Edizioni Alegre: Futuro Anteriore
Né verticale né orizzontale. Una teoria dell'organizzazione politica
Rodrigo Nunes
Libro: Libro in brossura
editore: Edizioni Alegre
anno edizione: 2025
pagine: 384
Viviamo in un'epoca in cui non mancano i movimenti sociali ma sono scomparse le organizzazioni di massa. In società sempre più atomizzate, in cui le identità collettive si sono rarefatte e dove i social network danno l'impressione a chiunque di potersi mobilitare senza doversi radicare in nessun luogo. L'idea stessa di organizzazione è diventata un "trauma", a causa dei leaderismi e delle burocratizzazioni viste e riviste nel corso della storia. L'organizzazione ha però la doppia natura del pharmakon: è allo stesso tempo veleno e cura. Organizzarsi è infatti l'unico modo per permettere a chi non ha potere di espandere la propria capacità di agire in un mondo attraversato da enormi diseguaglianze e oppressioni. Per questo Rodrigo Nunes costruisce una nuova teoria dell'organizzazione politica, ridefinendo i termini del problema e liberando il campo dall'idea che esista una forma organizzativa - che sia un partito, un sindacato o un movimento - da replicare universalmente. Per decenni i dibattiti a sinistra hanno avuto la tendenza a fissare concetti contrapposti come orizzontalità e verticalità, differenza e unità, centralizzazione e decentramento, micropolitica e macropolitica come coppie disgiuntive che si escludono a vicenda: o l'una o l'altra. Nunes capovolge i presupposti abituali e propone di adottare una prospettiva ecologica, inquadrando la molteplicità delle strategie e delle organizzazioni come un ecosistema. Un approccio teorico che permette di valorizzare la cooperazione e la convergenza, e di sfruttare a proprio vantaggio la pluralità e l'eterogeneità dell'attuale fase politica e sociale.
Lo strano caso del debito italiano. Storia di un'anomalia divenuta globale
Marco Bertorello, Danilo Corradi
Libro: Libro in brossura
editore: Edizioni Alegre
anno edizione: 2023
pagine: 368
La storia del debito pubblico dall'Unità d'Italia a oggi mostra una realtà diversa dalla narrazione secondo cui l'inefficienza dell'economia italiana sia dovuta unicamente alla spesa fuori controllo e alla corruzione. A essere rimosso è infatti il ruolo dell'impresa privata nostrana e dei suoi protagonisti. Se dal 1861 alla nascita della Repubblica le impennate dell'indebitamento si spiegano sostanzialmente con le avventure belliche, la sua crescita anomala dopo gli anni Sessanta non fu frutto della spesa sociale - rimasta inferiore agli altri paesi avanzati - ma del sostegno a un'industria privata fragile, che faticava a reggere la conflittualità operaia e la concorrenza internazionale. Dopo la fine del boom economico l'impresa pubblica assorbì aziende decotte e soccorse un capitale privato in ritirata dal rischio d'impresa, con sussidi diretti alle aziende superiori alla media europea e con una pressione fiscale molto generosa con profitti e rendite. Nel periodo successivo alla crisi del 2008 i debiti pubblici sono però cresciuti ovunque. Il mondo tende a italianizzarsi e i vecchi parametri di Maastricht oggi non sarebbero rispettati da quasi nessun paese rilevante. Per la sua particolare storia economica, l'Italia sembra aver anticipato la tendenza globale di un capitalismo in crisi, sempre più bisognoso di assistenza statale, disposto solo a investimenti a breve termine e ad agire in settori con rendita garantita. Affrontare il tema del debito pubblico significa allora mettere in discussione il paradigma economico della finanza che, nel tentativo di rinviare problemi strutturali, non ha risolto il problema della crescita e ha aumentato le diseguaglianze. Tenendoci sempre sul bordo del precipizio.
È troppo tardi per essere pessimisti. Come fermare la catastrofe ecologica imminente
Daniel Tanuro
Libro: Libro in brossura
editore: Edizioni Alegre
anno edizione: 2020
pagine: 240
Lo sviluppo della conoscenza umana permette grandi possibilità di previsione, ma le élite politiche ed economiche restano sorde e cieche di fronte alle evidenze sulle minacce ecologiche. È successo ai virologi che preconizzavano la comparsa di altri virus dopo la Sars, succede da anni a chi denuncia che il cambiamento climatico rischia di produrre la più grande minaccia alla vita nella storia dell'umanità, di cui il Covid-19 è solo un avvertimento. Il motivo è la subordinazione della politica alla legge del profitto, assunta come naturale e ineludibile anche da alcune analisi scientifiche che finiscono per dare indicazioni insufficienti seppur ugualmente disattese. Daniel Tanuro, in modo semplice e ampiamente documentato, mostra perché restano pochi anni per adottare le misure necessarie per fermare la catastrofe ecologica. E lo fa passando al setaccio i fallimenti delle conferenze internazionali sul clima, smontando le tesi dei neomalthusiani ossessionati dalla demografia, di coloro che prefigurano l'inevitabilità del «collasso» e degli apprendisti stregoni che pensano di risolvere il problema con la geoingegneria. Si scaglia infine contro i sostenitori del «capitalismo verde» che credono che la transizione ecologica, se guidata dalla «mano invisibile del mercato», possa diventare un grande business. La tesi dell'autore è che il capitalismo sia incompatibile con l'ecologia e che serva un cambiamento di sistema, smettendo di «produrre per produrre» e di «consumare per consumare», guardando ai bisogni sociali degli esseri umani. Per questo non bastano tasse, incentivi, «sforamenti temporanei» delle emissioni e «compensazioni» dell'inquinamento prodotto. Serve una pianificazione ecologica per produrre di meno, trasportare di meno, lavorare di meno e condividere di più. Un progetto ecosocialista che miri a un cambiamento di paradigma, rompendo con la logica ecocida e perversa dell'accumulazione capitalistica e con i retaggi produttivisti della stessa storia della sinistra.
Marx nei margini. Dal marxismo nero al femminismo postcoloniale
Libro: Copertina morbida
editore: Edizioni Alegre
anno edizione: 2020
pagine: 332
Colonialismo, imperialismo e razzismo sono stati al centro della riflessione marxista sin dagli inizi. Nonostante ciò il marxismo tradizionale è una costellazione teorico-politica genealogicamente occidentale ed eurocentrica, la cui bianchezza non sta tanto nel colore della pelle dei suoi pensatori ma nella tendenza ad assolutizzare le circostanze storico-geografiche occidentali dello sviluppo del capitalismo, trascurando la materialità culturale ed economica del colonialismo e del razzismo, letti come tipologie di sfruttamento particolari e non costitutive. L'obiettivo è «decolonizzare il marxismo» reinterpretando l'analisi classica in funzione delle diverse contingenze globali e dell'irruzione di soggetti storici imprevisti rispetto alla tradizionale classe operaia. Per eliminare le pieghe bianche del marxismo gli autori guardano al contributo di studiosi che, senza rinnegarlo, se ne collocano nei margini e lo spingono a fare i conti con alcune rigidità partendo dai suoi limiti riguardo la questione razziale e di genere. Oggetto dei saggi raccolti sono pensatori non occidentali come Aimé Césaire, Gayatri Spivak, C.L.R. James, Huey P. Newton e il Black Panther Party, Claudia Jones, Amílcar Cabral, José Carlos Mariátegui, o europei come Raymond Williams e Louis Althusser mai affrontati prima nei loro contributi a una distensione anticoloniale del marxismo. Un incontro tra il pensiero anticoloniale non occidentale e il marxismo classico europeo che ne libera tutte le potenzialità teoriche emancipative.
Mutualismo. Ritorno al futuro per la sinistra
Salvatore Cannavò
Libro: Copertina morbida
editore: Edizioni Alegre
anno edizione: 2018
pagine: 191
La crisi storica della sinistra e di ciò che è stato il movimento operaio chiede uno sforzo eccezionale di fantasia e sperimentazione per ricominciare. Ma per guardare al futuro occorre tornare "la dove tutto è cominciato". Nel corso del Novecento le caratteristiche basilari del movimento operaio delle origini, imperniate su mutualismo e solidarietà di classe, sono state relegate al ruolo di ancella. La socialdemocrazia ha fondato la propria politica sul consenso elettorale come viatico per conquistare lo Stato e migliorare le condizioni di vita dei lavoratori. I partiti comunisti sono stati sopraffatti dal crollo del socialismo reale. Partito e sindacato hanno rappresentato le forme principali della politica e, facendosi Stato o dipendendo dallo Stato, hanno progressivamente prodotto organizzazioni centralizzate, fondate sulla delega e soggiogate dalle burocrazie. Oggi questi strumenti appaiono spuntati perché la forza materiale che dovrebbe sospingerli è dispersa o atomizzata, quello che era il "partito di massa" è divenuto "partito-istituzione", e gli stessi sindacati tradizionali vivono una crisi lacerante e un'assenza di contatto con le giovani generazioni divenute precarie a tempo indeterminato. Perdendo i propri ancoraggi sociali la sinistra ha finito per gestire un compromesso sociale al ribasso, ergendosi a puntello del sistema economico liberista. Occorre allora riappropriarsi delle pratiche all'origine del movimento operaio, ricucendo il filo delle individualità sociali per riscoprire l'efficacia della cooperazione e il valore fondativo della solidarietà. Il libro ripercorre la storia e i dibattiti delle esperienze di autogestione e mutualismo dalla fine dell'Ottocento ad oggi, mostrando l'impasto su cui poggiare i mattoni di una nuova credibilità politica. Si tratta di un mutualismo politico e conflittuale perché non accetta la dimensione di lenitivo delle diseguaglianze e non si integra in un processo di smantellamento dello stato sociale. Anzi. Affermando la propria capacità di autogoverno, indica un'idea alternativa di democrazia e di società.
Le fabbriche recuperate. Dalla Zanon alla RiMaflow un'esperienza concreta contro la crisi
Andrès Ruggeri
Libro: Libro in brossura
editore: Edizioni Alegre
anno edizione: 2014
pagine: 190
Le "fabbriche recuperate", abbandonate dagli imprenditori e poi occupate e rimesse in moto direttamente dai lavoratori, sono una delle esperienze più interessanti dell'Argentina uscita dalla grande crisi del 2001. Da allora più di 300 imprese fallite sono tornate in funzione, salvando oltre 15.000 posti di lavoro e dando vita ad un processo di autogestione inedito che continua e che, sull'onda della crisi globale degli ultimi anni, è divenuto esempio di resistenza anche in Europa. In Italia troviamo la RiMaflow a Milano e le Officine zero a Roma, ma si contano esperienze anche in Francia, Grecia e in altri paesi del vecchio continente. Andrés Ruggeri, grazie ad un lavoro di ricerca di oltre dieci anni, indaga questa realtà senza idealizzarla ma provando a comprenderne la complessità, i sacrifici, le difficoltà e le sconfitte nella costruzione di unità economiche che non solo devono fornire lavoro e sostentamento per coloro che le portano avanti, ma anche contribuire a creare forme di gestione collettiva, democratica e, soprattutto, senza sfruttamento. L'autore approfondisce così l'ipotesi dell'autogestione, sequestrata nel Novecento dalle burocrazie e dagli errori di un movimento comunista internazionale dominato dallo stalinismo e da tendenze socialdemocratiche, e che oggi può offrire un terreno prezioso per impostare un nuovo inizio per le sinistre in crisi.
Lotta di classe sul palcoscenico. I teatri occupati si raccontano
Lidia Cirillo
Libro: Copertina morbida
editore: Edizioni Alegre
anno edizione: 2014
pagine: 125
Sono attori, registi, musicisti, grafici, fumettisti, tecnici video, guardasala, traduttori, macchinisti, ed hanno reagito alla nota frase di un recente ministro dell'economia secondo cui "con la cultura non si mangia". Le occupazioni dei teatri e dei luoghi di cultura non sono un episodio marginale nel conflitto sociale degli ultimi anni in Italia e hanno coinvolto migliaia di persone. In un tempo di diffidenza verso le attività culturali, hanno portato il lavoro artistico fuori dall'aura di eccezione o privilegio, sono andate oltre la semplice definizione di "lavoro immateriale", e hanno messo a fuoco le proprie condizioni materiali di vita, per molti versi simili a quelle di molti altri lavoratori precari. In questa ricerca l'autrice dialoga con alcune delle occupazioni in atto, che offrono un esempio concreto di ciò che possono figure sociali prive di propri specifici luoghi di aggregazione, e sperimentano l'autogestione produttiva di lavori troppo spesso classificati come improduttivi. E pur rifiutando di definirsi "avanguardia" - artistica o politica - ripropongono in forma nuova e diversa il tema del ruolo dell'intellettuale creativo nei conflitti politici.
Come si esce dalla crisi. Per una nuova finanza pubblica e sociale
AA.VV.
Libro: Copertina morbida
editore: Edizioni Alegre
anno edizione: 2013
pagine: 255
Dal 2007 la crisi non fa che peggiorare i suoi effetti economici e sociali, e i grandi economisti continuano a proporre come rimedio politiche di austerità, per poi scoprire che sono le stesse che l'hanno causata. In questo libro, 11 originali contributi di economisti e attivisti sociali, frutto di oltre due anni di confronti pubblici, analizzano e smontano le teorie del debito pubblico fuori controllo, identificano i passaggi essenziali per determinare una reale equità fiscale, scoprono i nessi finanza/lavoro, tematizzano le opzioni di riconversione ecologica della produzione e illuminano le pratiche di autogestione eco-produttiva, giungendo a proporre un'innovativa forma di finanza pubblica, in primis attraverso la riappropriazione sociale di Cassa Depositi e Prestiti.
Mitocrazia. Storytelling e immaginario della sinistra
Yves Citton
Libro: Copertina morbida
editore: Edizioni Alegre
anno edizione: 2013
pagine: 271
"Mitocrati di tutti i paesi, raccontiamoci delle storie!". È questo l'invito con cui si chiude l'originale testo di Citton che, analizzando il modo in cui una storia può orientare i comportamenti del pubblico, non si accontenta di denunciare come la società capitalista utilizzi i mass media per veicolare storie e miti che addormentano le coscienze. Al contrario individua la crisi della "sinistra" proprio nell'incapacità di raccontare delle storie convincenti. Negli ultimi vent'anni infatti la "destra" (autoritaria, neoliberale e xenofoba) è riuscita a diffondere un insieme relativamente coerente di storie, immagini, fatti di cronaca, paure che si alimentario reciprocamente all'interno di uno stesso "immaginario di destra", tanto da aver colonizzato i discorsi di numerosi dirigenti di partito che si rivendicano di "sinistra", oscurando nel senso comune oltre cento anni di epos dell'emancipazione legata al movimento operaio. Attingendo al pensiero filosofico di Spinoza, Tarde, Foucault e Deleuze, e discutendo di teoria letteraria con riferimenti a Eschilo, Diderot, Sun Ra e al collettivo Wu Ming, l'autore invita a cogliere la potenza emancipatrice del racconto. Non tanto per ricostruire un sistema di idee, coerente e totalizzante, bensì piuttosto un bricolage di immagini frammentarie, intuizioni vaghe, folli speranze e miti interrotti che prendano insieme la consistenza di un nuovo immaginario.
Elogio della politica profana
Daniel Bensaïd
Libro: Copertina morbida
editore: Edizioni Alegre
anno edizione: 2013
pagine: 397
Nell'epoca delle spoliticizzazioni, in cui la politica viene annientata dal dispotismo del mercato e la democrazia sprofonda nel plebiscito sondaggistico, Bensaïd sente l'urgenza di ridefinire linguaggi, orizzonti e cultura in grado di rifondare la politica nella sua accezione più nobile, la "politica profana". Stiamo attraversando una lunga transizione in cui le condizioni spaziali e temporali della politica sono profondamente mutate, l'antico ordine statuale vacilla ma non è abolito, il vecchio Stato sociale degenera in Stato sicuritario e disciplinare, e il popolo dei cittadini si disgrega in gruppi, comunità e tribù. Gli spazi vissuti e gli spazi di rappresentazione non si incontrano più, e lo stesso spazio dell'impresa si frantuma e si segmenta producendo scomposizioni senza ricomposizioni. Questa crisi d'orientamento rivitalizza dottrine religiose minacciando di rovesciare la logica di secolarizzazione tipica della "modernità". La politica rischia allora di ricadere nel sacro, come abbiamo visto nelle prediche di coloro che hanno dipinto la "guerra globale al terrorismo" come nuova guerra santa, e nella gestione tecnica dell'esistente che finisce per produrre i peggiori fenomeni di burocratizzazione e corruzione. Per rispondere a questa crisi della politica, l'autore non si accontenta delle proposte postmoderne che facendo l'apologia del "liquido" contro il "solido" rinunciano alle grandi narrazioni. Propone di riattualizzare il concetto gramsciano di "egemonia"...
Le relazioni pericolose. Matrimoni e divorzi tra marxismo e femminismo
Cinzia Azzurra
Libro
editore: Edizioni Alegre
anno edizione: 2010
pagine: 128
America, no we can't. Le speranze deluse e le prospettive della politica Usa
Noam Chomsky
Libro: Libro in brossura
editore: Edizioni Alegre
anno edizione: 2010
pagine: 399
"Le elezioni presidenziali del 2008 hanno visto per la 'prima volta' alla Casa Bianca un presidente nero. Questo ha generato speranze e attese per il futuro della politica Usa. Ma sono state anche elezioni dominate, come sempre, dal denaro e dal candidato che ha usufruito dei maggiori finanziamenti. Un funzionamento di fondo della società americana - 'una società diretta dal mondo degli affari' - che rappresenta il filo conduttore con cui Chomsky ricostruisce la storia della politica estera Usa, la sua continuità storica, in una critica che coinvolge lo stesso Obama, soprattutto per le sue politiche in America Latina e Medio Oriente. "La speranza autentica della campagna di Obama è che 'l'armata popolare' organizzata per ricevere istruzioni dal capo possa liberarsi e ritornare ai 'vecchi modi di fare politica', con la diretta partecipazione all'azione".