Rupe Mutevole

Pagine che sussurrano alle nostre emozioni e ci fanno bene, ci conducono in un mondo che dona consapevolezza. Dovremmo imparare a leggere fra le nostre azioni quotidiane e soffermarci su cosa davvero sia importante e le fiabe di Sanja Rotim hanno questo dono, ci insegnano che ogni azione potrebbe diventare un buon motivo per cambiare il nostro punto di orizzonte. Cambiare le visioni consuete per renderle uniche nella nostra memoria. Facciamo danzare la fantasia che a volte si abbraccia alla realtà per renderla leggera ad ogni passo. “Racconti di Natale” è la raccolta di fiabe vincitrice al premio letterario “Il Natale raccontato da Nonna Amelia” indetto da Rupe Mutevole nel 2024.

L’altro insieme agli altri non è solo, ma diviene un coro di voci che può sollevare e cambiare le sorti di un’umanità sofferente, un’umanità aggiungerei che sta correndo il rischio di disumanizzarsi. Un’umanità che non è più in grado di elaborare un dolore, un lutto, una perdita. Un’umanità che sta dimenticando di assaporare il tempo che le viene concesso. Un’umanità che non sa rallentare, che non sa prendere tempo per decidere la cosa giusta da fare o da dire. Viviamo come se fossimo agli argini di noi stessi, su lembi di isole che non ci riconoscono. Provo un senso di lontananza quando penso al mare, quando il Mediterraneo si agita e si schianta con le sue onde sui barconi dei clandestini. Quando le riprese dall’alto dagli elicotteri ci mostrano salvagenti vuoti, quando un corpo di madre tiene stretto a sé il corpicino del suo bambino e sul fondo del mare si addormentano per sempre. Ecco in quei momenti in cui la vita si fa feroce, la poesia in me si innalza a vessillo di una sana rivoluzione. Oltremare ci sarà un altro me che piange, un altro me che prega la notte, un altro me che non vuole morire sotto le bombe, un altro me che viene accudito in un letto, un altro me (...)

In questa raccolta di poetica traspare la sofferenza, la triste visione dell’abbandono, ma quello che più fa bene proseguendo la lettura è la trasformazione che l’autrice mette in atto nella sua anima. Si rivolge alla natura per alleviare il dolore e ne riceve risposte attese e sognate. Il mare e il cielo si incontrano per dar vita alla trasfigurazione. Mentre le riflessioni danzano, Annamaria Pajno indaga fra i sentimenti e propone una forma chiara nell’ombra tra mare e cielo mentre si materializza ogni respiro di sfumatura, ogni battito d’ali assetate di vento, e il mosaico di memorie si compone di nuove luci. Forse quei gabbiani custodiscono messaggi per un attimo di eternità e in un balzo dell’anima si percepisce tutta l’Essenza vissuta. Ma è un battito di ciglia, una lacrima della memoria e ogni cosa riprende il cammino, in una sintesi di ignoto percepito e desiderato, nel mistero dell’orizzonte.

"Madre, amante, complice, anima… la tristezza è seduzione e lenimento, condizione e necessità, tormento e dolcezza. È un’ala femminile che si fa pelle, imbozzolando nel calore del rifugio. Un dentro e fuori in cortocircuito, che dà adito a voci incluse in altre voci: dubbi, allontananze, disillusioni, derisioni, sberleffi… Tutto può affastellarsi, apparire, svanire, tra squarci di memorie e realtà. Un ciclico avvoltolarsi dove poche parole-tema (ombra, nebbia, neve…) metamorfizzano il tempo, lo rinnovano – immutabile e pur sempre mutato – nella ricerca d’un guado, d’un passaggio, d’un oltre da varcare. Allontanando, sì, ma solo quel tanto che basta per non essere troppo distante, per rimanere sé, integro, e nel contempo tristezza, in una simbiosi che è un camminare al fianco". (Alfonso Cipolla)

Ha ancora senso leggere ai nostri bambini le filastrocche? Talvolta ancora oggi nella scuola dell’infanzia le si impara per apprendere i mesi, i giorni, le stagioni o i numeri o il nome degli animali o dei fiori. Una volta era consuetudine insegnarle anche alla scuola primaria e oltre, o ripeterle per gioco a casa. E oggi? In questa nostra era di internet, di giochi al computer, di smartphone dati fin da piccoli ai nostri bambini per passare il tempo, perché leggere e scrivere filastrocche? Dal mio punto di vista i motivi sono tanti. In primo luogo per ridere, per divertirsi con i giochi di parole o con le situazioni più assurde e quindi ridicole o paradossali, senza senso, almeno apparentemente, perché a pensarci bene, a leggerle soffermandosi sui particolari, un senso lo si trova sempre, nascosto tra le rime. In secondo luogo per imparare, appunto. Che cosa? Certamente i giorni della settimana o le ore dell’orologio e tantissimo altro, ma anche il valore dei sentimenti, delle emozioni, l’importanza dei comportamenti quando, in quelle piccole storie che sono le filastrocche, troviamo l’amicizia, la solidarietà, la sincerità, la gentilezza, l’empatia, il rispetto per l’altro. Età di lettura: da 7 anni.

Il libro è composto da un condensato di tre diari manoscritti. Il primo, dove descrive la sua infanzia è stato con ogni probabilità scritto durante i mesi che ha trascorso presso le scuole di formazione di Pola. Il secondo è uno dei quattro diari di guerra che è rimasto in nostro possesso ed è un vero e proprio diario di guerra ove giornalmente annota tutto quanto accade durante l’imbarco sul Vivaldi. Un terzo diario, che si compone di tre quaderni, inizia a scriverlo a casa nel 1969. In questi tre quaderni riporta le sue memorie di quel che ha passato durante il periodo bellico; le vicissitudini, le peripezie, gli scampati pericoli, l’incontro con colei che, il due dicembre del 1944, diverrà la sua sposa ancora nel pieno della guerra. Quest’ultimo diario è rimasto incompleto in quanto muore in circostanze tragiche, come riportato all’inizio di questa sorta di prefazione o per meglio dire sintesi di quanto troverete scritto su questo libro.

Poesie oltre lo sguardo nelle strade percorse, nei passi che portano alla scoperta di un dettaglio, di un sentimento oppure di un momento che rimane nel tempo. Immagini fresche e presenti nel quotidiano della memoria mentre le esperienze conosciute hanno il desiderio di un nuovo viaggio senza limiti fra tempo e spazio. Sguardi e incontri che lavorano trame di tessuto e narrano, a chi sa leggere fra le pause e sopra le righe, quelle impronte lasciate senza dimenticanze. Chi le riconoscerà, immaginando ogni attimo, camminerà fra gli stati d’animo che proiettano immagini e solcano orizzonti. Ogni dettaglio distingue un giorno dall’altro e si immergerà in ogni sensazione, pronta a creare meraviglia.

«Gli ambiti delle relazioni, del lavoro e anche del divertimento sono ormai diventati, seguendo la nuova metafora, le nostre insidiose giungle: cerchiamo di procacciarci le risorse per sopravvivere e spesso gli altri sono dei temibili predatori da cui difenderci ed è sempre più difficile trovare un rifugio sicuro in cui accoccolarci e recuperare fino in fondo le energie spese e godere di quello che si è conquistato. A volte siamo simili a una zebra, altre volte siamo simili a un leone, ma qualcuno si è mai preso l'onere di interrogare il mondo animale per raccogliere un suo punto di vista? Gli autori di questo libro hanno dato vita a questo dialogo dando corpo a una conversazione "possibile" tra aspetti diversi della "cura", facendo quello scomodo esercizio di superare l'evidente differenza e accollandosi nello stesso tempo il rischio di non farla» (dalla prefazione di Matteo Canato)

"Per l'essere" rivela strati di Bellezza in una dimensione sovrasensibile. È un libro che invita l'umano alla completezza della sua latente coscienza di Essere, nella magica e sterminata energia della Natura. Nei Giardini di Bellezza l'Essere si completerà e si definirà.

Ogni favola una morale, ogni filastrocca il suo insegnamento. All'interno del libro schede riassuntive per laboratori didattici. Età di lettura: da 7 anni.

Da osservatrice acuta e dall’animo delicato, nella libera espressione del suo viaggio personale, la scrittrice esprime emozioni in modo efficace e coinvolgente, offrendo uno spaccato esistenziale dei suoi affetti, e con maestria fa sì che il lettore rifletta sui versi scritti con uno stile semplice e fluido. Nel suo mondo fatto di immediatezza ella si ferma e resta in silenzio, nel momento in cui coltiva l’attenzione a sé e intorno a lei, mentre incontra deserti interiori, spaesamenti, fatica, dolore e gioia in un contatto con l’io autentico, ma soprattutto con un’intensa partecipazione all’esistenza, così come le viene incontro. (Dalla prefazione di Mary Potenza)