Postcart Edizioni

«Questo libro, Encourage, è una testimonianza di tutto ciò che è stato creato collettivamente durante l'edizione 2020 del Canon Student Development Program. Il suo scopo è quello di mostrare il genio e il talento degli studenti, tutor e docenti che hanno preso parte a questa iniziativa. È la prova della loro integrità di intenti e della loro incessante dedizione alla fotografia.» «Encourage ci offre la possibilità di aggregare le visioni e le realtà registrate da un gruppo selezionato di futuri professionisti. Presenta le loro priorità e rivela nuovi territori di espressione.» (Luca Rocco)

Cinque fotografi – Sarah Moon, Alex Majoli, Nadav Kander, Martin Kollar e Tommaso Protti – invitati dal curatore Francesco Zizola, con la formula della residenza, ci regalano attraverso il loro sguardo poetico, visionario, crudo e intellettuale, il ritratto di una metropoli millenaria che vive quotidianamente immersa nella sua affascinante antichità.

Veneziani è il nuovo libro fotografico di Giorgio Granatiero, allievo di Giovanni Chiaramonte e precedentemente autore di City Light. Exploring the European City (Franco Cosimo Panini, 2017). Dopo aver «esplorato l'Europa delle metropoli ricavandone una lettura nitida, serena, non stereotipata», come ha scritto Michele Smargiassi di Repubblica parlando di City Light, Granatiero ha deciso di tornare nella sua città natale per guardarla dal punto di vista dei suoi abitanti. Pur avendo trascorso a Venezia soltanto i primissimi anni della sua vita, ha cercato di ricostruire quel suo lontano ricordo d’infanzia di una città da abitare oltre che da visitare. Il volume raccoglie quarantadue immagini analogiche a colori realizzate nell’arco di tre anni (2016-2019) e suddivise in tre capitoli che svelano scorci urbani ancora autentici e mostrano le storie degli ultimi abitanti; perché i veneziani resistono e con questo libro li si vuole raccontare, speriamo non per l’ultima volta.

Conosciuta tradizionalmente come "La Torre dei pomodori" di Isola d’Arbia, l’ex impianto Idit (Industria di Disidratazione Isola Tressa) rappresenta a tutti gli effetti un esempio di archeologia industriale, ma se questa definizione non trova ostacoli burocratici ed estetici in altre realtà italiane, per "l’ecomostro della Val d’Arbia" i riconoscimenti sono contrastanti. Alle porte della Val d’Orcia, Patrimonio Unesco dell’Umanità e inserito all’interno di un paesaggio simbolo della Toscana nel mondo, il silos di ferro, vetro e cemento, alto più di settanta metri, svetta al centro della Via Francigena e si lascia osservare da qualsiasi punto panoramico a sud di Siena. Rappresentazione di un grande sogno di ripresa economica, la Torre Idit, ad oggi fa parte dell’immaginario collettivo di un’Italia in ripresa, pronta a investire e con una lungimiranza tale da sfidare, sacrificando la più radicata e secolare cultura contadina della campagna senese, anche coloro che non vedevano di buon occhio uno sviluppo industriale in un territorio così lontano dalla grande imprenditoria del nord Italia.

«Displacement è un viaggio nelle città che mutano per abbandono, che ricostruendosi rovinano. È un viaggio nella perdita, senza che sia una sparizione. La perdita di un corpo-città che non vogliamo piangere, semmai ritrovare nelle forme in cui intimità e comunità si cercano, il più liberamente possibile. Ci siamo ritrovati nella città di L’Aquila per raccontare la nuova vita generata dalla perdita del centro e dallo spostamento degli abitanti verso le periferie. Una città di strade svuotate, di nuove case in vendita, di palazzi riemersi dalla polvere con nomi di alberghi, banche e negozi, la cui popolazione abita sperduta le New Town, una periferia-dormitorio, la cui piazza è la rotonda di un centro commerciale. Una cartografia del cambiamento. Un approssimarsi di immagini e parole, intimo, affettivo, alla città abbandonata, scorporata. Dove il margine sembra essere il centro e dove, come in altre periferie del mondo, lo spaesamento è corporeo: interno esterno coincidono e sconfinano, si perdono nel buio. Il buio di chi cerca e si cerca.

«Alessandra Freguja ha fotografato una storia umana, sociale e musicale che è difficile da raccontare se non attraverso l’emozione del vissuto. È l’anima, tema della XXXIII edizione del festival, ad averla guidata, e questa magia traspare in ogni viso, forma e colore della natura sarda che è prepotentemente variegata tanto quanto sono pregnanti gli sguardi fieri dei piccoli volontari che aprono il libro e che saranno le anime del futuro. Time in Jazz Diary 2020 è un’ode alla bellezza, grazie all’elegante e delicato connubio tra i suoi testi e i suoi sguardi. Un ulteriore tassello di un’avventura speciale che Alessandra ha colto perfettamente.» (Paolo Fresu)