Il demone odisseo di questa raccolta di Zevio può essere riassunto da una formula classica, così prossima all’assenza, nel cui nome il libro si apre. Tale formula è propriamente il ‘dolore del ritorno’, o nostalgia. Una nostalgia che, come dirò in seguito, chiarisce strada facendo la sua sostanza, ma che si concretizza da subito in un continuo girovagare in sé e per le strade del mondo. Come se l’ubi consistam non esistesse, o non lo si volesse davvero trovare. "Liriche randagie", in questo senso, è anche il resoconto di un viaggio interminabile verso luoghi di cui non si è mai sazi, forse perché non è da un luogo fisico che si è partiti e non è propriamente verso un luogo che si vorrebbe ritornare. Letteralmente parlando, Liriche randagie è il diario di un’utopia. Dolore, certo, che il poeta riesce, grazie alla propria maestria stilistica e alla padronanza di molti strumenti linguistici e culturali, a stemperare in una polifonia mai monotona .L’esperienza di performer, l’abitudine a rapidi transiti dalla parola orale a quella scritta e viceversa, è certamente d’aiuto. (Dalla Prefazione di Alessandra Paganardi)
Liriche randagie
Titolo | Liriche randagie |
Autore | Francesco Zevio |
Prefazione | Alessandra Paganardi |
Editore | Collezione Letteraria |
Formato |
![]() |
Pagine | 100 |
Pubblicazione | 01/2021 |
ISBN | 9788831428415 |