Libri di Massimo Tita
Diacronie del diritto
Massimo Tita
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2024
pagine: 224
Scienze di classificazione e di definizione, diritto e sociologia costruiscono conoscenze utili alle comunità per organizzarsi, alle accademie per osservarsi, alle istituzioni per funzionare. L'accumulo di idee e dati, ha finito, tuttavia, per tracciare un solco tra i modelli d'indagine e i loro artefici, pur offrendo sicurezze culturali e civili. Esplicitando teorie e pratiche giuridiche, il sociologo e lo storico indicano elementi per affinare, incrociando i saperi, le tecniche di comprensione della realtà e per limitare i pericoli della specializzazione. Con le loro parole: per dare alla ricerca il carattere aperto che le compete, occorre «distruggere gli automatismi verbali e mentali» impedendo la «destoricizzazione» e, promuovendo «l'uso della sociologia "positiva"», evitare l'«insensibilità sociale» e l'«idealismo letterario». Intenzioni comuni, per il diritto.
Logiche giuridiche dell'esclusione. Sui diritti al femminile tra Otto e Novecento
Massimo Tita
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2018
pagine: VIII-157
Sentenze senza motivi. Documenti sull'opposizione delle magistrature napoletane ai dispacci del 1774
Massimo Tita
Libro
editore: Jovene
anno edizione: 2000
pagine: XXIV-228
Il giudizio dei pari. La giurisprudenza commerciale a Roma e Napoli tra sette e ottocento
Massimo Tita
Libro: Copertina rigida
editore: Editrice AGR
anno edizione: 2012
pagine: 160
Processi per usura. Ideologie giuridiche e soluzioni giudiziarie tra Sette e Ottocento
Massimo Tita
Libro: Copertina morbida
editore: Edizioni Scientifiche Italiane
anno edizione: 2008
pagine: 448
Un delitto - l'usura - un contratto - il mutuo - ed un bene mobile - il denaro - costituiscono la struttura oggettiva di questa ricerca che, come si conviene ad ogni vicenda di storia della giustizia, sul piano soggettivo si arricchisce della presenza dei protagonisti del processo (giudici, avvocati, parti processuali) e di attori meno immersi nelle logiche giudiziarie, richiamati dalla polivalenza e suggestione del tema. Situato sulla tenue linea di confine fra diritto, economia e morale, il prestito ad interesse suscitò in molti studiosi delle scienze sociali la più forte delle attenzioni: discutere della capacità del denaro dato a mutuo di produrre altro denaro, della liceità giuridica dell'operazione, significava prendere posizione a favore o contro la logica d'impresa, la mobilità sociale, l'interpretazione aperta o chiusa delle Scritture. Il dibattito che ne seguì assunse a metà Settecento, quando i giochi erano aperti, i toni della contesa inevitabile tra modernisti e conservatori e nella seconda frazione del secolo successivo, all'epoca del mercantilismo trionfante, i modi della battaglia di retroguardia, dall'esito già segnato.