo della sua vita – dall’infanzia perlopiù solitaria trascorsa a Long Island affetto da psoriasi cronica fino al precipizio della tarda età, passando per la vita adulta spesa tutta al servizio delle parole, quelle sue e degli altri – gli amori e i disamori di Gordon Lish rimangono quasi sempre sotto la superficie. A uno sguardo più profondo, però, il protagonista non può che essere lui, esplicitato fin dal principio eppure celato proprio da quel nome e cognome che ha fatto la storia della letteratura statunitense e che così tanti associano alle più sconsiderate nefandezze. Ma chi è Gordon Lish? Nato nel 1934 a Hewlett (New York), Lish ha lavorato come responsabile della narrativa a Esquire prima e alla Alfred A. Knopf poi, scegliendo, seguendo passo passo e facendo pubblicare i lavori di scrittori come Harold Brodkey, Raymond Carver, Don DeLillo, Barry Hannah, Amy Hempel e Cynthia Ozick. Nel 1984, nella sua doppia vita da scrittore, invece, riceverà un O. Henry Award per A Jeromé: con amore e baci. Qualche anno prima, sempre Lish aveva tratto in inganno parecchi appassionati e addetti ai lavori facendo pubblicare anonimo un racconto su Esquire intitolato A Rupert, senza promettere niente: in tanti l’avevano scambiato per un ritorno sulle scene del grande recluso J.D. Salinger che non pubblicava nulla da oltre dieci anni. Nonostante questo curriculum, in italiano finora era stato pubblicato solamente Caro signor Capote (Nutrimenti, 2008). Ricorsive e disincarnate, piene di inventiva e soluzioni stilistiche impensabili, queste storie che assomigliano a sofisticate barzellette yiddish, oltre a racchiudere in sé una specie di biografia per racconti di una personalità abrasiva e di un uomo larger than life che al racconto ha dedicato la propria vita, rappresentano un vero e proprio manuale di scrittura in forma narrativa destinato a chiunque voglia maneggiare quegli oggetti incandescenti che sono le parole.
Caro signor Capote
Gordon Lish
Libro: Libro in brossura
editore: Nutrimenti
anno edizione: 2008
pagine: 191
New York, anni Ottanta. Un sedicente serial killer scrive una lunga e delirante lettera a Truman Capote, il più acclamato scrittore di quegli anni. Gli offre in esclusiva la sua storia per una biografia autorizzata. Un best seller senza precedenti. Lui, "il suo affezionatissimo", è quello "che ammazza le persone". Solo donne. Ventitré per l'esattezza. Con una pugnalata nell'occhio sinistro. Sempre con lo stesso coltello. Paki. Una proposta indecente per un fine nobile: assicurare un futuro migliore al suo bambino. Realtà e finzione, contraddizioni, un linguaggio antiletterario sporco, denso di frasi fatte e ripetizioni, dimenticanze e nonsense, così Lish costruisce la psicosi in astratto di un detestabile e ordinario individuo barricato dietro un patetico manierismo. Diventando egli stesso vittima del suo vittimismo. È davvero successo qualcosa o è solo la folle e iperattiva fantasia di un ossesso?
Volevo essere stupefacente
Gordon Lish
Libro: Libro in brossura
editore: Racconti
anno edizione: 2025
pagine: 245
Grande revisore, teorico della composizione, apologeta della seduzione letteraria, la sineddoche di quattro lettere «Lish» è diventata ormai il simbolo di un approccio perfezionistico al testo votato a una calibratura minuziosa della frase. Riesce perciò difficile non restare abbagliati, se non accecati, dalla cura che emerge dai suoi racconti, cullati dal ritmo variabile della sintassi, stimolati dalla ricorsività dei temi, solleticati dai continui giochi linguistici e dall’uso sapiente di ogni figura retorica. Subito si è portati a considerare la prosa di Lish come l’espressione più alta di una sublime arte dell’ellissi, resa possibile solo grazie a un’intimità febbrile, pluriennale e per niente pacificata con il linguaggio. Ma cosa si cela dietro quest’attenzione per lo strumento letterario, questo perentorio sgomitare della forma in ogni singolo episodio narrativo? Al di là di Lish, è possibile che nessuno come Gordon abbia preso sul serio l’ironia tipica delle parole, la loro irriducibilità a farsi totalmente trasparenti e lasciare che la realtà possa emergere senza farsi trasfigurare. A ben vedere, i racconti di Volevo essere stupefacente restituiscono una quotidianità lontana anni luce dai salotti letterari, fatta di senzatetto rimbecilliti, prostitute alcoliste, interminabili ciance sui vizi dei figli, parchi pubblici, problemi cutanei o intestinali. Momenti di mal-essere, per così dire, di vita vissuta, in cui irrompe sempre qualcosa di impronosticabile, come se l’analogia fosse la cifra del pensiero e della scrittura: riflessioni, fissazioni, interiezioni e ricordi, spiacevoli, disdicevoli o dolcissimi che siano. Evidentemente la persona «che scrive», dietro alla figura autoriale ricamata dalla critica, l’origine di questo tappeto armonico fatto di humor yiddish, sembra dirci che la verità letteraria è qualcosa di solo intuibile in una visione di insieme, contando gli spazi bianchi fra le righe e fra un racconto e l’altro. Il vero Gordon Lish, il «non-detto», è appunto scorgibile solo dietro a un caleidoscopio fatto di omissioni. Realtà e parola, come vita e finzione, non saranno mai totalmente sovrapponibili. E forse è per questo che sono tanto ingombranti e fruttuose l’una per l’altra.