Donzelli: Occhielli
Montagne a bassa definizione. Gli Appennini tra crisi di identità e cambiamento
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 184
Ripensare la dorsale appenninica in favore di nuovi modi di intendere e praticare, dunque abitare, le varie sfaccettature di una irriducibile montanità. La dorsale appenninica è la catena orografica più grande del paese, con un’estensione superiore all’Ungheria, al Portogallo o all’Austria. Nonostante la sua ingombrante presenza, per i più rimane un rilievo minore, perennemente in bilico tra il «non-ancora Alpi» e la montagna di serie B. La bassa altitudine, le cime «arrotondate», la frammentazione in valli e altipiani, la relativa facilità d’accesso e i morbidi versanti boscosi l’allontanano dall’idea universale di montagna, tradizionalmente identificata nella cultura occidentale con la catena alpina. Ciò accade perché gli Appennini, prima di essere una regione geografica, sono luoghi della mente, sui quali proiettiamo qualità e caratteristiche maturate all’interno della cultura collettiva. Se da una prospettiva realistica gli Appennini esistono indipendentemente dalla percezione umana, come rilievi orografici, tutt’altra storia è se li esaminassimo a partire dalla costruzione culturale che ne ha fatto la società, chi li vive, li studia, li racconta e li progetta. L’appenninicità viene descritta attraverso una rete di narrazioni, distorsioni e reinvenzioni che, giocoforza, contribuiscono all’invenzione di una geografia dal duplice volto in cui la dimensione romantico-consumistica, tendenzialmente edulcorata e depurata da fratture e fragilità, convive con quella meno incoraggiante dell’internità, costruita sulle diseguaglianze e sulle minori opportunità che le popolazioni montane sperimentano rispetto a quelle cittadine. Questo libro offre una rilettura dell’ambiente appenninico, o meglio, un’indagine sul suo stato di montanità. Propone spunti concettuali per decostruire e ricostruire l’entità geografica alla luce della contemporaneità, affinché le venga riconosciuto quel diritto ad essere considerata montagna senza dover ricorrere necessariamente a un termine di paragone. Saggi di: Filippo Barbera, Augusto Ciuffetti, Maurizio Dematteis, Antonio De Rossi, Federico Di Cosmo, Piero Lacorazza, Giuseppe Lupo, Laura Mascino, Fabrizio Toppetti, Giuseppe Varavallo, Mauro Varotto, Piero Zanini.
Non facciamo del bene. Inchiesta sul lavoro sociale tra agire politico e funzione pubblica
Andrea Morniroli, Gea Scancarello
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 144
Il mondo del lavoro e dell’impresa sociale oltre i luoghi comuni e le visioni di comodo. Un appello appassionato perché una professione, troppo spesso confusa con una missione, ritrovi la dimensione che deve avere: quella politica. Trecento lavoratrici e lavoratori delle cooperative sociali vengono licenziati dall’Azienda sanitaria di Napoli dopo trent’anni di servizi essenziali nel campo delle tossicodipendenze, della cura degli anziani e delle malattie croniche, in quella che è stata a lungo una virtuosa integrazione tra pubblico e privato sociale. Questi lavoratori, come tanti altri, sono coloro che, nella sempre più carente offerta di servizi sanitari pubblici e nel rafforzamento del privato, dovrebbero essere il modello. Sanità, assistenza, scuola, accoglienza ai migranti sono solo alcuni dei settori in cui lo Stato perde terreno e trova nell’impresa sociale una stampella essenziale ma non sufficientemente riconosciuta. Senza questi lavoratori in molti casi alcuni diritti non sarebbero garantiti. Questo libro nasce dall’incontro tra l’operatore sociale che ha attraversato decenni di vita pubblica e la giornalista impegnata, abituata a inquadrare i fenomeni spogliandoli della retorica e della propaganda, a scarnificarli per farne emergere l’essenza, spesso con tutto il suo carico di violenza. Molti osservano questo scenario da bordo campo, ma qualcuno è sul campo, sempre più un campo di battaglia. C’è chi fa, ogni giorno: operatori e operatrici sociali che insieme alle loro cooperative sociali e ai loro enti stanno all’intersezione tra le situazioni reali, con le loro inimmaginabili complessità, e le pessime politiche che avrebbero la pretesa di governarle. C’è un triste dato di partenza. Smarriti nella sostanziale continuità di governi sempre più staccati dalla realtà su cui dovrebbero incidere, gli operatori sociali hanno spesso perso la consapevolezza del proprio agire. Chiunque abbia sfogliato un giornale nell’ultimo ventennio conosce derive che hanno indignato: cooperative piegate alla logica del profitto nel trattamento inumano di migranti, carcerati, marginali. I finti buoni che si arricchiscono sulla pelle di chi sta male: esiste forse un discorso più efficace da offrire in pasto a un’opinione pubblica livida per confondere le acque e sbagliare le diagnosi e i rimedi? Questo libro scomodo, invece, pur senza fare sconti o nascondere quello che non va, entra nel mondo del lavoro sociale per evidenziare come possa rappresentare una risorsa preziosa a patto che recuperi la propria natura originaria: le operatrici e gli operatori sociali non devono essere visti come curatori fallimentari dell’esistente, ma come costruttori di politiche che abbiano al centro le persone, i luoghi, le comunità.
Connessi a morte. Guerra, media e democrazia nella società della cybersecurity
Michele Mezza
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2024
pagine: 128
Dalle esplosioni dei cercapersone degli Hezbollah all’azione dei chatbot che ha sostenuto la campagna presidenziale di Donald Trump e di Elon Musk. Tutto è cybersecurity. La connettività diventa logistica militare. Come l’11 settembre 2001, anche il 17 settembre 2024 è un giorno cruciale nella storia della guerra. Quel giorno, con le migliaia di esplosioni nelle tasche degli Hezbollah, sono state archiviate visioni geopolitiche, credenze militari e culture sociali. A New York fu un uso sorprendente di abilità e sorpresa a rendere vulnerabile il sistema del trasporto aereo, che da allora è diventato un settore a massima sorveglianza. Oggi sono i saperi tecnologici con le ormai irrinunciabili abitudini connettive a permettere all’intelligence militare di trasformare il vitale sistema della comunicazione globale in un’arma propria. L’irruzione dell’intelligenza artificiale, con la potenza di calcolo che classifica ogni singolo nemico, permette un inventario delle vittime prima di colpirle. Siamo alla guerra aumentata. Più aumenta l’intensità, più si decentra la deterrenza. L’individuazione prima e poi il cecchinaggio a distanza del network di una delle organizzazioni più inafferrabili e coperte, come quella degli Hezbollah, mediante una lunga azione di depistaggio e infiltrazione nel cuore del nemico, conclusa con una micidiale gestione della tracciabilità e raggiungibilità di ognuna di quelle migliaia di combattenti grazie a quei dispositivi che sembravano sicuri, hanno reso ogni apparato mobile, connesso alla rete, un bersaglio. Gli obiettivi prioritari sono ora moltitudini di individui, localizzati nominativamente, e colpiti nei luoghi più intimi, con precisione chirurgica. Una tecnica che i militari hanno mutuato dalle ordinarie risorse della rete, ed è dunque decentrata a chiunque. La mobile war trasforma così il web in un poligono di tiro permanente, dove ognuno può essere cecchino o vittima. Confondendo guerra e pace in un’unica uniforme cospirazione.
Prendere parte. Adolescenti e vita pubblica
Sabina Licursi, Emanuela Pascuzzi
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2024
pagine: 208
Gli adolescenti italiani non sono indifferenti: la loro richiesta di partecipare va presa sul serio. L’adolescenza è una tappa fondamentale nel percorso di formazione, apprendimento di valori, orientamenti, atteggiamenti, capacità cognitive ed espressive per l’agire pubblico. Influenza i comportamenti futuri. Per questo è cruciale conoscere meglio il presente dei giovani e arricchire le opportunità per un loro coinvolgimento nella vita pubblica. Chi sono dunque gli adolescenti, come rappresentano se stessi e gli altri? Come interagiscono in famiglia, tra coetanei, a scuola? A quali temi sono maggiormente interessati? Dove e come hanno appreso la partecipazione e quale idea ne hanno? Da chi si sentono supportati nella scelta di prendere parte? Per indagare il coinvolgimento degli adolescenti nella vita pubblica occorre porsi di fronte a loro, intercettarne lo sguardo, raccoglierne le parole, comprenderne gli atteggiamenti e le pratiche. È questa la postura adottata nello studio, da cui emerge una realtà sorprendente: i teenager non sono, in larga maggioranza, «fuori dal mondo», lontani o indifferenti ai fatti della società in cui vivono. Credono che la circolazione della parola tra amici e nella comunicazione digitale possa orientare le scelte e favorire il cambiamento, ma vogliono anche spazi per stare e fare insieme. Esigono, soprattutto, di essere riconosciuti dagli adulti per la loro capacità di stare nel mondo esercitando un ruolo attivo. Chiedono di essere ascoltati, ma anche che si tenga conto di ciò che dicono, delle loro domande e proposte. Chiedono di contare, di avere un peso. A questa richiesta, però, si affianca quella di non essere lasciati da soli davanti a ciò che è meno familiare, meno a misura della loro esperienza diretta. Non si tratta di una contraddizione, ma, probabilmente, delle coordinate del sentiero da tracciare per favorirne il coinvolgimento pieno nella vita pubblica.
La solidarietà discreta. L'accoglienza dei rifugiati ucraini in Italia e in Europa
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2024
pagine: 224
L’accoglienza ha un’anima discreta: al di là del clamore dei media, la solidarietà non discrimina, non fa distinzioni. La guerra in Ucraina ha causato la più grave emergenza umanitaria in Europa dalla fine del secondo conflitto mondiale, con quasi sei milioni di persone costrette alla fuga. Le istituzioni europee hanno reagito tempestivamente in aiuti e supporto alla popolazione travolta dal conflitto; il processo di accoglienza dei rifugiati, in Italia come in molti altri paesi, si è distinto sin da subito per unitarietà dell’azione politica e tentativi di innovazione istituzionale. Anche tra individui e famiglie si è prodotto uno slancio solidaristico da molti percepito come senza precedenti. Una reazione apparentemente molto di-versa rispetto a quanto avvenuto durante altre crisi migratorie, pure recenti, come quella siriana, o quelle che si verificano con i flussi di rifugiati «ordinari», provenienti da Medio Oriente e Africa. Partendo da questa constatazione, un gruppo di ricerca multidisciplinare, composto da sociologi, politologi e linguisti, ha intrapreso uno studio con l’obiettivo di verificare l’effettiva esistenza di questo presunto «differenziale di solidarietà» e capirne le ragioni. Quanto conta la posizione delle forze politiche, in primis i partiti populisti e di destra? Qual è il potere dei media nell’indirizzare l’opinione pubblica o nell’assecondarla? E quanto è rilevante il fatto che alcuni rifugiati ci appaiano – per tratti somatici, per cultura, per vissuto – più simili a noi di altri? L’indagine ha mostrato risultati per certi versi sorprendenti. Se vi sono in effetti differenze significative nei giudizi e nelle percezioni dei rifugiati ucraini ed extra-europei, tali differenze «simboliche» e «rappresentazionali» non si traducono in modo equivalente e meccanico in comportamenti: nelle azioni di solidarietà messe in campo dagli intervistati – dalle semplici donazioni fino all’accoglienza presso la propria abitazione – non si ravvedono particolari differenze tra i due gruppi di rifugiati; non si riscontra una sproporzione di aiuti in favore degli ucraini, come ci si sarebbe potuto aspettare. In tutte queste forme di sostegno, al contrario, si scopre un netto rifiuto per i trattamenti differenziati: esiste dunque, sottotraccia, quotidiana ma tenace, una solidarietà che, pur portata avanti con discrezione, sceglie di non discriminare.
Migrazioni verticali. La montagna ci salverà?
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2024
pagine: 192
La montagna non ci salverà, a meno che prima non si salvi la montagna con i suoi boschi, pascoli, luoghi, comunità di persone, tradizioni culturali, economie, diversità umana ed ecosistemica. La montagna è vista sempre più come un’opportunità di vita, un’alternativa tutto sommato vicina, da quanti desiderano abbandonare le metropoli, soffocate dagli effetti dell’iper agglomerazione sociale e produttiva. Il movimento dei «montanari per scelta» ha tracciato la pista, seguito dalla crisi pandemica e dalla diffusione dello smart working: oggi la pressione posta dal cambiamento climatico sulle città bollenti e inquinate fa emergere con più evidenza una diffusa aspirazione a trasferirsi nelle terre alte, che sia in modo permanente o per lunghi periodi all’anno. La verticalità entra così in queste forme di nuova mobilità umana, che possiamo ricondurre alla categoria più ampia delle migrazioni: chi sono dunque, e chi saranno nel prossimo futuro, i «migranti verticali»? Con un approccio transdisciplinare – dalla sociologia alla climatologia, alla geografia economica e alle scienze ambientali – e sulla base di dati scientifici originali, questo volume collettivo prova a tracciare un profilo delle diverse categorie di persone spinte verso la montagna da un insieme di fattori, tra i quali gli effetti dei mutamenti climatici nelle grandi città iniziano a rivestire un ruolo importante, a livello di immaginari come di progettualità concrete. Se la montagna attira nuovi abitanti, al tempo stesso si va però fragilizzando: frane, eventi estremi, abbandono dei terreni, siccità, invecchiamento delle popolazioni locali. Il clima che cambia espone a nuovi rischi proprio quei luoghi a lungo dimenticati e di cui sono rimasti in pochi a prendersi cura. La montagna non ci salverà, dunque, a meno che prima le città non la aiutino a salvare se stessa, a ritrovare il suo ruolo in un rapporto paritario ed ecosistemico con la pianura, dentro nuove forme di equilibrio, necessariamente metromontano.
Piano B. Uno spartito per rigenerare l'Italia
Leonardo Becchetti
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2024
pagine: 144
Non un partito, ma uno «spartito», un manifesto per rilanciare il ruolo politico della società civile, grande ricchezza del nostro paese. Il mondo così com’è non ci piace: guerre, crisi climatica, crisi economica, crisi dei diritti, disuguaglianze, povertà. Eppure il tempo che stiamo vivendo è un’occasione: proprio questo è il momento per cambiare rotta, invertire la marcia. Serve uno spartito che cambi la musica, un piano, un metodo diverso. È da questa consapevolezza che nasce Piano B, un progetto collettivo che unisce diversi esponenti della società civile allo scopo di proporre un’alternativa al modello di sviluppo dominante. Da dove iniziare? Al centro del discorso politico va riportata la persona, intesa in tutte le sue dimensioni. Ciò significa abbandonare la prospettiva individualistica: la persona è tale perché è in relazione con il resto dell’umanità e tutte le forme di vita, è aperta all’altro e all’infinito; la persona esiste solo in rapporto al luogo in cui vive, all’ambiente nel quale si colloca, all’insieme dei rapporti che costruisce. Puntare sulla persona significa prendersene cura dalla nascita alla morte, investendo sulla sua educazione e formazione; preoccuparsi del lavoro e dell’abitare; adoperarsi per la tutela dell’ambiente, per la rigenerazione dei territori e delle forme democratiche dello Stato. Significa, inoltre, ripartire dalla Costituzione e impegnarsi per metterla in atto. Piano B muove dalla certezza che l’attuale modello di sviluppo è malato, il progresso economico di per sé non garantisce la felicità: la domanda più profonda di «ben-vivere» ci spinge a porre l’attenzione su altri fattori, come la salute, l’istruzione, la qualità della vita relazionale, la crescita e la ricchezza delle opportunità. Per realizzare questo progetto, alle due mani tradizionali dell’economia (mercato e istituzioni) deve unirsi una terza mano – delle imprese e delle organizzazioni sociali responsabili – e una quarta – della cittadinanza attiva. Un sistema a quattro mani è l’unico in grado di promuovere la crescita e la vitalità della società civile, che è la vera forza della democrazia. La sfida per un futuro più desiderabile passa da un rilancio della partecipazione. Per rispondere alla complessità del presente, Piano B propone dunque un nuovo paradigma sociale e civile, declinato in diciassette parole fondative e fortemente legato ai concetti di generatività, solidarietà e sostenibilità, così presenti nel pensiero e nelle azioni di papa Francesco. Per ognuna di queste parole si parte dall’interpretazione angusta e limitante della cultura contemporanea per aprire l’orizzonte verso una visione più ampia e generativa, che mette in connessione il pensiero con le buone pratiche che già esistono nel nostro paese, ma che spesso restano in sordina. Un progetto politico ambizioso, quello del Piano B, che mira a far risuonare la sinfonia dell’Italia attiva, facendo emergere una visione comune, in grado di incidere sull’opinione pubblica e sulla politica. Com’è già accaduto in occasione della recente riforma costituzionale promossa dalla società civile, che ha portato a introdurre nella Costituzione lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia dell’ambiente, per la tutela delle future generazioni. Continuando su questa strada, la scommessa di Piano B è quella di diventare un punto di riferimento aggregante, che aiuti a orientare il cambiamento verso un benessere diffuso, equo e sostenibile.
Dare spazio. Terzo settore, politica, welfare
Carlo Borzaga, Cristiano Gori, Francesca Paini
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2023
pagine: 192
Nell’inferno delle disuguaglianze, il Terzo settore deve aprirsi al dialogo con la politica, dare spazio a ciò che inferno non è, tutelarlo e costruire così il futuro. Il futuro non è una stanza vuota, ma il frutto delle scelte che facciamo oggi. E un futuro diverso e migliore può essere immaginato e proposto dalle realtà che compongono l’universo del Terzo settore solo quando queste non si limitano a gestire servizi, ma si impegnano per affermare e realizzare istanze politiche di inclusione, riduzione delle disuguaglianze, pari dignità di tutte le persone. Solo così si può esprimere una forza politica ed etica che recepisca e faccia proprie le finalità tipiche del welfare. Ripercorrere il cammino del Terzo settore significa infatti restituire a chi lavora in questo ambito la consapevolezza della propria identità, portando alla luce quegli strumenti che hanno marcato importanti passaggi nelle politiche sociali: dalle prime istanze nate nella prossimità fisica alle situazioni di marginalità, fino alle piattaforme digitali che anticipano le sfide di domani. Questo volume nasce con l’intento di affrontare in forma di dibattito – attraverso il dialogo tra gli autori, ma anche dando voce a una pluralità di esperti, offrendo così una varietà di punti di vista – il rapporto tra Terzo settore e politica e, più precisamente, il modo in cui, grazie al lavoro svolto dal Terzo settore nell’arco di quarant’anni, le istituzioni hanno accolto le esigenze della società civile. Ma è anche un’occasione per rileggere la storia del Terzo settore e comprendere come la sua capacità trasformativa possa incontrare le istituzioni in un paese che sta mutando pelle dinanzi alle nuove esigenze e che fatica a trovare spazi di rappresentanza. Non bisogna mai dimenticare le responsabilità politiche del Terzo settore, nella consapevolezza che la sua vocazione politica oggi più che mai ha bisogno di essere evidenziata, valorizzata, agita e coltivata: perché la politica è il regno dei fini, e i fini abitano il futuro.
Scienza e bene pubblico. Cittadinanza, conoscenza, democrazia
Fabrizio Rufo
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2023
pagine: 192
Serve un dialogo tra cittadini, esperti e decisori politici: la cultura scientifica deve diventare strumento di democrazia. Solo negli ultimi anni abbiamo cominciato a riflettere sul rapporto tra conoscenza, decisione politica e democrazia. E dobbiamo proprio alla pandemia un’accelerazione rispetto a questi temi, quando sono emerse con urgenza una serie di questioni con cui da tempo avremmo dovuto fare i conti. Oggi il sapere scientifico è concepito sempre meno come un bene pubblico. La scienza tuttavia è un fatto sociale troppo importante per ignorarne gli effetti: ogni giorno modifica profondamente il mondo in cui viviamo; ogni azione della nostra vita – il lavoro, la salute, l’alimentazione, il tempo libero – sarebbe infatti impossibile senza ricorrere ai risultati e ai prodotti della scienza e della tecnica. Il progresso scientifico è dunque un valore fondamentale, che va costantemente nutrito di cultura democratica; solo in questo modo si può innescare un circolo virtuoso, e fare della cultura scientifica uno strumento efficace per il miglioramento sociale. Perché la conoscenza, anche la conoscenza scientifica, è un bene pubblico: solo se condivisa, solo se diffusa, solo se «partecipata» può agire concretamente come motore democratico. E in questo modo, aumentando la consapevolezza dei cittadini, sarà possibile affrontare nella maniera più corretta alcune grandi e cruciali questioni etiche che ci riguardano da vicino. Come scrive nel volume Fabrizio Rufo, la conoscenza scientifica e la decisione politica sono spesso due ambiti distanti e separati, tra i quali non intercorre una relazione stabile e continua. Ed è proprio questo che bisogna realizzare: attivare un dialogo costante tra esperti, decisori politici e cittadini. È necessario quindi a questo scopo difendere e promuovere la cultura scientifica: è questa la priorità se vogliamo allargare il perimetro dei diritti di cittadinanza e garantire il funzionamento delle stesse istituzioni democratiche.
Net-war. Ucraina: come il giornalismo sta cambiando la guerra
Michele Mezza
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2022
pagine: 192
Rinnovabili subito. Una proposta per la nostra indipendenza energetica
Leonardo Becchetti, Claudio Becchetti, Francesco Naso
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2022
pagine: 160
L'Italia è il paese del sole e del vento, perché allora dipende così tanto dalle fonti fossili, che paga a caro prezzo in periodi di crisi come questo? È come se un paese ricchissimo di mari e bacini di pesca invece di investire in pescherecci e canne da pesca si ostinasse a importare il pesce a carissimo prezzo dall'estero. Se la Norvegia è arrivata al 66% di energia da fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico), perché noi siamo appena al 16%? Non solo abbiamo il bisogno di produrre energia senza emettere sostanze inquinanti e gas che alterano il clima, ma dobbiamo anche sprecarla il meno possibile. Accompagnare l'elettrificazione dei consumi, là dove possibile, con la produzione da fonti rinnovabili è la via maestra per lo sviluppo sostenibile, economico, ambientale e sociale. Le sofferenze insegnano, amava ricordare lo storico greco Erodoto, e purtroppo l'umanità sembra aver bisogno della pedagogia delle catastrofi. Già prima dell'invasione dell'Ucraina sapevamo che le fonti rinnovabili erano il futuro per almeno tre motivi fondamentali: la riduzione dell'inquinamento dell'aria e quindi la salute, la riduzione delle emissioni e quindi la lotta al riscaldamento globale, e la convenienza di prezzo.
Le memorie del paniere. La statistica racconta: un secolo, mille prodotti, cento film
Giovanni A. Barbieri, Paola Giacché
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2022
pagine: 160
Dalla pastina agli omogeneizzati, dalla stilo alla biro, dalla bici al monopattino, dai 45 giri allo streaming. I gusti, le propensioni, gli stili di vita. Ogni anno, a febbraio, l'aggiornamento del paniere alla base degli indici dei prezzi stimola la curiosità dei giornali, che vi leggono i cambiamenti delle abitudini di consumo. Ma il paniere ha una storia quasi centenaria e molto di più da raccontare: il passaggio da un'Italia in cui prevaleva ancora un'economia di sussistenza, basata sull'autoproduzione, al boom dei consumi di beni e via via, in misura crescente, di servizi. Ognuno dei prodotti racconta la nostra vita quotidiana e i mutamenti nel tempo: dalla farina per la polenta al dentifricio, alla radio, allo smartphone, alle mascherine, il paniere è il regista di un cortometraggio sull'Italia, che ci aiuta a capire come siamo e come eravamo. In un gioco di specchi, rinvia ai film, alle canzoni, ai libri, ai personaggi, alle abitudini e alle mode. Il paniere racconta questa storia, e il libro ne segue gli sviluppi, a partire dal primo indice nazionale (1927-1928) fino all'aggiornamento del 2022. Sullo sfondo affiorano i grandi cambiamenti economici e sociali: il fascismo e la guerra, l'industrializzazione e le grandi migrazioni interne, le lotte operaie e i movimenti giovanili, le battaglie delle donne, l'inflazione a due cifre e la scala mobile, l'innovazione tecnologica, l'euro e le crisi del 2008-2011, fino alla pandemia. E si affrontano le questioni che l'indice dei prezzi solleva: quanto contribuiscono le singole voci del paniere a determinare l'indice generale? L'inflazione è uguale per tutti? Che cosa misurano gli indici dei prezzi al consumo? Perché l'Istat ne pubblica tre diversi ogni mese? Perché non ci riconosciamo negli aumenti dei prezzi rilevati? Chi decide quali prodotti entrano o escono dal paniere? I nostri modelli di consumo convergono o divergono? Quale contributo i consumi danno alle diseguaglianze? In ogni capitolo vengono analizzati beni – e servizi – che entrano nel paniere o ne escono: un continuo avvicendarsi di cibi, elettrodomestici, automobili diesel ed elettriche, telefoni a filo e cellulari, macchine da cucire e computer; e poi prodotti di bellezza, biglietti per il cinema e lo stadio, abbonamenti alle pay-tv. Un cammino – quello raccontato in queste pagine – che assume spesso i tratti di un vagabondaggio, aprendosi a continue digressioni, lasciandosi catturare dalle suggestioni, dalle curiosità che scaturiscono da una macchina fotografica come da un chilo di zucchine… Con la consapevolezza che quello che nel paniere manca, o ancora non è presente, è spesso altrettanto importante di quello che c'è, e che per cogliere «il clima dell'epoca» è necessario che i beni e i servizi del paniere ci accompagnino alla scoperta degli eventi, dei libri, dei film, delle canzoni, delle pubblicità – in un gioco di vuoti e di pieni, di presenze e di assenze. Tracce di una storia sempre in movimento, affioramenti in superficie di trasformazioni sociali e culturali più profonde, spie infallibili del movimento incessante – nei gusti, nel pensiero, nelle passioni – che ci attraversa e di cui spesso non riusciamo a trattenere la memoria.