Libri di Rebecca Harding Davis
Una legge tutta sua
Rebecca Harding Davis
Libro: Libro in brossura
editore: Bibliotheka Edizioni
anno edizione: 2024
pagine: 276
Parte come un romanzo gotico, ha un intermezzo realista e si conclude con i sorprendenti colpi di scena cari al romanzo d'appendice. Una trama articolata in cui si inseriscono motivi di ordine etico e sociale, come i limiti imposti alla personalità giuridica delle donne sposate, che non possono disporre dei loro mezzi economici perché affidati legalmente al marito. Pubblicato nel 1878, un romanzo dal carattere proto-femminista, che ha come protagonista la giovane Jane, dotata di un senso di giustizia che travalica le convenzioni sociali. La storia anticipa di decenni le idee espresse dal cinema progressista degli anni '30 e '40 del 900 (dal Frank Capra È arrivata la felicità, a Mr. Smith va a Washington o Arriva John Doe), in cui l'onesta semplicità della gente di provincia viene contrapposta alla vacuità dell'élite sociale e intellettuale delle grandi città e alla corruzione della politica.
Polvere di ferro. Tre racconti alle origini del realismo americano
Rebecca Harding Davis
Libro
editore: Donzelli
anno edizione: 2011
pagine: 140
Siamo nel 1861 a Wheeling, West Virginia, al confine fra Sud e Nord, sull'orlo della guerra civile. Le "oscure sataniche officine" della rivoluzione industriale sono un territorio ancora quasi inesplorato dalla letteratura, e Rebecca Harding Davis - all'epoca sconosciuta scrittrice di provincia - si addentra, con il suo racconto "Vita nelle ferriere", nella luce rossa di questa città di fabbriche che pongono una domanda inespressa e terribile: che cos'è questo mondo nuovo? E davvero degna di chiamarsi "vita", quella che si agita in quei luoghi? Al centro della narrazione c'è Hugh Wolfe, operaio, spossato dalla fatica e avvilito dall'ignoranza, che ruba dalla fabbrica gli scarti della lavorazione del ferro per dar vita a un'opera d'arte: le membra possenti di una donna abbrutita dalla fatica, ma pervasa da una brama indistinta, le mani protese ad afferrare il vuoto, la bocca spalancata in un grido di desiderio senza suono. A raccontare la storia è una donna, reclusa in casa, che riconosce nella piccola scultura e nel suo disperato creatore non solo la testimonianza di una condizione operaia ancora invisibile, ma anche la metafora di altre esclusioni, a partire da quella femminile; il grido muto della statua è anche l'anelito di espressione, di creazione, di libertà della narratrice, nonché dell'autrice, in un'età soffocante di "domesticità" idealizzata. Introduzione di Alessandro Portelli.