ABE: Il baule
Atti di notai della valle di Avellino. il principe Marino Caracciolo gran maestro dei cavalieri costantiniani e di san Giorgio, S. Paolina e Torrioni, il Marchese Capobianco, Oliviero di Tufo, Francesi e grano nascosto
A. Barbato, Sabato Cuttrera
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2024
pagine: 108
"I cavalieri del principe Caracciolo". Angelo Comneno: i maestri supremi dei Cavalieri. Il Viceré conferma a Cumneno la toga senza imperio. Il Protonotaio fa la cronistoria e il Papa si concede. Cibrario: i Cumneni faranno Marino Gran Maestro. Copia dell'istrumento del 10 maggio 1624. Il mensile di Avellino al Principe di Macedonia. Il notaio Brosca di Summonte Procuratore provinciale. Il notaio di Monteforte trascrive l'atto dei veneti. Il notaio di Avellino conferma il mensile al Macedonia. Cumneno crea Marino Caracciolo a Gran Maestro. Marino è il Gran Maestro: lo dice il libro degli Statuti.Caracciolo vara le regole: obbligo di Croce turchina 2. notai minori dell'avellinese. Le contese feudali di S.Paolina contro Torrioni e Tufo. Il regno borbonico: militari e magazzini per il grano. Ordinamenti amministrativi per piccoli paesi. Il testamento di Centrella per il nipote sacerdote. Scuola pubblica obbligatoria per maschi e femmine. Il potere torna ai comuni: i primi stemmi. La fu Vittoria Frezzaroli-Jannotti di Ceppaloni. Il legionario vendicativo al posto del sindaco morto. D'Agostino fabbricatori torrionesi di Sagliocca. L'arciprete Oliviero succede al fratello in Tufo. La congrega di Montefusco affitta casa al barone. Piccole curiosità notarili sulle frazioni della valle. L'ultimo feudatario: il marchesino Capobianco 1840. Sospensione del sindaco Iomazzo per taglio di querce. Scuola obbligatoria, Medico e Guardia Nazionale. Lumi, rotabile e ponte sul torrente Campitiello. L'orologio pubblico e i debiti di Torrioni. Capobianco si trasferisce da Montemiletto ad Apice. La dote del saio imperiale scarlatto di Apice. Il matrimonio di Catarina Mazzucco fu Francesco. Lettera del notaio al priore del Collegio di Apice 3. Gli statuti dei cavalieri di S. Giorgio. Estratto Annotazioni, e dichiarazioni sugli Statuti d'Isacio. Protesto di Marino fatto intimare a Macedonio.
Atti di notai su Ariano di Puglia: il massacro del 1861 sul Tricolle di Ariano Irpino
Arturo Bascetta
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2024
pagine: 114
Prefazione I moti del 1848 sono stati definiti "l'inizio delle rivoluzioni", perché misero in questione le strutture monarchiche in tutta l'Europa. Per quanto riguarda l'Italia il fenomeno più rilevante è dato dall'inizio concreto del Risorgimento. In particolare delle idee repubblicane di Giuseppe Mazzini, delle imprese dell'eroe dei due Mondi, Giuseppe Garibaldi e dalla concretezza di Camillo Benso Conte di Cavour. In questo splendido saggio storico, non si trova nessuna maledizione nei confronti di Garibaldi come farebbe pensare il titolo, Mannaggia a Garibaldi!, ma vi è al contrario una visione critica, severa, senza sconti sulle origini del Risorgimento. Lacuna che sarà certamente eliminata da questo lavoro che rappresenta un nuovo rapporto tra fatti, eventi, istituzioni, in cui però la nostalgia del passato non comporta il disperdersi della realtà, delle tradizioni molteplici nel tempo; non si fa promotrice di una nuova azione e di nuovi ideali possibili. A questo si associa la disciplina storica, che di quegli ideali e di quei principi si rende garante, senza cedimenti di sorta alle metamorfosi di revisionismo che accompagnano le forme deviate e devianti, spurie, del pensiero storico che a me piace chiamare pensiero critico. E tale è anche per Bascetta che con Omodeo è del parere che "la vera grandezza umana si afferma in discrimine rerum, nella possibilità di perdere e di trionfare, di fallire e di riuscire". E' il motivo alla base di queste pagine. Al centro dell'attenzione del Nostro, come detto innanzi, resta Avellino, a cui Bascetta è molto legato e di cui a me sembra addirittura innamorato per il suo scovare documenti, diari, racconti autobiografici e nomi che riguardano questa blasonata e antica città dei Due Principati, della quale molti cittadini sono stati autori di cose nobili e non, di fatti eroici e di intraprese in una con intrighi, false testimonianze, tutte cose che, nel complesso, le fanno onore. L'Autore in questa sua opera, come in tante altre ricostruzioni storiche, sa bene che il "processo compiuto", tetelèsmonon, sfugge per principio alla diretta conoscenza del soggetto umano per il quale è possibile solo una "conoscenza congetturale", dòkos. Del resto il primo frammento di Ecateo, il famoso storico di Mileto, recita: "Scrivo quanto segue conformamente alla mia ricostruzione congetturale della verità". E Bascetta, come il primo celebre storico antico, può dire che non pretende di aver conosciuto direttamente la "verità", ma semplicemente di averla ricostruita, a partire dai dati da lui pazientemente e sagacemente raccolti. E', questo, un ulteriore merito dell'Autore di un succoso libro, il quale, con la sua fecondità e creatività, rifiuta la storia semplicistica che si ferma alla superficie degli avvenimenti, una storia che fa dipendere tutto da un solo fattore, che si basa su analisi troppo eclettiche e che si smarrisce nella molteplicità delle circostanze: la narrazione sistematica che non distingue tra motivi e cause. Il Nostro ha una concezione profonda e diversa della storia, che spezza la crosta dell'interpretazione critica povera e sclerotica, quella che è stata giustamente definita pseudo-storia. Bascetta, seguendo Marc Bloch, "di fronte all'immensa e confusa realtà", fa la propria scelta basandosi non sull'arbitrio, bensì nell'analisi scientifica del documento che gli consente la ricostruzione e la spiegazione del passato. Esamina, analizza, scruta fatti ed eventi, ciascun individuo, noto o ignoto, che svolge la sua parte nella vicenda storica, anche con ipotesi e congetture, ma soprattutto con un lavoro delicato e appassionato, che, in sintesi, è il suo pregio maggiore.
Atti di notai della valle beneventana: i notai dell'archivio, Scannaggio a M. Miletto, Viri a S. Angelo a Scala, Laverde di Pietra e i 4 asini, Cutillo di Oppido Pago, il disangro di Foggia, primae noctis del principe di Venosa a M. Fredane
A. Barbato
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2024
pagine: 120
Sono ricerche su San Giorgio del Sannio e Montefusco con i luoghi medievali di S.Angelo, Civitate S.Pietro a Sala e dell'abbazia beneventana di Venticano, che si dice Denticano quando insieme a Campanariello non erano che luoghi di pertinenza di Montefusco, il cui territorio comunale aveva termine a Calore compreso, luogo sull'attuale fiume Calore, all'epoca detto Calore Vallone. Montefusco aveva quindi inizio a Torrioni e termine a Castel del Lago, col palazzo di Federico II sul confine di Apice, fino al tratto dell'appiana Strada Regia per Casalbore, lungo il fiume Calore, cioè a Ponte Appiano, dove l'antica Via romana riprendeva il cammino per collegare Paduli a Lucera ancora nel 1500. C'è da dire che i primi atti notarili conservati all'Archivio di stato di Avellino, provengono da rogiti di notai ignoti che appaiono di stanza a Sanseverino e a Montefusco. Il notaio è Ambrogium de Vivo di Santo Severino. Nell'anno 1506, è per esempio col giudice Pastorano fuori le mura di Sanctj Severini, busta, l'anno dopo apud fora casali Pandula sempre a Sanseverino.1 A Natale del 1510 è poi lo stesso notaio a far notare un cambiamento. Nel fascio attesta il nuovo rogito scritto sub anno a nativitatis dominj 1510 (l'anno comincia il 25 dicembre), regnante ….catolici... Ferdinando de Aragonia dei grazia rege haragonum et utriusque Sicilia, citra et ultra farum. Regno vero ej hujus regni sicilia citra farum anno octavo feliciter amen. Dominici quoque in dicta terra Sancti Severini. In questi anni il Geronimo de Vivo, scrive apud Terra Prata, Terra Prato alias Prata…. Poi Terre Serini e poi Santi Severini. Altro fascicolo stessa busta 5846, anno 1516, leggibilissimo, è apud forum Serini. Nos Ambrosino de Vivo di santo severino judex ad contractus et litteram Jeronimus di Vivo de eadem Terra Sancti Severini publicis in regno sicilie.2 Nel secondo faldone della busta 5845 è sempre il notaio Ambrogio de Vivo che scrive. Mentre nel fascio racchiuso nella Busta 5847, riferito all'anno 1530, sarà il figlio notaio Geronimo de Vivo de Santo Severino, quando ormai siamo sotto il Regno di Carlo V da 15 anni, cioè a far data dal 1515. In realtà questi notai De Vivo sembrano circoscritti a Serino, ma a far data dal 1538 non mancano certo i documenti su Montefusco dove scrive un notaio anonimo 'itinerante' in quanto i suoi atti vengono redatti anche a Sanseverino. Ciò che penso è sempre frutto di un ragionamento a posteriori, mentre a me è sempre piaciuto l'esito delle carte. Perciò, stando agli atti notarili, nel 1538, alla 12esima indizione vescovile, ai tempi di Carlo V e della madre Giovanna La Pazza, cominciamo col dire che se Denticano e Calore erano frazioni di Montefusco, lo era anche Pietradefusi, perché risulta come luogo abitato del tenimento di Montefusco, cioè un Casale.3 Varrebbe la pena fare un distinguo fra Montefusco città e Montefusco Terra propriamente detta, cioè fra la Montagna della Civitate dei Casali (che è una cosa) e il feudo di Montefusco (che è altra cosa).
Atti di notai del Principato Ultra: Tufo, la Zita di «Grotta» e le «cerze» di S. Sofia, neve a Pietrastornina, nozze a S. Angelo e Chianche, il rettore papale di Torrioni, Buonalbergo e Apice
Sabato Cuttrera
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2022
pagine: 118
Questo volume della collana Il Baule sui notai della campania fra 1500 e 1800 si arricchisce del volume riguardante gli atti notarili del Principato Ultra, soprattutto ad opera del notaio Leo di Torrioni, ma anche di altri, frutto di anni di ricerca presso gli Archivi di Stato di Napoli, Avellino, Benevento. In questo volume ci si sofferma sulla zita di Grotta e le 'cerze' di s.Sofia benevenana, poi sulla fossa della neve di Pietrastornina, e su Buonalbergo. L'autore Sabato Cuttrera riferisce di come sia stato creato in alcuni paesi della Valle del Sabato l'abito proprio delle nozze, che non era bianco, ma bensì una veste, una gonnella di saia imperiale che si tramandava di madre in figlia, tanto sul Partenio, quanto fra Montefusco, Apice e S.Angelo. Un capitolo è dedicato alle chiese di Torrioni e al rettore di Pietrastornina nominato dai papi beneventani, in qualità di abate di San Marco e poi anche di S.Silvestro di S.Angelo della Scala. Altri capitoli riguardano Don Luca Morano di Torrioni, Toccanisi e S.Angelo, la famiglia Piatti, dei banchieri di Bergamo trasferiti a Napoli, commercianti di Greco di Tufo essendo i mercanti del Sabato divenuti consoli di Napoli e poi martiri del 1799, essendo stati banchieri giacobini della Repubblica Partenopea. Altri capitoli riguardano la famiglia dei Capobianco di Benevento trasferiti a Montefusco e infine l'arresto dello stesso notaio che redige gli atti all'arrivo dei Francesi di Bonaparte.
Atti di notai salernitani. Le vicarie di Montefusco e Sanseverino, Conza suffraganea, il Vallo dei Perrelli e la sposa a Paulillo Marchese d'Amalfi
Sabato Cuttrera
Libro
editore: ABE
anno edizione: 2021
pagine: 128
Salerno perse il Seggio di S.Matteo di Montefusco, parte del Principato chiamata Ultra, nel 1500. In origine, buona parte della provincia di Avellino era unita a quella di Salerno fino al fiume Calore, come testimoniano le pergamene di Cava, avendo il suo ultimo polo salernitano in Montefusco. C'è da dire che i primi atti notarili consultabili, quelli ancora conservati nell'Archivio di Stato di Avellino e in quello di Salerno, provengono da rogiti di notai ignoti che appaiono di stanza fra Sanseverino e Montefusco. Uno di questi notai è Ambrogium de Vivo di Santo Severino nell'anno 1506, questi, insieme ad altri, rappresentano il fulcro degli atti notarili consultati e trascritti per la prima volta, da cui i sunti e le citazioni che fanno di questo libro un testo unico nel suo genere su fatti di uomini, chiese, beni e testimonianze di 500 anni fa.
Atti di notai beneventani. Mulino Palata, testamento di Ceppaloni, Granai su M.Fusco, Chiese degli Scolopi e abati nei rogiti di Leo, Giordano e altri
Sabato Cuttrera
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2021
pagine: 128
Sono estratti di prima mano dagli atti notarili, soprattutto di quelli compresi fra 1500 e 1600, e di altri riferiti ai Concili provinciali dell'arcivescovo di Benevento che ottenne la facoltà di riconferire le insigne badiali mitrate dentro lo stesso Regno di Napoli.
Atti di notai avellinesi. La peste al Casino del Principe, l'AGP, Pacello fontaniere dei Re, l'oro delle spose, liti nei paesi del vino fra Zaza e i Perrelli
Sabato Cuttrera
Libro
editore: ABE
anno edizione: 2021
pagine: 128
Avellino fu una città vescovile della provincia di Principato Ulteriore del Regno di Napoli, il cui feudo era divenuto di proprietà privata della Casata Caracciolo. Facevano eccezione i luoghi pii dipendenti dalla provincia Diocesana di Benevento o da altri istituti, come nel caso dell'Ospedale di San Tommaso, appartenuto a Montevergine, o del monastero di San Paolo, accosto alla Casina del Principe, dipendente dall'eremo dell'Incoronata di Sant'Angelo a Scala. Ai Principi avellinesi era piaciuto circondarsi di altrettanta nobiltà, fin da quando scelsero di risiedere a Napoli. Erano i tempi in cui Giambattista Manso (1560-1665) Marchese di Chianche e di Bisaccia diveniva amico di Torquato Tasso (1544-1595), al quale fu dedicato uno dei Dialoghi, precisamente l'ultimo, intitolato appunto Il Manso o vero De L'Amicizia, nel 1592, quaranta anni prima che i Principi Caracciolo scoprissero il celebre scrittore napoletano Gianbattista Basile, autore de Lo Cunto de li Cunti (libro improntato sugli usi e costumi irpini), nominandolo Governatore di Avellino.2 I nuovi capostipiti dei Caracciolo-Rossi, divenuti titolari del feudo di Avellino, vi si insediarono il 6 maggio 1581, dando vita, a partire dal 25 aprile 1589, alla dinastia dei Principi di Avellino. Da quell'anno partono i rogiti notarili consultati e le notizie da essi tratte che fanno di questo libro un piccolo gioiello che sfata fantasie su mura longobarde e chiese inesistenti antiche riportate da alcuni storici ante Novecento, ma in realtà costruite dai Caracciolo.
Atti di notai nepoletani. Il molino Monasterace, la cartiera Perrelli, le lenzuola in seta di Bari, zite di S. Giorgio, Ponte Calore e coloni Beneventani a Ischia
Sabato Cuttrera
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2021
pagine: 128
Come in una sequenza filmica si snodano i diversi atti notarili con le loro singolari figure, come nei patti nuziali, nei testamenti. Singolari documenti segnalano dunque modi di essere, costumi, usanze, tradizioni di specifici luoghi. I panni colorati lavorati sono pregio, distinzione. Significativi a tal proposito sono in testamenti, come le ultime volontà dettate dall'uomo "seduto sulla sedia di paglia". Dettagli questi non da trascurare. L'occhio notarile è anche attento così al contesto, al vissuto. I testamenti rivelano l'atteggiamento dell'essere umano di fronte alla morte, insieme ai culti del territorio. Nel testamento di Orazio Principe leggiamo: Raccomando l'anima mia alla ss.Trinità essendo quella fiato della Maestà... Chiamando pure ad assistermi s.Liborio, s.Matteo, s.Antonio, s.Pascale, s.Filippo Neri, miei principali avvocati, s.Vito, s.Modestino, s.Domenico, s.Andrea di Avellino". Inoltre ordina che si celebrino "per l'anima di esso testatore due messe l'anno... Scorrendo gli atti notarili, di notevole importanza, si rivelano i patti iniziali per la cultura materiale e per l'immaginario che essa suscita. Nel 1706 il notaio Onofrio nel registrare il matrimonio della Magnifica Teodosia Sirena, riporta tutte "le cose" consegnate come le "lenzola di seta di Bari", i "salvietti di Fiandra", la "veste di scottino a colore del Carminio"... Sono solo alcuni degli argomenti trattati nel testo, estratti in prima facie dagli archivi di stato. È la storia vera delle popolazioni del Sud riportata dai notai napoletani e di altri luoghi.
Memorie dal Sannio. Le fontane di Orsini, il re e il campanile, Cecchetella e il manoscritto di Potocki
Rito Martignetti
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2020
pagine: 120
«Una raccolta che ci consegna un libro che si legge senza sforzo, data la sapiente sinteticità dell'esposizione e la varietà degli argomenti trattati. In genere i temi affrontati sono molto puntuali, e circoscritti, ma spalmati su tutto l'arco temporale della storia beneventana. L'autore non si dà limiti temporali, quasi sempre prerogativa degli storici "di professione", ma solo territoriali. Tutto ciò che rientra nel perimetro beneventano (perimetro non solo geografico ma esteso al concetto culturale più ampio) diviene oggetto di lettura critica e di analisi storiografica. Già a scorrere l'indice si può avere un'idea della varietà cospicua degli argomenti trattati. In alcuni casi si tratta di precisare un dato errato della storiografia "ufficiale", ma, il più delle volte, i saggi sono concrete proposte di sfruttare la storia per creare valori aggiunti alla dimensione culturale, ma anche turistica ed economica, della città. In questo Rito Martignetti rimane insuperabile. Si direbbe che il suo vero talento sia di trarre dalla storia locale inediti progetti di valorizzazione del territorio. Progetti di cui non si finisce di avvertire la necessità. Basta chiedersi come mai una città, con un tale passato come Benevento, sia sempre sul confine dell'ignoto. Evidentemente, tranne qualche eccezione, nessuno ha saputo finora valorizzare il nostro maggior tesoro: la storia. Per questo il consiglio è sì di leggere tutta la trilogia di Rito Martignetti per il piacere di sapere cose nuove, ma di valutarla soprattutto come un grande atlante progettuale sulle potenzialità future della città.» (Francesco Morante)
Atti di notai nella valle del Sabato: La montagna di Prata Terra del Vaticano, Chianca e Montemiletto ex badia di Altrude? S.Eustachio di Montaperto e Castelmuzzo, Bagnara, Delicato, Cibari, Apice sotto i Tocco
Sabato Cuttrera
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2023
pagine: 103
Montaperto comparve nelle decime del 1327, elencate per clero, ma di tante abbazie precedenti restò in vita solo Venticano, che figura come monastero. I benefici dei preti soggetti ai beni della Biblioteca Vaticana che vengono trascritti nella prima metà del 1300 furono quelli del clero di Montisaperti che pagava 7 tarì e mezzo, quello de Montefalzono che sborsava 12 tarì, quello di Montemilitum che pagava 15 tarì e quello di Montefuscolo per 3 once, e del monasterium Venticani che pagava 20 tarì. L'anno dopo, nel 1328, i tarì di Venticano scesero a 10, sempre come monasterio, mentre gli altri continuarono a pagare come clero: Monte Aperto sborsò 3 tarì; Monte Mileto, 9 tarì; Montefuscolo 1 oncia e 2 tarì. Nel 1349 nacque la nuova Arcidiocesi in Beneventana, ribattezzata nuova Urbe Beneventum, essendole stato accorpato il sedile arcivescovile appartenuto all'antica Tocco, che non è Tocco Caudio, ma una Tocco molto più vicina alla città, perché assorbì la Mensa arcivescovile di S.Martino in Tocco, fra «Preta» e «Prata», poco discosto dallo stretto di Barba di Chianche, Ceppaloni e Toccanisii, ai piedi del torrente San Martino che scende dal Campanaro di Pietrastornina e Terranova di Arpaise, e si congiunge al Sabato che viene dal Campanaro della Basilica di Prata. Fu così che l'antica Civitate Sabina dei beneventani divenne l'Urbe metropolitana del Nuovo Sannio, inglobando le diocesi molisane e foggiane. A Tocco era appartenuto il titolo antico, ma non v'è conferma che sia stata Campanaro di Grottaminarda, come credette lo Scandone, ma qualche sospetto ci rimanda fra San Michele del Monte Gargano e Canosa di Puglia, molto legate ai culti beneventani, da cui dipesero quelle chiese negli anni a venire. Di sicuro Benevento divenne la capitale religiosa, e a volte politica, di molti feudi fra Lucera e Campobasso. Da qui i resti di San Sabino da Canosa ad Avellino, a Lucera unita a Limosani, etc.. Ancora fino a due secoli fa molti paesi beneventani, come Reino e Colle Sannita, in realtà, erano nella provincia di Capitanata di Bovino. Bernardo Deucio, nunzio avignonese di Benevento, dopo il sisma del 1348, la peste e l'invasione ungherese e romagnola ad opera del fratello dell'ucciso Re Andrea, fatto fuori ad Atella dai parenti stretti della Regina Giovanna I, riorganizzò il patrimonio fondiario della Chiesa. Quindi Marittima, la Campagna e anche la Sabina beneventana, per poi mettere mano a Capua e a Napoli, sottraendo molti paesi all'arcidiocesi di Nola. Fu lui che rifondò la Rocca dei Rettori dove la vediamo, a cui appartennero le 29 rocche delle antiche corti longobarde distrutte nell'actum di Lucerinum e ricostruiti nella Valle Beneventana. Furono questi 29 paesi, retti da distretti arcipretali, a far parte del Principato Ultra Benevento, rimasti inizialmente fuori dal Regno e infeudati da S.Martino in Tocco, a cui fu unito il titolo di S.Modesto di Beneventana, e quello lontano di S.Sofia lucerina, a sua volta poi commissariata da Montevergine intorno al 1370, che però non poté mettere le mani sul feudo di San Martino, dove svettava l'antico Campanario dell'abbazia di S.Maria appartenuta al Vaticano. Perciò, nel 1378, anche quell'antico monastero, di cui Giovanni fu l'ultimo abate, divenne di nomina pontificia per sopraggiunta aggregazione a Benevento. Così, mentre l'antica Campanario veniva assorbita dal territorio del papa nel 1388, la ribellione dei verginiani, portò alla rifondazione di un nuovo monastero chiamato Santa Maria in Campanariello. Fu per uno scambio di terre fra i verginiani e Petricone Caracciolo.
Atti di notai del Partenio: notai inediti nell'Archivio di Stato di Avellino
Sabato Cuttrera
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2023
pagine: 116
Le orfanelle di Mercogliano e il Loreto del Vaccaro, prosciutti a Valle, maiorascato Muscetta, i Moscati di Avellino, la veste scarlatta di Pietrastornina, la sposa di Quadrelle e S.Marco al Castello di Apice, con il testamento della famiglia Principe e la lite fra Zunica e Perrelli. Sono questi gli argomenti, e alcuni altri, trattati in questo libello di vera storiografia, estratta dai notai dell'Archivio di Stato di Avellino e mai pubblicati da altri. Pezzi di rogiti che sono lo spaccato di una società, quella a ridosso di Avellino e Benevento, ma che risente dell'influenza casertana e napoletana della montagna riabitata fin dal Medioevo con il Monastero del Monte Vergine di Montevergine.
Atti di notai irpini. Palazzo Paulillo, Pianoforte di Petruro, Leo, Zaza, Cavalieri di Malta a Toccanisi, Gualchiera e badia a Campanariello
Sabato Cuttrera
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2023
pagine: 112
Il testo mette in relazione i fatti storici nazionali con quelli locali, facendo riferimento agli atti notarili rinvenuti presso l'Archivio di Stato di Avellino e Benevento. Essi danno il quadro della povertà in cui era finito l'entroterra provinciale costretto a subire le rivendicazioni di questo e di quel nobile, passato con questo o con quel sovrano. Sullo sfondo c'è sempre lo stato pontificio che perde colpi in quanto i sovrani, ora Angioini ora Aragonesi, rosicchiano in continuazione paesi alla Valle Beneventana per aggregarli al Principato Ultra, provincia del regno più prossima a Benevento. Da qui la nascita dei primi 'studi' notarili, o meglio l'ufficio notarile, inteso come mansione dei notai che iniziarono a spostarsi da Salerno nelle vicarie di Mercato Sanseverino e Montefusco e poi a stabilirsi nei paesi dopo l'arrivo di Carlo V, che portò tutte le province di mezzo soggette a Salerno. Negli anni a venire li ritroviamo stabilmente presso i comuni delle tre province distintesi nuovamente (Avellino-Benevento, Foggia e Salerno) dove operavano, trasmettendo di padre in figlio quella che divenne lo studio della professione di queste figure ormai radicati in pianta stabile in paesi strategici. È il caso dei notai napoletani della famiglia Leo che si trasferirono a Torrioni, paese a ridosso del carcere mandamentale di Montefusco, in Principato Ulteriore, futura provincia di Avellino. Notaio Donato Leo (1717-post 1752). Probabilmente originari da una antica famiglia di notai di Ostuni, ivi presenti dopo il 1583 col capostipite notaio Donato Antonio Leo, il quale redige un atto del 1608 conservato all'Archivio di Brindisi, quando i Leo compaiono da Napoli a Torrioni (Av), dando vita a una movimentata serie di atti, trasmessi di padre in figlio.