Donzelli: Saggi. Storia e scienze sociali
Morire sul Grappa. Storie da un massacro, 20-29 settembre 1944
Sonia Residori
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 240
Dopo l’Armistizio, sul massiccio del Grappa la Resistenza fu organizzata da un nucleo di antifascisti, ma soprattutto dai militari che avevano deciso di non aderire alla Repubblica sociale, ai quali si unirono successivamente i renitenti alla leva, i prigionieri angloamericani fuggiti dai campi di concentramento italiani e un folto gruppo di carabinieri. Nel settembre del ’44, i nazifascisti diedero l’assalto alle formazioni partigiane e per alcuni giorni misero a ferro e fuoco il territorio, bruciando tutto ciò che incontravano. I partigiani resistettero quasi due giorni, finché il comando diede il «Si salvi chi può», da molti ritenuto tardivo. Questo episodio della Resistenza assunse un carattere ancora più doloroso perché, durante i rastrellamenti, i nazisti – con la collaborazione attiva dei fascisti – promisero salvezza a chi si fosse consegnato: molti giovani furono convinti dai familiari a presentarsi spontaneamente ai comandi tedeschi, dove trovarono la morte. L’eccidio del Grappa resta una ferita profonda nella memoria collettiva, per l’assenza di giustizia nei confronti delle vittime e per una controversa presunta responsabilità dei comandi partigiani e della missione inglese nelle tragiche conseguenze che devastarono tante vite umane. Il libro di Sonia Residori fa luce su questa vicenda, dimostrando che la decisione della resistenza militare, contraria a ogni regola della guerriglia, fu dovuta alla falsa notizia – propagata ad arte dai servizi segreti alleati – di un imminente sbarco angloamericano nell’Adriatico, in vista di un’offensiva contro la Linea gotica. Tratti in inganno da queste informazioni del tutto infondate, i partigiani molto probabilmente si sentirono moralmente spinti a resistere, perché pensavano di avere un compito da svolgere, di essere parte di un progetto militare più grande e risolutivo per le sorti della guerra e del loro paese.
Morire a Mattmark. L'ultima tragedia dell'emigrazione italiana
Toni Ricciardi
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 192
A Mattmark non ci si fermava mai, si lavorava giorno e notte per costruire un’imponente diga capace di produrre l’energia necessaria a un paese, la Svizzera, che stava vivendo una crescita economica senza precedenti. Nel cantiere lavoravano più di mille persone, in maggioranza straniere e provenienti soprattutto dalla provincia italiana. La «piccola» Svizzera accoglieva da sola quasi il 50 per cento dell’intero flusso migratorio italiano, dando occupazione a operai impegnati in grandi opere, come la diga di Mattmark. Ma il 30 agosto 1965, in pochi secondi, accadde l’irreparabile: «Niente rumore. Solo, un vento terribile e i miei compagni volavano come farfalle. Poi ci fu un gran boato, e la fine. Autocarri e bulldozer scaraventati lontano». A parlare è uno dei sopravvissuti intervistati nel libro, uno dei testimoni della valanga di più di 2 milioni di metri cubi di ghiaccio che seppellì 88 lavoratori. Di questi, 56 erano italiani. Come a Marcinelle, la tragedia rappresentò una cesura nella lunga e travagliata storia dell’emigrazione italiana, segnando un punto di non ritorno. Inoltre, suscitò molto scalpore in tutta Europa: per la prima volta, stranieri e svizzeri morivano l’uno a fianco all’altro. Nei giorni successivi si scavò senza sosta con la speranza di trovare ancora vivi amici, padri, fratelli, figli. Ci vollero quasi due anni per recuperare i resti dell’ultima salma. Questa storia si concluse nel modo peggiore: i tempi dell’inchiesta furono lunghissimi, oltre sei anni, e i diciassette imputati chiamati a rispondere dell’accusa di omicidio colposo furono tutti assolti, nonostante l’instabilità del ghiacciaio fosse nota da secoli. In appello andò anche peggio, con la conferma dell’assoluzione e la condanna dei familiari delle vittime al pagamento delle spese processuali. A sessant’anni di distanza, come scrive Toni Ricciardi nell’introduzione a questa nuova edizione, se Mattmark non è più una «Marcinelle dimenticata», resta ancora un interrogativo: l’Italia e anche la stessa Svizzera sono state all’altezza della storia?
Verso un nuovo patto sociale. Lavoro, welfare e sostenibilità ecologica nella doppia transizione
Andrea Ciarini
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 180
I temi della sostenibilità sono entrati a pieno titolo nell’agenda politica ed economica. Eppure la doppia transizione – ecologica e digitale – si sta rivelando tutt’altro che lineare, e ancor meno equa. Le promesse della crescita verde e dell’innovazione tecnologica si scontrano con l’emergere di nuove disuguaglianze, che si sommano a quelle esistenti, alimentando insicurezze e tensioni. A esserne più colpiti sono i gruppi sociali che temono di perdere gli status acquisiti, o di essere penalizzati da trasformazioni percepite come incontrollabili. L’intreccio tra questioni ambientali, economiche e sociali non può più essere affrontato come un problema di politiche per lo sviluppo sostenibile, né ridotto a misure di compensazione per chi rischia di rimanere indietro. È piuttosto il banco di prova su cui si misurano gli interessi in gioco e le trasformazioni profonde che stanno ridefinendo radicalmente il panorama del lavoro e dei sistemi di protezione sociale. Da qui l’urgenza di un nuovo patto sociale, che sappia tenere insieme bisogni economici, giustizia sociale e sostenibilità ambientale. A partire da un’analisi critica delle politiche attuali e dei loro limiti, questo volume propone una prospettiva alternativa, indicando soluzioni concrete per rendere la transizione non solo giusta, ma anche desiderabile, in termini di qualità della vita e benessere collettivo.
Dietro tutte le trame. Gianfranco Alliata e le origini della strategia della tensione
Giovanni Tamburino
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 304
Vi è un protagonista che ha attraversato per mezzo secolo le vicende eversive italiane. Lo troviamo a fianco del presidente degli Stati Uniti e seduto al tavolo da poker con Buscetta, nella fondazione di una massoneria universale e tra i congiurati della Rosa dei Venti, vicino a Junio Valerio Borghese e in rapporti con vertici militari, della diplomazia e degli affari. È il principe palermitano Gianfranco Alliata di Montereale, uscito indenne dalle vicende penali che lo videro coinvolto a partire da quando il suo nome risuonò tra i mandanti della prima strage della Repubblica, l’eccidio di Portella della Ginestra, essendo stato il suo accusatore avvelenato per tempo in una cella dell’Ucciardone. Un’esistenza rimasta nell’ombra, su cui fa luce il saggio di Giovanni Tamburino, il magistrato che nel 1974 a Padova condusse l’inchiesta contro la struttura eversiva di stampo neofascista denominata Rosa dei Venti. Il libro attinge a una ricca documentazione inedita, ad atti giudiziari, a fondi archivistici finora inesplorati (su cui si basa, tra l’altro, la ricostruzione della biografia di Alliata e delle figure da lui incrociate nella Cronologia curata da Maurizio Massignan). Sono emersi nessi inimmaginabili tra organismi (consorterie mafiose, gruppi neofascisti, massoneria occulta, servizi segreti sottomessi) e personaggi (killer di diverso colore, magistrati corrivi, generali infedeli, politici pavidi), imponendo così una profonda rilettura dell’età dei terrorismi. Una ricostruzione che finalmente, dopo decenni di attesa, è stata confermata dalle recenti sentenze sulle stragi di Bologna e di Brescia, come racconta Tamburino in un testo inedito per questa nuova edizione. L’esistenza di un comune obiettivo spiega l’uso sistematico della violenza anche di opposto segno nella manipolazione dei momenti cruciali della storia recente. Il tutto raccordato da una zona grigia che emerge con nitidezza da queste pagine: una rete protettiva, stratificata ed estesa più di quanto si pensasse, la cui esistenza chiarisce le lunghe impunità e i singolari trattamenti riservati agli autori delle stragi e delle violenze.
L'altro regionalismo. Per un'autonomia comunitaria
Andrea Piraino
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 240
L’autonomia differenziata è un tema profondamente divisivo nel dibattito pubblico, come dimostra la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato inammissibile la cosiddetta legge Calderoli – che disciplinava le procedure per il riconoscimento di «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» alle Regioni ordinarie – evidenziandone i profili di illegittimità. Negli scritti raccolti in questo volume, il costituzionalista Andrea Piraino analizza debolezze e criticità del tradizionale regionalismo storico e propone un disegno alternativo di macroregionalismo comunitario. A un’autonomia differenziata che rischia di perpetuare le inefficienze e di inasprire la competizione tra Regioni, che presenta inoltre pericoli di rottura dell’unità repubblicana, di stravolgimento del principio di eguaglianza e di tutela dei diritti fondamentali, l’autore oppone – sulla base del negletto art. 117, comma 8, della Costituzione – un diverso modello regionale, basato sulla possibilità di creare delle intese tra le Regioni per migliorarne l’esercizio delle funzioni, attraverso la modifica dal basso dei confini regionali, e così attuare un moderno e funzionale macroregionalismo. Una nuova articolazione regionale, dunque, improntata al principio di solidarietà e in linea con la politica di coesione territoriale europea, che sia in grado di garantire risposte efficienti, efficaci ed economiche agli stessi problemi che presentano oggi vaste aree limitrofe, ad esempio in materia ambientale o in tema di sviluppo. Un ordinamento più equo, in cui il principio di libertà e quello di eguaglianza non restino dei meri enunciati ma supportino il pieno sviluppo della persona umana, e in cui la solidarietà politica, economica e sociale diventi un dovere comunitario inderogabile.
Un rivoluzionario nel palazzo. Scritti storico-politici (1963-2015)
Umberto Coldagelli
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 270
Umberto Coldagelli è stato un funzionario parlamentare, vicesegretario generale della Camera dei deputati, politologo e studioso del pensiero liberale francese dell’Ottocento (Jules Michelet, Edgar Quinet e soprattutto Alexis de Tocqueville) e della Quinta Repubblica francese iniziata con la riforma costituzionale gollista del 1958. Coldagelli è stato anche un protagonista di importanti riforme nell’amministrazione della Camera, di cui ha coordinato per anni tutto il settore della documentazione interna e dell’informazione verso i cittadini. I saggi riprodotti nel presente volume, apparsi su diverse riviste e pubblicazioni accademiche tra il 1963 e il 2015, coprono l’insieme degli interessi coldagelliani e offrono un percorso attraverso oltre cinquant’anni di riflessione intellettuale e impegno pubblico, a partire dagli studi di orientamento marxista operaista, segnati dall’influenza e dall’amicizia con Mario Tronti. Dagli anni settanta in poi, Coldagelli torna ai temi della sua formazione accademica sotto la guida di Federico Chabod: al pensiero politico di Tocqueville (cui ha dedicato gran parte della propria opera), al sistema istituzionale della Quinta Repubblica francese da de Gaulle a Macron, al rapporto tra cittadini e Parlamento, con riflessioni politologiche di grande pregnanza, anche per l’oggi, sul ruolo dei partiti e delle forze sociali in una democrazia matura, e sulle inquietanti prospettive aperte dal populismo avanzante. Negli ultimi scritti emerge una sintesi matura del suo pensiero: un confronto tra storia e politica, tra teoria e prassi istituzionale. Coldagelli riflette sul proprio ruolo nella modernizzazione dell’amministrazione della Camera, in un dialogo ideale con il pensiero di Pietro Ingrao, con cui collaborò strettamente.
Sud globale. Un'invenzione del Nord?
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 300
Il Sud globale è una realtà complessa, sfaccettata e spesso oggetto di ottiche semplificate che non ne colgono la profondità e le contraddizioni. Non si tratta di un fronte compatto: è piuttosto uno spazio in continua trasformazione, un insieme fluido di tendenze e attori, spesso divergenti ma accomunati dalla volontà di affermare una maggiore autonomia rispetto alle vecchie gerarchie globali. In questo scenario si collocano paesi emergenti e nuove potenze regionali o globali che, pur nelle loro differenze, mettono in discussione il primato politico, economico e valoriale dell’Occidente. Agli occhi di Stati Uniti ed Europa, il Sud globale rappresenta oggi lo specchio di una transizione epocale, che segna la crisi di un ordine internazionale fondato su regole asimmetriche e doppi standard. Frutto di una ricerca originale del CeSPI, questo volume è un testo a più voci, che intreccia le prospettive e le sensibilità dei diversi autori per offrire una lettura plurale e critica delle dinamiche che animano questa galassia in evoluzione, dal punto di vista non solo dei governi, ma anche delle istanze e dei movimenti della società civile. Un’opera collettiva che indaga le trasformazioni in atto per comprendere la portata e l’irreversibilità del cambiamento, al di là dei vecchi schemi interpretativi.
L'innovazione della pubblica amministrazione. Tra continuità e transizione digitale
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 160
Il libro propone una riflessione accurata sullo stato dell’arte e sul livello di innovazione della pubblica amministrazione italiana alla luce delle numerose riforme che, negli anni, hanno provato con esiti differenti a cambiarne il volto in termini di efficacia ed efficienza. Guardare oggi al funzionamento e all’organizzazione della pubblica amministrazione, in una prospettiva comparata, ci aiuta infatti a comprendere la centralità del suo ruolo e la rilevanza sul piano della qualità delle politiche pubbliche e della tutela dei diritti fondamentali di cittadinanza, in un mondo caratterizzato dalla crescita costante delle disuguaglianze economiche, sociali e civili. Allo stesso modo, l’attenzione si concentra sul lavoro pubblico e le sue peculiarità rispetto al settore privato, le sue criticità e i problemi legati all’organizzazione e gestione dei lavoratori. Le trasformazioni nel mercato del lavoro, l’offuscamento dei confini, la progressiva assimilazione delle Pa alle realtà di mercato e la diffusione di pratiche di Human Resources Management orientate alla qualità dei servizi e alle performance, richiedono, infatti, un cambiamento radicale dell’organizzazione del lavoro e dei processi di reclutamento, selezione e valorizzazione dei lavoratori. Ciò implica una profonda revisione dell’esistente, a partire da una visione diversa dello Stato come «buon datore di lavoro», un investimento nella leadership e nella riforma della dirigenza pubblica, passando per la rivisitazione dei concorsi in grado di reclutare e trattenere i migliori talenti, unitamente a un congruo investimento in attività di formazione continua per garantire i percorsi di crescita professionale e le carriere. Non meno rilevante è il tema della diffusione delle nuove tecnologie e del loro impatto sul lavoro e sull’organizzazione della Pa; specificatamente, la trasformazione digitale intesa come «metamorfosi» o cambiamento sostanziale della logica e del funzionamento della pubblica amministrazione.
Bandiere e lenzuoli. La nascita dell'antimafia, la politica, le memorie
Matteo Di Figlia
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 224
Nel 1992 le stragi di Capaci e via D’Amelio segnarono una profonda cesura in quello spazio politico e culturale che chiamiamo antimafia. Per capire appieno il lascito di questo passaggio cruciale occorre però ricostruire la sua complessa genealogia. Sebbene vi fosse una storia antica, risalente all’associazionismo sindacale di fine Ottocento e alle lotte contadine dei due dopoguerra, fu a partire dagli anni settanta del XX secolo che si creò una convergenza di forze politiche e civili di ogni orientamento che si dotarono di nuovi linguaggi e di un bagaglio di valori originali. Da quel momento, il movimento antimafia attraversò i grandi cambiamenti del paese: si incrociò con l’affermazione di nuovi quadri sociali e con l’attivismo delle donne, risentì dell’ascesa delle televisioni, anche private, nel dibattito pubblico, visse il mutato rapporto tra magistratura e società, partecipò alla crisi dei partiti, contribuendo ad accelerarla, e producendo, paradossalmente, un nuovo ambito politico. Inoltre, la sua grammatica di base, costruitasi attorno a forme di memoria che diedero a funerali e commemorazioni un senso collettivo, si ibridò con le nuove raffigurazioni della Shoah, ormai divenute il principale riferimento per ogni discorso memorialistico. Gli attentati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino diedero avvio a una nuova fase: benché fosse già disseminata su tutto il territorio italiano, fu allora che l’antimafia assunse, anche grazie al contributo decisivo dell’associazione Libera, un respiro più nazionale. I fatti accaduti in Sicilia furono da quel momento rielaborati da un corpus di libri, canzoni, film, forme rituali, programmi e serie tv, spesso intesi con una funzione pedagogica, come testimonianze utili per la trasmissione di valori alle nuove generazioni. Il libro indaga la nascita di questo campo culturale.
Politica e martirio. Il rogo di Primavalle tra storia e memoria
Amy King
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 288
Il 16 aprile 1973, nella borgata di Primavalle, zona nord-ovest della capitale, intorno alle 3 di notte, qualcuno versa una tanica di benzina davanti alla porta di un appartamento. È l’abitazione della famiglia Mattei: il padre, Mario, è segretario della sede locale del Movimento sociale italiano. Nell’incendio moriranno due dei sei figli: Virgilio, di 22 anni, e Stefano, di 10. Gli autori dell’attentato sono tre ragazzi di Potere operaio; saranno dichiarati colpevoli solo nel 1987, ma di fatto non pagheranno mai. La tragedia – cui seguirono depistaggi e mistificazioni – viene ricostruita in queste pagine da una studiosa inglese, che con il vantaggio della «distanza» illumina la vicenda e per la prima volta ne chiarisce le distorsioni, intrecciando il racconto storico e la documentazione giudiziaria, le reazioni della stampa e le testimonianze di uno dei figli sopravvissuti e della gente del quartiere. Il «rogo di Primavalle» si delinea così come un punto di svolta nella storia della violenza politica in Italia: per la sinistra, che fino a quel momento se ne era considerata immune, significò la fine dell’innocenza; per il partito di Giorgio Almirante, nell’occhio del ciclone per una sequela di azioni terroristiche ad opera degli estremisti, significò la possibilità di un riscatto. L’attentato favorì infatti la costruzione di una retorica intessuta di sacrificio e martirio, alimentata sia dall’esito del primo processo sia dalla campagna contro il Msi portata avanti dai media, autori di una manipolazione della memoria giunta fino ai nostri giorni. Ed è propriamente una riflessione sull’uso della memoria questo libro «duro e necessario», come lo definisce Alessandro Portelli: oltre a decostruire il modo in cui i fascisti e la destra ricordano, costringe gli antifascisti, gli eredi della nuova sinistra e non solo, a fare i conti con un’altra pietra d’inciampo, con una memoria sgradita, che disturba ancora oggi.
Sant'Anna di Stazzema. Memorie di guerra, culture di pace
Caterina Di Pasquale
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 224
La mattina del 12 agosto 1944, un battaglione delle SS, con il supporto di elementi repubblichini, accerchia il borgo di Sant’Anna di Stazzema e massacra gli abitanti, in una delle più atroci stragi nazifasciste compiute in Italia. La memoria di questo eccidio rappresenta, per il nostro paese, una vicenda emblematica. Il libro di Caterina Di Pasquale ne ripercorre in chiave antropologica le tappe fondamentali, a partire dal processo di rimozione strutturale che lo caratterizzò a lungo, agevolato dal ritardo dell’iter giudiziario, finché nel 1994 non vennero ritrovati 695 fascicoli sulla strage, «archiviati» a palazzo Cesi, sede degli Uffici della magistratura militare. In questa ricostruzione si intrecciano la dimensione privata e quella pubblica, le istanze nazionali e quelle locali, la storia ufficiale e quelle individuali. A prendere la parola sono le persone scampate allo sterminio, i loro familiari. Da quel 12 agosto chi è sopravvissuto non ha fatto altro che raccontare: parlando del proprio mondo distrutto ne ha celebrato il ricordo; evocando le vittime e pronunciandone i nomi le ha onorate e ha dato un senso alla vita di chi se ne è andato e di chi è rimasto. I più giovani hanno incorporato questa narrazione e l’hanno fatta propria integrandola, passando il testimone alle nuove generazioni. In questo percorso la memoria risulta attraversata da contrasti e contraddizioni, in un’ambivalenza tra dicibile e indicibile, tra pace e conflitto: tensioni vitali e da preservare, se si vuole evitare una memoria comunitaria edulcorata e normalizzata, priva del suo potere contrastivo e critico, di quella forza che permette di restare vigili sul presente e sul futuro.
La memoria dimezzata. I campi fascisti nelle testimonianze slovene
Marta Verginella, Oto Luthar, Urška Strle
Libro: Libro in brossura
editore: Donzelli
anno edizione: 2025
pagine: 320
Molti campi di internamento fascisti furono caratterizzati da condizioni brutali, paragonabili a quelle dei campi nazisti; non pochi erano riservati alla popolazione slovena. È questa una delle pagine più buie della politica coloniale e bellica del regime: una storia rimossa, trascurata anche dalla storiografia italiana, così come da quella slovena. Tra il luglio e il novembre del 1942 fu portata avanti una grande offensiva nei territori sloveni, prima con il massacro della popolazione civile e poi con la deportazione di circa 30000 persone. Intere famiglie furono imprigionate nei campi fascisti, dove vennero sottoposte a un trattamento durissimo. Per la maggior parte si trattava di sloveni ribelli, ma anche di amici e familiari – bambini compresi – dei partigiani: contro di loro l’azione degli italiani, che si prefiggevano di fascistizzare l’area occupata, fu crudele e sistematica. In ciò il regime proseguiva una strada già sperimentata nei campi di internamento africani, gravata tuttavia da un atteggiamento del tutto particolare – di affinità e insieme diffidenza, di superbia e insieme di timore – mostrato tradizionalmente nei confronti della popolazione slovena. Attraverso un accurato e minuzioso lavoro di storia orale, gli autori del volume danno voce a coloro che sulla propria pelle subirono la deportazione: sono loro – all’epoca per lo più bambini – a raccontare, portando alla luce vicende di sofferenza e di violenza, ma anche episodi di solidarietà. Intrecciando le testimonianze con la ricostruzione del contesto europeo, si compone il quadro storico generale e si indagano le ragioni per le quali questo trauma collettivo per troppo tempo ha faticato – e tuttora fatica – a emergere e a essere presente in tutta la sua complessità nella memoria comune slovena e in quella italiana.