Libri di Umberto Livadiotti
Sognando il passato. Archeologia, storia antica e immaginario nazionalista
Umberto Livadiotti
Libro: Libro in brossura
editore: Viella
anno edizione: 2025
pagine: 244
Il libro affronta il tema della rilettura della storia antica da parte dei nazionalismi moderni, descrivendo in maniera analitica i percorsi storiografici e le ricerche archeologiche che hanno accompagnato e sovente stimolato lo sviluppo delle narrazioni nei vari paesi. L’analisi investe non solo gli stati europei eredi del mondo “classico” e/o delle culture che gli si contrapposero, ma anche il mondo vicino-orientale, concentrandosi sulle realtà in cui il richiamo alla storia antica, pre-medioevale, ha svolto e svolge un ruolo cruciale nel mito della nazione. Il volume cerca di illustrare più in generale le forme attraverso le quali il passato è stato ed è tuttora riattualizzato: rituali politici, tendenze estetiche, promozioni turistiche e ogni altra manifestazione di “nazionalismo banale”. Attraverso esempi concreti, come luoghi della memoria, personaggi iconici e grandi eventi, si ricostruisce il legame tra storia antica e identità nazionale, analizzando i casi di Grecia, Italia, paesi neolatini, nordeuropei, balcanici, arabi, Turchia e Israele.
Te che sei la mia Roma
Umberto Livadiotti
Libro: Libro in brossura
editore: Momo Edizioni
anno edizione: 2024
pagine: 160
«La Roma non si discute, si ama». «Questo motto esprime alla perfezione la dedizione assoluta con cui il pubblico capitolino ama rappresentare la sua passione per la squadra giallorossa. Un amore senza interesse, una fedeltà canina. Una devozione gratuita e incrollabile, “a prescindere”, indifferente all’amarezza dei risultati e, soprattutto, manifestata senza alcuna vergogna». Questo libro è il libro sulla Roma che non è mai stato fatto. Il tifoso dell’As Roma, infatti, è una persona che vive la sua squadra con un fervore para-religioso. Non si comporta in modo ordinario e i tratti della sua condotta – tanto allo stadio quanto nella vita quotidiana – ne fanno un fenomeno culturale estremo. I comportamenti della tifoseria romanista, quando vengono separati dalla vera e propria mitologia che li determina e li circonda, appaiono incomprensibili. Questa mitologia (aggiornata fino a i giorni nostri) è il centro gravitazionale del libro di Livadiotti (studioso e, of course, romanista): dal campo di Testaccio al gol di Turone, da Di Bartolomei a Zeman, fino a Mourinho e al «Capitano» Francesco Totti. Questo libro si assume la responsabilità di «prendere sul serio» il fenomeno popolare del travolgente tifo romanista e di tentare di spiegarlo sia a chi ha il cuore giallorosso, sia a chi non ce l’ha. «Tifare significa essere convinti di aver tessuto una relazione sentimentale con la squadra oggetto del nostro amore ed è proprio sui seggiolini di una Curva, o attaccati alla radio, o davanti a uno schermo, e poi nelle interminabili discussioni al bar, o a scuola e in ufficio, che si impara a sentire, riconoscere, dominare, esternare, gestire le proprie emozioni. In particolare a godere di un rapporto amoroso sfuggente a ogni definizione, a volte dedizione religiosa, a volte desiderio carnale, a volte cura paterna, a volte passione cavalleresca. Come se immaginando il nostro modo di tifare immaginassimo le forme dell’amore. Un amore al tempo stesso tossico e vitale».
La forza del nome. Identità politica e mobilitazione popolare nella Roma tardorepubblicana
Umberto Livadiotti
Libro: Libro in brossura
editore: Artemide
anno edizione: 2017
pagine: 271
Roma, estate del 100 a.C: una folla in delirio irrompe nel carcere dove è trattenuto un tale che si professa figlio di Tiberio Gracco, il tribuno martire ammazzato trentanni prima. Liberato a forza, il sedicente Gracco è accompagnato a casa da una massa festante, che presto lo eleggerà tribuno. Roma, autunno del 45 a.C: nel parco di Trastevere dove Cesare ha organizzato la grande manifestazione per celebrare il suo rientro vittorioso dalle guerre civili, una folla immensa si accalca entusiasta sotto al palco dove tra omaggi e applausi si esibisce al pubblico un individuo che si professa nipote di Gaio Mario, il salvatore di Roma che il senato condannò all'onta dell'esilio. Come spiegare questi scenari di mobilitazione popolare? Davvero la credula plebs, come la stigmatizzavano le fonti antiche, si lasciava semplicemente sedurre e imbrogliare da impostori e arrivisti? O era la memoria traumatica evocata da questi nomi a stimolare emotivamente migliaia di cittadini e a spingerli per strada, per affermare se stessi e la propria identità politica?

