Leonida

Con questo libro il giovane scrittore Giovanni Mallimaci ci invita a essere sensibilmente intimi, a essere veri, e ci consegna alcuni frammenti di vita da leggere con l'anima di un bambino, del proprio bambino interiore. Perché solo grazie a lui possiamo ritrovare quella luce che dentro di noi sembra spenta. Con il nostro io-bambino possiamo riaccendere le vie, stringere le stelle e dare luminosità al percorso, avendo un lume da seguire. Ma per farlo ci vuole il coraggio di essere bambini. Allora, chiudendo gli occhi e alzando lo sguardo, non vedremo più un cielo vuoto e pigro, ma un universo pieno di stelle che attendono solo una mano su cui posarsi…

Camilla è la storia di una giovane donna alle prese con le sfumature della vita. In compagnia di una potente e inconsapevole energia propulsiva, vive ogni avvenimento come un discorso incarnato, attraversando crisi e giungendo a catarsi, sino all’atto più ribelle di tutti: mettere al mondo se stessa. "Si conobbe attraverso gli incontri con gli altri, quelli che le avevano fatto male e quelli che cercavano di volerle bene. Conoscendosi si innamorò di lei, tra alti e bassi imparò a praticare la gentilezza verso se stessa e capì come fare le sue scelte."

La notte prima dell’apertura del parco divertimenti Boscoland è stato commesso un terribile crimine. Gli abitanti del bosco sono nel panico, ma non la detective Beretta che tramite l’ufficio investigativo “Beretta & Oscar” avvia da subito le indagini. Il caso si rivela complicato, la posta in gioco è altissima: la tanto attesa apertura di Boscoland! Età di lettura: da 7 anni.

Una storia imperniata sui devastanti effetti della cultura dello spettacolo sulle nuove generazioni, vista attraverso gli occhi di alcune persone nate molti anni prima della rivoluzione provocata dall’avvento dell’era digitale, del web e dei social media. Travolte loro malgrado dall’onda anomala capace di spogliare di qualsiasi creatività e coscienza tutte le arti, dallo spettacolo alla musica, e soprattutto di minacciare direttamente l’intelligenza stessa dei più giovani individui.

La terra d’Ucraina, la guerra, i massacri, il silenzio e l’urlo dopo gli assalti occupano una porzione importante del libro, parla di nomi, di uomini e donne, di persone, di città e villaggi evocati come entità vive che ora sono state ridotte a macerie e silenzio. Una tecnica nitida e consolidata, ha consentito all’autrice di strutturare le poesie attorno ai pilastri di sostegno di alcune parole […]: il delirio di potenza, il senso di morte, la distruzione di un mondo e di un modo di vivere, la negazione dell’umanità nell’accezione di fratellanza e condivisione […]. Il silenzio delle cetre finirà nel momento in cui si potrà udire di nuovo l’eco della bellezza libera e incondizionata e dell’amore.

Clara, Diego, Riccardo, Margherita e Filippo hanno in comune un sentimento soffocante e opprimente, che li priva di energie e li intrappola in un'esistenza di sofferenza interiore e delusione, a tal punto da portarli a rinunciare perfino alla speranza di potersi risollevare. Quello che non sanno è che il destino ha in serbo per loro di riunirli attorno a uno stesso tavolo in un pub: a seguito di una serie di incontri casuali, difatti, scopriranno di essere tutti ugualmente perseguitati da questo tormento, al che le loro vite si intrecceranno in un legame d'amicizia indissolubile. Attraverso la reciproca solidarietà riusciranno a spronarsi a vicenda a tornare a sperare di poter essere felici e a combattere quel comune malessere che, insieme, hanno ribattezzato "il Dolore del Silenzio".

"Dirsi quanti eravamo che non siamo" Finisce la rincorsa alla luce appena l’onda epilettoide accende l’interruttore del nulla che intontisce nel riproporre il suo carattere cronico e druidico. Opacizza la nettezza al risveglio, vela l’occhio e sonnecchia di giorno ciò che finisce in sonno, nel nulla, nella solita inconoscibile bolla dentro cui precipita il riposo, dentro cui si muore per risorgere, e felici nel risorto guardarsi e contarsi, dirsi quanti eravamo che non siamo.

"Respirando il tempo nasce dal desiderio, o meglio dal bisogno, di metabolizzare un vuoto e un dolore vissuti dopo la morte dei miei genitori. A loro, infatti, sono dedicate le prime due poesie di questa silloge, "Essenza" e "Respiro", le prime che ho scritto. [...] Le parole di questa silloge hanno dato conforto alle mie lacrime, mi hanno ricordato che l’amore vissuto è "per sempre" e mi hanno regalato la certezza che ogni giorno può, e deve, essere passato, presente e futuro". Dalla nota dell'autrice.

"To have another language to have another soul". "Ecco il pensiero con cui vorrei introdurre il nostro viaggio nelle poesie di Amrita [...]. Questo piccolo testo è un’antologia di pensieri, un’essenza di parole, che chi scrive ha raccolto durante il suo camminare nella nostra lingua italiana. Probabilmente, la forma della poesia le permette maggiore libertà nell’uso della lingua e ne crea quasi uno stile. Forse per questo, le parole risultano elementi autonomi, raccolti nel bosco della vita [...]". Dalla Prefazione di Mariagrazia Orlandi.

Rino e Geremia svolgono vita parallela nella terraferma veneziana dalla nascita fino all’acquisizione del lavoro nella stessa azienda. Diventano cognati, perdono assieme il lavoro e lo ricercano nella città lagunare tenendo all’oscuro le mogli. Per una circostanza particolare, i ruoli tra i due si dividono. Da postazioni diverse sono testimoni di un susseguirsi di fatti di non immediata interpretazione. Di questi si considerano i moventi, le emozioni, i comportamenti e le relazioni. Sei mesi intensi che li scuoteranno e determineranno la provocazione di una quasi liberazione delle loro menti, se non fossero le mogli, venute a conoscenza, a riportarli all’origine con l’astuzia del carico di doveri.

Cassandra è una ragazza con un’innata empatia con gli elementi accompagnata dalla passione per la chimica e i rebus. La notizia di un particolare fatto di cronaca nera la induce a voler indagare sul giallo, quindi intraprende un viaggio attraverso città e contrade siciliane. In questo percorso sarà fondamentale l’aiuto di alcune donne dell’antica Engyon che le daranno consigli e formuleranno per lei antichi riti. Ma la ragazza sarà presto costretta a una corsa per la vita e messa di fronte a un ultimo, complicato rompicapo. Tra realtà, leggenda e fantasia, Maria Galvagno costruisce una trama che incuriosisce, intrattiene e coinvolge il lettore nella ricerca della verità.

Un’organizzazione segreta, un’isola misteriosa, il passato abitato da Celeste (contemporaneo ai giorni nostri) e il futuro abitato da Beatrice si intersecano in un presente ambientato nel XXII secolo. Le due donne affrontano con coraggio e determinazione ciò che apparentemente non può essere modificato, rappresentando le parti di una stessa umanità e di uno stesso progetto. La “legge sulla morte definita”, promulgata nel 2080, introduce l’imposizione della data di fine-vita per i malati incurabili, ma non tutte le persone si sottomettono alla legge e molte lottano per cambiarla, affinché l’interruzione dell’esistenza rappresenti una scelta e non l’esercizio dispotico di una tirannia. Che cosa hanno a che fare i personaggi del tempo di Celeste con tutto questo?