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Medusa Edizioni

Raffaello. Deposizione. Saggio sulla Pala Baglioni

Raffaello. Deposizione. Saggio sulla Pala Baglioni

Marco Rosci

Libro: Libro in brossura

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2020

pagine: 124

«Non contento dei cento dipinti che aveva fatto sequestrare nello studio del Cavalier d’Arpino – fra i quali anche alcune opere giovanili di Caravaggio – e di altri “acquisti” che resero la sua collezione una delle più straordinarie della Roma secentesca, il cardinale Scipione Borghese inviò i suoi uomini a Perugia dove nella notte fra il 18 e il 19 marzo del 1608 prelevarono dal Convento di San Francesco a Prato la Deposizione Baglioni di Raffaello e fece in modo che papa Paolo V la dichiarasse «cosa privata del cardinale», così che ancora oggi la si può ammirare alla Galleria Borghese a Roma. A questa opera ricca di pathos e dove Raffaello trasfigura il dramma delle vicende della famiglia Baglioni, Marco Rosci dedicò nel 1991 questo saggio, ripercorrendone la storia fin dalla commissione nel clima agitato che dominava la Perugia d’inizio Cinquecento, passando in rassegna la ricca documentazione di studio, rileggendo la precoce fortuna critica dell’opera – già Vasari la definì “divinissima” – e seguendone le tracce fino all’Ottocento quando l’opera veniva considerata un modello di classicismo superlativo. Ma il secolo scorso ha gettato sulla Pala Baglioni una luce meno infatuata indagando i retroscena storici e politici che portarono alla commissione dell’opera. Ed è in queste indagini più recenti che il saggio di Rosci, ancora oggi attuale a tre decenni dalla sua prima uscita, si addentra per far luce su un mito che, come dimostra il Cinquecentenario in corso, resta intramontabile».
12,00

La colomba dell'arca. Poesie 1922-1945. Testo francese a fronte

La colomba dell'arca. Poesie 1922-1945. Testo francese a fronte

Robert Desnos

Libro: Libro in brossura

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2020

pagine: 178

La poetica di Robert Desnos allestita in Italia, curato da Pasquale Di Palmo mettendo a frutto un più che decennale confronto col poeta francese, si configura come un viatico prezioso per ripercorrere idealmente l'intero percorso creativo dell'autore di "Corps et biens". Dall'iniziale adesione al surrealismo con la conseguente scoperta dei "sonni ipnotici" e dell'écriture automatique si approda alla successiva fase in cui il dettato poetico di Desnos si compromette maggiormente con le istanze etiche e, soprattutto, amorose. Poeta tra i più complessi e sofisticati del Novecento, Desnos con il passare del tempo ha acquisito uno spessore e una rilevanza nella poesia del Novecento sempre più ampia, in virtù di quel processo di rastremazione del logos che lo porterà dalle sperimentazioni ludiche che contrassegnano il désordre formel della prima fase alle tematiche politiche delle poesie clandestine, spesso pubblicate sotto pseudonimo in tempo di guerra. Ma rimane inalterata la vocazione a una pronuncia autentica, sottesa alle dinamiche più moderne, che sembra incarnare quella beauté convulsive concepita da Breton, anche se tesa al graduale recupero di una facilità, di una felicità inventiva che presuppongono una dirittura morale non comune. Si tratta di un anelito alla rivolta, coniugato a una joie de vivre mai rinnegata, di cui Desnos era quanto mai consapevole: «In definitiva, non è la poesia che deve essere libera, ma il poeta».
19,50

I pericoli della corte. Novella

I pericoli della corte. Novella

Eugène Delacroix

Libro: Libro in brossura

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2020

pagine: 118

Il giovanissimo Eugène Delacroix, ben prima di Norbert Elias, si applica ad osservare e persino a criticare i meccanismi e la condotta della società di corte. Lo fa severamente con questo "I pericoli della corte", col candido sdegno di un adolescente "nato bonapartista, cresciuto in piena epopea napoleonica", di fronte al singolare scenario della monarchia in un periodo, appena successivo al Congresso di Vienna, dove si tentò di ripristinare le prerogative regali. Studente del Lycée Impérial Delacroix non si impegnò certo in un'approfondita analisi, e neppure con un trattato, per il quale non poteva ancora avere gli adeguati strumenti. La sua presentazione dei vizi e dei torti di quella società assume invece la forma di una narrazione edificante. Per esporre le nequizie della corte reale, luogo di fatue parvenze e oscure bassezze, racconta l'esperienza di un giovane svizzero, protagonista della novella (mai tradotta in italiano), figlio unico di un pastore protestante di un villaggio della Svizzera. Delacroix, da una prospettiva repubblicana, descrive l'iniziale fascinazione del ragazzo per quell'ambiente tanto lontano dalla sua condizione abituale, fatta di sensate letture e di salutari escursioni montane, e il successivo disgusto per la frequentazione di quel milieu così estraneo. Il soggiorno tra i cortigiani servirà a maturarlo facendogli apprezzare una vita di riserbo e di studio di sé. Bisognerà seguire l'esempio del giovane?
13,00

Scritti sulla fotografia

Pierre Mac Orlan

Libro: Libro in brossura

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2020

pagine: 128

"Mi torna in mente un pomeriggio trascorso a Londra nel quartiere cinese, a Pennyfields. La nebbia conferiva alle ragazze sbronze davanti alla porta delle loro case in mattoni, una dignità e un onore da museo Grévin. Lo spettacolo di quelle figure di cera perse nella nebbia poteva far nascere qualche idea. Mi affrettai a scattare qualche foto, rapidamente, a casaccio. Poi le feci sviluppare. Non erano venute bene ma mi procurarono delle sensazioni meravigliose. In una di queste, in primo piano si vedeva una porta con la vetrata rotta. Al suo posto era stato incollato un manifesto in caratteri cinesi. La strada era ripresa in tutta la sua lunghezza. Si vedevano tutte le porte che si aprivano sul marciapiede di destra. E nel vano di ogni porta appariva una gonna femminile, solo una gonna perché tutte le ragazze di cera si erano affrettate a ritirarsi vedendomi armeggiare con la macchina fotografica. In primo piano, una gamba molto bella e l'orlo di un abito si associavano al manifesto cinese. Il mistero iniziava da questa gamba". Gli scritti di Pierre Mac Orlan sulla fotografia sono sempre sospesi a questo sguardo che incarna la poetica del "fantastico sociale". Lo scrittore del "Porto delle nebbie" e di molti altri libri che gli diedero il successo nella prima metà del Novecento, aveva una predilezione per la nuova arte e nel 1929 scrisse che "la fotografia è un'arte di espressione letteraria". In questo libro che per la prima volta presenta al lettore italiano, Mac Orlan parla della Parigi di Atget e di Kertész, dello sguardo di Cartier-Bresson e del mondo che appare negli scatti di Willy Ronis. Mai tecnico, sempre calato nei mondi che la fotografia sa far lievitare e rendere nella loro segreta verità, questi scritti occasionali non sono affatto una parte minore dell'arte letteraria di Mac Orlan.
15,00 14,25

Breton. Lo sciamano della poesia

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 138

«Il neonato piangeva nella sua culla e il padre disse: "Mi ricordo di Babilonia". Poi la madre lo coricò in una piccola vettura trainata da un leone e una vergine nuda. Era il 18 febbraio 1896, e tutti compresero che non bisogna risalire fino al gesto confondente. Mentre leggeva Baudelaire, Huysmans, Mallarmé e Barrès, una folla di donne-tronco molto belle, con una lumaca sulla testa, lo contemplava a mani giunte. Fu allora, nel 1913, che conobbe Paul Valéry, perché il regno del linguaggio esige la più grande agitazione. A volte i serpenti portavano cappelli a cilindro, le gigantesche cicale si sedevano in poltrone rotonde, un'aquila leggeva la "Divina Commedia". Il poeta, mobilitato nel 1915, era stato assegnato a un centro di neuropsichiatria. Ma i serpenti, le cicale e le aquile sanno che il sogno è di un'innocenza selvaggia. L'inventore ha due scale di ferro che fanno comunicare la gola con il cervello, Sarah Bernhardt ha il volto coperto di nature morte impressioniste, e il poeta (che, nel 1919, pubblica il suo primo libro, "Mont de Piété") ha la parola "speranza" scritta sulle dita. Freud, Aragon, Ernst, Tzara, Soupault, Desnos, Picabia, gli amici del poeta danzarono al Ballo degli Incoerenti con delle vedove bianche e nere, con le Preziose di Abraham Fosse e le lascive sonnambule, mentre la bella e la bestia giocavano a sodomizzarsi. È nel 1924 che esplode il "Manifesto del Surrealismo", nell'avenue de Raymond Roussel, nell'inverno di Arcimboldo, nelle matematiche di Lewis Carroll, nei viaggi fantastici di Goya, nelle immagini della confusione di Rimbaud, nei seni eretti di tutte le donne e negli indomani che cantano. Chi non ha visto Nadja, nel 1928, scivolando sui pattini, una torcia in mano, rivelare a Dracula, Don Chisciotte e Casanova il segreto dell'assurdo? (...) Il poeta viaggiò e percorse così i mille meandri dietro lo specchio, le follie e i fantasmi, nudo, a cavallo di una vacca dalle corna dorate, portando sulla testa una colomba bianca. Lontano, nella sfera, gli innamorati si abbracciavano, a testa in giù. Dall'"Ode à Charles Fourier" al "Surréalisme, méme" e "La Brèche", il poeta vide, tra altre innumerevoli meraviglie, la donna sorgere, adulta, dalla breccia aperta a colpi d'ascia nel cranio di un vegliardo dalla barba bianca e dagli enigmi a forma di automobile marciante a tutto gas. E nel 1966 il poeta morì senza morire».(Arrabal)
18,00 17,10

Duchamp e gli altri. Scritti sui pittori

Robert Desnos

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 153

L'Italia ha fino a oggi poco approfondito l'apporto che Robert Desnos ha dato alla poesia e alla critica, pur essendo egli un talento poliedrico che ha indagato molteplici ambiti dell'espressione creativa, da quella letteraria a quella visiva, dal cinema alla musica. La sua fede surrealista, fondata sulla sintesi di amore e libertà (analoga a quella di René Crevel) si esalta nell'esperienza del sogno praticata attraverso l'ipnosi: più che un superlativo, quando dice di aver fatto «atto di surrealismo assoluto» intende proprio questa proiezione interiore verso il confine dove la realtà si rivela altro da sé. La fedeltà realista al surreale ispira ogni tentativo di Desnos, poiché egli altro non vuole che essere il "medium" del mai visto. A questa particolare sintesi di immagine e parola come forma del rebus (vedi Duchamp) si rifà la sua idea di pittura "medianica": apparizione del segno come frase misteriosa travestita da figure. Il calembour verbo-visivo è un gioco in cui scrittura e immagine si alleano e ne deriva «il significato segreto che l'immagine esibisce». La sua polemica contro il gusto nasce dalla certezza che ciò che può emergere spontaneamente dalla psiche in piena libertà è più importante dei canoni artistici. La firma dell'artista su un foglio bianco - ancora Duchamp - è già opera d'arte. Occorre liberare l'iniziativa individuale. Dopo Duchamp e Breton, Desnos alla fine però abbraccia il combattimento "contro la morte" di Picasso. Una conferma dell'eterna lotta fra apollineo e dionisiaco.
16,00 15,20

Lo scrittore e lo specchio. Moralismo e letteratura

Jacques Rivière

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 116

Rivière è un maestro che occorre oggi riprendere in mano, perché le sue idee e il suo stile conservano quella "informalità" che lo rende autore al tempo stesso classico e moderno. Come direttore della "Nouvelle Revue Française" cercò di mantenere sempre questo equilibrio, che lo portava a cogliere il nuovo senza negare ciò che lo precedeva, come invece accade in certe avanguardie. Grande cultore della musica, della poesia e delle arti visive, resta traccia di questi suoi molteplici interessi critici il libro Études dove sono raccolti i saggi su Baudelaire, Gide e Claudel, ma anche su musicisti come Rameau, Bach, Franck, Wagner, Moussorgski, Debussy e su pittori come Ingres, Cézanne, Gauguin. Rivière ha intuito presto l'importanza di poeti come Baudelaire e Rimbaud, ha sostenuto autori come Alain-Fournier (di cui sposò la sorella Isabelle), Mauriac, Aragon, Valèry, Artaud. Forse oggi si fatica a comprendere che cosa fosse in quell'epoca l'esercizio quasi quotidiano della corrispondenza fra autori e amici, ma i carteggi di Rivière con Alain-Fournier, Proust e Claudel sono vere e proprie occasioni di riflessione sui destini e sull'importanza della letteratura, e si possono leggere anche come palinsesti di saggi da scrivere. I due testi di Rivière qui raccolti sono frutto di conferenze che l'autore tenne in dialogo con Ramón Fernàndez. In esse si dipana compiutamente la poetica critica di Rivière.
15,00 14,25

La passione di Ubu roi. Testi e iconografie sacre

Alfred Jarry

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 104

A un certo punto della sua vita Alfred Jarry s'identificò col suo personaggio più celebre: Ubu roi. Prevedibile. Eppure il dileggio, il sarcasmo, l'assurdo da lui rappresentato emergono da un sottofondo immaginativo e iconografico insospettabile le immagini della tradizione popolare, impresse sulle xilografie sacre distribuite nelle fiere e nei luoghi di raduno del popolo minuto. Nella rivista "L'Ymagier", fondata e condotta con l'amico Rémy de Gourmont proprio negli anni in cui nasceva Ubu roi, il grande anticipatore del surrealismo e di dada legge con partecipazione e pietà queste sacre immagini, consegnando al lettore un'insospettabile sensibilità visiva e religiosa. Il profondo palinsesto iconografico e testuale a cui danno espressione viene riportato alla superficie in modo che il lettore colga ciò che unisce, per esempio, Albrecht Dürer e le immagini della pietà popolare, e ne colga il sostrato teologico al quale attingono. Il precoce tentativo, mentre assieme al primo numero del "L'Ymagier" vedeva la luce anche il primo libro di Jarry, Les Minutes de Sable Mémorial (1894) - dove la clessidra si trasfigura nella Y che dà il marchio dell'originalità anche all'ortografia del titolo imposto alla rivista -, ci dà una singolare tavola "iconologica" dove testo e immagine si trovano in osmosi continua e mostrano un modo tutto nuovo di immaginare l'arte, come rileva nel saggio finale Hélène Védrine.
15,00 14,25

L'anima di Napoleone

Léon Bloy

Libro: Copertina rigida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 127

«Non si tratta di un'ennesima vita di Napoleone - scrive Gennaro Auletta nell'introduzione -. E neppure di un'interpretazione del "caso Napoleone" secondo criteri di contingenza politica, sociale, militare, psicologica o che so altro. Bloy non è uno storico, nella comune accezione del termine; gli manca assolutamente la capacità di immergersi nel relativo e di cercarvi le cause o le concomitanze. "Non solo non sono uno storico, ma ignoro la storia. Bisogna vedere in me una specie di sognatore, di visionario, se vi piace, ma niente più", scriveva a Jean de La Laurencie il 31 agosto 1913; e questo perché "sarebbe un errore gravissimo e funestissimo credere che io sia un pensatore, un intellettuale. Io conosco in realtà poche cose e ho capito soltanto quello che Dio m'ha fatto capire quando mi son fatto simile a un bambino" (Lettera alla fidanzata, 31 ottobre 1889). Bloy sta sempre dalla parte dell'Assoluto, guarda le cose e gli uomini sub specie aeternitatis, e sotto questo aspetto può essere considerato benissimo come un originale, anche se non sempre accettabile, esegeta della storia, che possiede una sua filosofia o meglio teologia della storia». Ma questa edizione dell'Anima di Napoleone, che appartiene ai testi più visionari del grande scrittore cattolico francese e arriva a fare del Bonaparte "la Faccia di Dio nelle tenebre", ha dalla sua il cimento, ormai ottant'anni fa, nel 1939, di un grande autore italiano oggi forse misconosciuto, Domenico Giuliotti, che curò la traduzione del libro e scrisse per l'occasione un saggio e una "nota biografica" cariche d'ispirazione. Possiamo dire che su queste pagine si sono incontrate le voci di un profeta apocalittico e di un poeta amante della parola scabra e arcaica, accomunati dal sentimento intransigente di un cattolicesimo difeso fino all'ultima stilla di sangue ma senza passatismi, anzi attraverso una contundente e moderna plasticità della parola che testimonia la forza di idee e convinzione di entrambi.
15,00 14,25

La legione straniera

Pierre Mac Orlan

Libro: Libro in brossura

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 170

Il 26 marzo 1863 un reggimento della Legione era sbarcato a Vera Cruz, in Messico. Un mese dopo, il 30 aprile, presso il villaggio di Camarón de Tejeda, i legionari, comandati dal capitano Jean Danjou, vennero attaccati e decimati dai nativi messicani guidati dal colonnello Francisco de Paula Milàn. Quella data e il luogo, Camerone, rappresentano il vero mito di fondazione della Legione straniera francese. Ogni anno a Aubagne, nell'entroterra della Costa Azzurra, dove ha sede il comando generale dei legionari e dove avvengono ancora oggi gli arruolamenti, si celebra quella data "sacrificale" e un simulacro in legno che raffigura la mano del capitano Danjou viene mostrato come una reliquia che fonda nel sangue la gloria dell'arma. Molto controversa è la storia della Legione fin dalla sua nascita nel 1831 per decreto di Luigi Filippo; ai quattro angoli del pianeta ha versato sangue proprio e dei suoi nemici, senza risparmiarsi crudeltà e gesti eroici. È un corpo speciale che raduna i "dannati della terra": delusi dalle rivoluzioni, gente in fuga dalla giustizia e altri alla ricerca di un lavoro per vivere in modo non troppo diverso dai mercenari. Uomini che non hanno origini comuni e valori patriottici da difendere, ai quali si attaglia molto bene il "vincere o morire". Ma è il loro riconoscersi come corpo e la mistica della guerra a mantenerli uniti e fedeli l'uno all'altro. Sono, a ben vedere, una espressione militare, forse la più singolare in Europa, dell'epoca coloniale. In questo breve saggio "storico" del 1933 uno dei più intriganti scrittori francesi, Pierre Mac Orlan, "avventuriero" della parola, ce ne restituisce un'immagine ancora "romantica", senza nascondersi i lati meno edificanti della Legione.
15,00 14,25

Dei, geni e demoni incappucciati. Da Telesforo al «Moine Bourru»

Dei, geni e demoni incappucciati. Da Telesforo al «Moine Bourru»

Waldemar Deonna

Libro: Libro in brossura

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 177

Il saggio che qui si presenta, pubblicato nel 1955, si spinge dentro un territorio all'epoca poco esplorato: intende comporre una sorta di inventario delle forme visive e dei valori simbolici che convergono nella figura del cucullus, quella cioè connotata dal mantello con cappuccio. Il tema, apparentemente marginale, ma ricco di valori culturali e di significati simbolici, sotto la lente di Deonna rivela le sue lontane origini, che dal III secolo a.C., a Smirne e in Cirenaica, si allargano poi al mondo celtico, e infine si ritrovano ancora nel mondo etrusco e nell'epoca gallo-romana (fino a diventare una sorta di distintivo della cultura gallica). Il tipo sembra "sopravvivere" in una figura della cultura popolare, quella del Moine Bourru, sorta di uomo nero (Croquemitaine) incappucciato, che gli adulti evocavano ai bambini più piccoli per intimorirli e tenerli a bada. Ma, come fa notare fm dall'inizio Deonna, il mantello con cappuccio rimane in uso nel monachesimo cristiano lungo il Medioevo e la modernità, e ancora lo si ritrova nelle popolazioni ai poli opposti del pianeta, dagli eschimesi ai nomadi arabi, per non dire, nel suo aspetto più inquietante, dell'utilizzo che ne fanno alcuni gruppi politici come l'organizzazione razzista del "Ku Klux Klan" o, nella prima metà del Novecento, l'organizzazione filofascista francese "Cagoule".
19,50

Pasternak

Thomas Merton

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 92

Come lo stesso Merton osserva nell'ultima parte di questo libro, il segno principale da cui si riconosce il cristianesimo di Pasternak nella sua opera creativa è la libertà, che è anche una diversa concezione della storia rispetto alla visione sovietica che, già nel momento in cui Pasternak scrive "Il dottor Zivago", mostrava le prime crepe. Che per Pasternak sia una «idea della libertà personale e della vita come sacrificio», è soltanto una piena declinazione della verità, che molti suoi contemporanei nell'Urss hanno sperimentato e pagato di persona. Lungi dall'essere un'apologia cristiana di Pasternak, questo saggio del monaco Merton continua a sorprendere per la sua capacità di lettura trasversale fra le ragioni dell'arte e della letteratura e il grado di testimonianza che esse rendono al proprio tempo. Le qualità - estetiche del "Dottor Zivago" non sono una sovrastruttura borghese, come non lo è il senso religioso che vi spira dalla prima all'ultima pagina, ma una trasparente e fedele resa artistica della vita e della possibilità di far comprendere all'uomo quanto sia necessaria per allontanare dal nostro orizzonte le ombre di quella che già allora Merton definiva «l'alba fumosa di un'era apocalittica». Un monito anche per l'Occidente di oggi.
12,00 11,40

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