Einaudi: Saggi
Le vie del freddo. Storia del ghiaccio e della civiltà
Max Leonard
Libro: Libro rilegato
editore: Einaudi
anno edizione: 2025
pagine: 368
Il ghiaccio è tanto solido quanto sfuggente, può tramutare in polvere una montagna e affondare la più grande nave mai costruita dall’uomo, eppure basta che la temperatura della Terra si alzi ancora di qualche grado per farlo sparire per sempre dal mondo naturale. Max Leonard ci racconta la storia della civiltà attraverso un punto di vista che rischiamo di non poter più conoscere; un appassionato canto d’amore per quanto stiamo perdendo in questi tempi di stravolgimenti climatici: il freddo. Quand'è l'ultima volta che avete visto davvero del ghiaccio? Ormai di rado lo possiamo osservare nella gran parte delle nostre città, durante inverni sempre più caldi. Mentre dappertutto i ghiacciai stanno letteralmente scomparendo: esempio plastico e drammatico del cambiamento climatico. E il «semplice» cubetto che mettiamo in una bibita non lo notiamo neanche, lo diamo così per scontato da diventare invisibile; invisibile come il costo energetico che ha produrlo e conservarlo. Ma non c'è nulla di scontato nel ghiaccio: è anzi un elemento che definisce la civiltà umana tanto quanto il fuoco. Una sostanza curiosa e paradossale, che esiste e non esiste, e può diventare uno specchio attraverso cui vedere noi stessi da un'angolazione nuova e inaspettata. Il ghiaccio ha influenzato il nostro sviluppo dalle profondità della preistoria, ha accompagnato gli agricoltori e i pastori nomadi e ha iniziato a essere sfruttato come risorsa quando sono emerse le prime grandi civiltà. Senza il ghiaccio, la scienza non avrebbe fatto molti dei suoi passi in avanti, non potremmo nutrirci come facciamo oggi né sottoporci a molte delle terapie mediche che ci salvano la vita. Senza il ghiaccio, le metropoli, le campagne e gli oceani sarebbero molto diversi e i nostri musei e biblioteche non conserverebbero molti dei capolavori che più amiamo. Max Leonard traccia in queste pagine una storia culturale, naturale ma soprattutto umana. Sulla scia dei grandi scrittori di natura, intreccia i racconti delle esplorazioni avventurose dei primi pionieri della montagna, quelli delle spedizioni scientifiche e quelli delle opere d'arte e letterarie, accompagnando il lettore in un meraviglioso viaggio nello spazio e nel tempo.
La Luna. Miti, scienza e mappe
Libro: Libro rilegato
editore: Einaudi
anno edizione: 2024
pagine: 256
Il nostro rapporto con la Luna è sempre stato sospeso tra scienza e leggenda; gli antichi da un lato intuivano e studiavano il suo ruolo all’interno di fenomeni terrestri come le maree e, dall'altro, si lasciavano sedurre immaginando i suoi influssi magici e le creature fantastiche che la abitavano. E ancora oggi, malgrado i potentissimi telescopi e le missioni spaziali, a chi non è capitato di indulgere in fantasticherie osservando la Luna splendere di luce riflessa nel buio della notte? “La Luna” ci accompagna in un viaggio tra i miti, che dalle origini dell’umanità ha ispirato l’astro più vicino al nostro pianeta, e le conquiste scientifiche che nel corso degli ultimi sessant’anni ci hanno permesso di esplorarlo e conoscerlo più a fondo. Un viaggio che parte dagli antichi Egizi e, passando tra suggestioni astrologiche, arte, letteratura e cinema arriva ai robot che oggi portano avanti la ricerca spaziale; un itinerario da percorrere accompagnati dalle mappe originali elaborate in preparazione della missione Apollo del 1969.
L'albero nella pittura
Zenon Mezinski
Libro: Libro rilegato
editore: Einaudi
anno edizione: 2022
pagine: 204
Questa storia illustrata della rappresentazione dell’albero in pittura ci consente di comprendere la costruzione, lo sviluppo e le molteplici soluzioni di un motivo che nei secoli è diventato un importante soggetto a sé stante nelle arti figurative occidentali. Che sia solitario o parte di un insieme, frondoso, spoglio, in gemmazione o fiorito, la rappresentazione di un albero impone il superamento di una serie di difficoltà tecniche e costituisce una vera sfida formale per l’artista. Molteplici fonti consentono di tracciare efficacemente le diverse pratiche messe in atto dai pittori: lo sviluppo di ricette d’atelier, la circolazione di modelli arborei esemplari, la pratica pittorica svolta nel cuore stesso della natura; sono tantissimi gli approcci e i percorsi che ci permettono di entrare nel grande laboratorio artistico legato agli alberi e al paesaggio in epoca moderna. E come interpretare quelle opere che pongono in primo piano la figura dell’albero? Dalle rappresentazioni nel XVI secolo di foreste selvagge che evocano deserti eremitici alla precoce consapevolezza ecologica nel XIX secolo, da Giotto e Dürer a Klimt e Hockney, dai romantici tedeschi agli impressionisti francesi, l’ampio spettro di interpretazioni ci obbliga a interrogarci sulla costruzione e l’intensità dei nostri rapporti con il paesaggio e la natura.
L'età del legno. Come un unico materiale ha plasmato l'intera storia dell'umanità
Roland Ennos
Libro: Libro rilegato
editore: Einaudi
anno edizione: 2021
pagine: 288
«Le fondamenta del nostro rapporto con il legno risiedono nelle sue straordinarie proprietà. È un materiale strutturale versatile che non ha paragoni in tal senso. È più leggero dell'acqua, eppure, a parità di peso, è duro, tenace e resistente come l'acciaio e resiste alla trazione e alla compressione. È facile da sagomare, visto che si spacca facilmente nel senso della venatura, ed è abbastanza tenero da essere tagliato, soprattutto quando è verde. Si trova in formati abbastanza grandi da sorreggere una casa, ma può essere tagliato in utensili delle dimensioni di uno stuzzicadenti. Può durare secoli, se mantenuto costantemente asciutto o umido, o anche bruciare, per tenerci al caldo, per cuocere il cibo e per azionare innumerevoli processi industriali. Con tutti questi vantaggi, il ruolo centrale del legno nella storia dell'umanità non appare solo comprensibile, ma inevitabile. […] Soprattutto, mi auguro di invogliare il lettore a guardare il mondo senza il condizionamento dettato dall'opinione comune che vede la storia dell'umanità contraddistinta dal rapporto dell'uomo con tre materiali: la pietra, il bronzo e il ferro. Questo libro confuta l'assunto diffuso secondo cui il legno sarebbe poco più che un'obsoleta reliquia di un nostro lontano passato. Mi auguro di dimostrare come, per gran parte del tempo trascorso su questo pianeta, l'uomo abbia vissuto in un'era dominata dal più versatile dei materiali, e come per molti versi sia ancora così. E, infine, come, per il bene dell'ambiente e del nostro benessere psicofisico, occorra tornare all'Età del legno». Siamo la specie dominante sulla Terra, abbiamo fatto progressi sorprendenti da quando i nostri antenati sono scesi dagli alberi. Ma come siamo riusciti a camminare in posizione eretta, a diventare superpredatori e a popolare il mondo? E in che modo abbiamo sviluppato la civiltà fino a produrre un'economia globalizzata? Nell'Età del legno, Roland Ennos mostra per la prima volta che la chiave di tale successo è stata la nostra peculiare relazione con il legno. Combinando genialmente le più recenti ricerche con le acquisizioni di diverse discipline (primatologia, antropologia, archeologia, storia, architettura, ingegneria e carpenteria), Ennos reinterpreta l'intera storia dell'umanità, e dimostra come la nostra capacità di sfruttare le straordinarie proprietà del legno abbia profondamente modellato le nostre società e le nostre vite. L'autore ci accompagna così in un vertiginoso viaggio lungo dieci milioni di anni: dal Sud-est asiatico e dall'Africa occidentale, dove grandi scimmie dondolano tra gli alberi, costruiscono nidi e utensili di legno, all'Africa orientale, dove i cacciatori-raccoglitori
I grandi fotografi
Juliet Hacking
Libro: Copertina rigida
editore: Einaudi
anno edizione: 2015
pagine: 304
"Ridurre circa 180 anni di produzione fotografica (si pensi che il solo Cartier-Bresson produsse di più di mezzo milione di negativi in un'unica vita) a meno di quaranta nomi, significa che le biografie presentate qui appartengono a coloro che sono passati alla posterità. I trentotto artisti rappresentati in queste pagine hanno tutti creato immagini straordinarie servendosi della fotografia. Ma non sono assolutamente i soli grandi fotografi esistenti. Lo scopo di raccontare queste vite è quello di rammentare al lettore alcuni dei piaceri e dei valori della biografia nel suo rapporto con la storia dell'arte: non solo la sua accessibilità e il suo interesse, ma anche il suo ruolo di correttivo alla moda attuale delle cronologie (con la loro natura sedicente fattuale). Spero che questi brevi saggi aiutino a controbilanciare l'idea dominante secondo cui la biografia è anti intellettuale. Anche se l'aforisma classico ars longa, vita brevis continua a essere attuale, ora siamo meno inclini a concepire la vita e l'opera di un artista in opposizione tra loro, e le vediamo entrambe come l'arena in cui si modellano, si forgiano e si creano forme nuove con il loro irresistibile slancio vitale".
James Joyce. Una vita
Edna O'Brien
Libro: Libro rilegato
editore: Einaudi
anno edizione: 2025
pagine: 184
Indiscutibilmente lo scrittore più influente del XX secolo, James Joyce continua ancora oggi a ispirare scrittori, lettori e pensatori. Edna O’Brien si avvicina al maestro come può farlo soltanto un’altra grande scrittrice che arriva dalla stessa terra. Dall’adolescenza di Joyce ai suoi viaggi all’estero, fino alla pubblicazione di “Ulisse”, gli scandali, i processi e oltre, O’Brien ripercorre l’arco di una straordinaria avventura esistenziale e letteraria. Ma raccontando il romanzo di una vita, O’Brien fa i conti anche con il proprio paese, la propria identità di donna, scrittrice e irlandese, regalando inaspettatamente al lettore uno dei suoi libri più intimi e personali. James Joyce, «il suo nome veniva dal latino e significava gioia, ma a volte anche lui dovette pensare che volesse dire il contrario: un ingenuo gesuita sdegnoso del corpo terreno di Cristo, un farfallone, un fastoso fratello cristiano», bardo e cantante, scrittore magnifico. Uomo dai gusti dissipati e dalle contraddizioni madornali, terrorizzato dai cani e dai tuoni ma capace di incutere paura e soggezione in quelli che incontrava, passava il tempo a maledire la società e la Chiesa che pure in qualche modo non poteva abbandonare mai davvero. Il bacio con la lingua di una prostituta, l'Ostia sulla lingua e la tenerezza della madre sarebbero sempre stati i tre simboli intenti a contendersi la sua anima. Edna O'Brien ricostruisce la vita di uno dei giganti letterari del Novecento, restituendogli, con la sua inconfondibile attenzione ai dettagli minuscoli che sempre rivelano le cose più importanti, una dimensione più accessibile, teneramente e meschinamente umana. A partire dall'infanzia, dai personaggi e dalle strade che la memoria rievocherà in “Gente di Dublino”, dalle tante case cambiate, dalla miseria sempre incombente, dal rapporto conflittuale con una madre odiata e amata e un padre umorale e violento ma così simile nel peccato. E poi la rottura con la religione, lui che tutti da bambino vedevano già prete, la gioventù turbolenta, i bordelli, che finiranno idealizzati nelle lunghe pagine dell'“Ulisse”, il periodo da bohémien a Parigi e il ritorno in Irlanda. E ancora la nascita dell'amore con Nora, compagna e moglie fino alla fine, il periodo triestino, la fama e le polemiche letterarie. La biografia di una vita smisurata che si intreccia con una produzione letteraria altrettanto sfrenata e irriducibile a qualsiasi vincolo formale.
Il demone della nostalgia. L’invenzione della Grecia da Nietzsche a Arendt
Mauro Bonazzi
Libro: Libro rilegato
editore: Einaudi
anno edizione: 2025
pagine: 288
La tempesta che ha attraversato l’Europa tra Otto e Novecento è stata anche una battaglia di idee, identità, visioni del mondo: una storia di uomini e donne, filosofi e filologi, scrittori, intellettuali che in quei tempi inquieti per capire chi erano – e chi siamo – hanno guardato in una direzione precisa: la Grecia antica, la sola e vera patria, da cui tutti si sentivano esuli. Qual era allora, ed è oggi, il peso del passato nella costruzione della nostra identità, sia individuale sia collettiva, di europei e occidentali? Qual è il segreto che la Grecia custodisce così gelosamente? Mauro Bonazzi ricostruisce l’appassionante genealogia di questi dibattiti, in cui ritornare agli antichi è l’unico modo per fare i conti con una modernità che si scopre in crisi. E nel ricostruirla rievoca tutti quei personaggi che in maniera geniale, provocatoria e sorprendente hanno proposto «un’altra idea di Grecia»: da Nietzsche a Heidegger, da Adorno e Popper ad Hannah Arendt. Perché non c’è niente di meno pacifico del passato, ed è il modo in cui lo immaginiamo a dare forma al nostro futuro. Tra Ottocento e Novecento si scatena in tutta Europa, e in particolare in Germania, un acceso dibattito sull'eredità greca. Quanto e come di ciò che era stato scritto in quel tempo così remoto doveva sopravvivere nei tempi moderni? Un dibattito che riemerge in tutta la sua vivacità in queste pagine, riccamente documentate, che compongono un grande racconto che non ha mai smesso di parlarci. Discutere dei Greci significa infatti discutere di noi, della nostra identità di europei e occidentali, ed è fondamentale farlo adesso, in un mondo che sta cambiando velocemente. Il punto di partenza è colui che più di tutti attaccò il mito ottocentesco della Grecia ideale, perfetta, razionale. L'anno è il 1872, il libro è “La nascita della tragedia”, il protagonista è Friedrich Nietzsche. È lui che per primo svela tutte le mistificazioni del classicismo ottocentesco, conducendo i suoi lettori verso una Grecia completamente diversa, molto più oscura e inebriante, arcaica, di cui la modernità europea è traditrice e non certo erede. Le sirene di questa Grecia attrarranno poi molti altri - siamo a cavallo delle due guerre mondiali - intenzionati a coglierne il potenziale politico. Al centro di tutto è allora Platone, un Platone umano, fin troppo umano, per cui la contemplazione teoretica deve tradursi in un'azione concreta. È appropriandosi di questa Grecia che i nazisti potranno presentarsi come i guardiani della Germania, e dell'Europa tutta, gli unici capaci di proteggere una tradizione che sembrava ormai prossima al collasso. Si tratta solo di un'aberrazione o la storia è più complicata? Nel 1933 discuteranno proprio di questo, in un dialogo a distanza, Martin Heidegger e Edmund Husserl. Per chi dal nazismo scappa invece, come Auerbach, Adorno, Weil e Bespaloff, gli stessi numi tutelari del mondo antico assumono altri connotati, meno monolitici e piú critici. La resistenza passa anche per i libri. Per arrivare ad Arendt e Strauss, convinti che sia necessario tornare alle origini per portare il mondo della modernità fuori dalle secche in cui si è arenato: tornare in Grecia, dove tutto era cominciato, per capire il perché di tutto ciò che sarebbe poi successo. Bonazzi ci guida, con la consapevolezza dello studioso e il passo leggero del narratore, tra i meandri di un intreccio di pensiero e storie che riguarda il nostro rapporto sempre multiforme con il passato, e che può aiutarci a decifrare il tempo caotico che stiamo attraversando.
Cosa ho visto ad Auschwitz
Alter Fajnzylberg
Libro: Libro rilegato
editore: Einaudi
anno edizione: 2025
pagine: 288
I diari mai pubblicati di Alter Fajnzylberg, un ebreo polacco sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, costituiscono un contributo straordinario alla ricostruzione storica della Shoah. Deportato ad Auschwitz-Birkenau con il primo convoglio partito dalla Francia nel marzo 1942, Alter subì uno degli orrori più terribili del nazismo: fu costretto a entrare nel “Sonderkommando”, il gruppo di prigionieri ebrei a cui toccava lavorare a contatto con le camere a gas e i forni crematori. Si tratta quindi di un documento di una potenza unica, probabilmente una delle ultime voci che arriveranno dall’orrore dei lager, che ci permette di fare luce su aspetti inediti della pagina più nera del Novecento. Fajnzylberg rievoca infatti in queste pagine la lotta interna al campo e il ruolo che lui stesso ebbe nella resistenza sotterranea, e ancora adesso perlopiù ignota, portata avanti dai “Sonderkommandos”: vere e proprie rivolte e azioni di guerriglia per sabotare la macchina della morte nazista. L’eccezionalità del suo ricordo è data non solo dall’essere stato uno dei pochi sopravvissuti tra i prigionieri addetti al compito più tremendo di tutti, ma anche dall’aver fatto parte del gruppo di internati che riuscirono a scattare le famose e sconvolgenti fotografie che ritraggono i recessi dei forni crematori. Una tra le testimonianze più importanti del Ventesimo secolo che, proprio come le parole di Fajnzylberg, nell’esibire l’oblio a cui sono state strappate, mostrano tutta la violenza messa in atto da chi aveva immaginato di annientare la memoria di quegli eventi e quegli uomini; la violenza di chi aveva programmato la cancellazione completa delle loro esistenze dalla Storia. «Durante il mio internamento nel campo sono stato picchiato e preso a calci. Sono sopravvissuto a questo orribile campo di morte, all’inferno hitleriano. Appartengo a un ristretto numero di individui che alla morte sono sfuggiti. Mi sono salvato per miracolo. Delle 1118 persone che sono state deportate da Compiègne, ne sono sopravvissute appena 25. Ho trascorso 5 anni nelle prigioni polacche al tempo di Rydz, Beck, Koc e simili tirapiedi. Ho trascorso oltre 2 anni nei campi di Saint-Cyprien, Gurs e Argelès. Ho passato 4 mesi in un altro campo [a Drancy], 3 mesi e mezzo a Compiègne e 3 anni ad Auschwitz e Birkenau. Lì sono diventato un vero «musulmano», ma il mio amico Szymon e l’infermiere Mietek, che lavorava al “Krankenbau”, mi hanno aiutato a uscirne, così come Jakub, che mi gettava del pane nella cella e, cosa ancora più importante, talvolta anche delle sigarette. Infine, sono sopravvissuto grazie alla nostra organizzazione clandestina. Ciascuno aiutava l’altro come poteva. Nei campi ci si organizzava la vita per combattere contro l’oppressore. Stringendo i denti e confidando nella vittoria della giustizia sulla barbarie chiamata nazionalsocialismo, siamo diventati uomini duri e animati da ideali per i quali più d’uno tra noi ha sacrificato ciò che aveva di più prezioso, cioè la propria vita. Che coloro che non ebbero l’onore di attraversare il paradiso hitleriano di Auschwitz, possano conoscere ancora un po’ di verità».
Compatibile con l'uomo. Come impedire che l'IA controlli il mondo
Stuart Russell
Libro: Libro rilegato
editore: Einaudi
anno edizione: 2025
pagine: 424
Questo libro parla del tentativo, che gli esseri umani portano avanti da millenni, di sondare il mistero dell’intelligenza; e racconta gli sforzi compiuti nell’ultimo secolo per riuscire a creare una mente artificiale. Perché l’IA sta rapidamente diventando un elemento pervasivo del presente, e sarà la tecnologia dominante dell’immediato futuro. Ma dobbiamo prepararci all’eventualità che le macchine superino di gran lunga la nostra capacità di prendere decisioni nel mondo reale. Ottenere accesso a un’intelligenza tanto sterminata potrebbe essere l’evento più importante della storia dell’umanità. Bisogna però fare in modo che non si tratti anche dell’ultimo evento della storia dell’umanità. Il concetto di intelligenza è centrale nella costruzione dell’identità umana, non è un caso che la nostra specie abbia deciso di chiamarsi Homo sapiens. E dopo più di duemila anni siamo arrivati a una definizione dell’intelligenza che si può forse sintetizzare in questo modo: siamo intelligenti nella misura in cui ci possiamo aspettare che le nostre azioni raggiungano gli obiettivi che ci prefiggiamo. Alla luce di questa definizione tutte le altre caratteristiche della nostra sfera intellettuale – percezione, pensiero, apprendimento, inventiva e così via – possono essere ridotte al contributo che danno alla capacità di agire efficacemente. Si tratta di una definizione piuttosto funzionale, che presenta però dei rischi, soprattutto se estesa alle macchine. Dagli albori dell’IA, infatti, l’intelligenza sintetica è stata definita allo stesso modo: le macchine sono intelligenti nella misura in cui ci si può aspettare che le loro azioni raggiungano gli obiettivi che si prefiggono. E qui sta il problema: non esiste una garanzia certa che i loro obiettivi siano uguali ai nostri. E non esiste una garanzia che nel portarli in maniera più efficiente possibile a termine non decidano di prendere il controllo. Per scongiurare questa ipotesi, ci spiega Russell con linguaggio chiaro e accessibile, dobbiamo abbandonare l’assunto per cui le macchine dovrebbero avere un obiettivo definito, cosicché si rimettano al volere degli esseri umani, chiedano autorizzazioni, agiscano con cautela e si lascino spegnere. Questo significa sostituire parte delle fondamenta e della sovrastruttura che, oggi, reggono l’intelligenza artificiale. È un lavoro lungo, ma è necessario farlo per costruire una nuova relazione tra esseri umani e macchine che, invece di proiettarci in una inquietante distopia, ci lasci immaginare un futuro in cui la vita sarà infinitamente più facile e migliore grazie al benefico supporto della tecnologia.
Quindici minuti sul ring. Anatomia di una lotta
Christophe Granger
Libro: Libro rilegato
editore: Einaudi
anno edizione: 2025
pagine: 416
Uno storico incontro di boxe, quando la boxe era a metà fra spettacolo e violenza pura; due uomini, un bianco e un nero, che combattono senza esclusione di colpi: quindici minuti in cui precipitano vite, terminazioni nervose, rapporti razziali e di classe. Un evento scandito attimo dopo attimo per arrivare al cuore del suo significato. Un microcosmo profondo capace di rivelare la storia e la società, lo sport, e la politica, il colonialismo, la sopraffazione e il margine di libertà che resta, malgrado tutto, a ogni essere umano. Da quale turbine di forze che ci agita emergono le azioni che compiamo? Sono scritte nei nostri neuroni oppure è il mondo a dettarcele? Si tratta di una domanda vertiginosa, a cui sembra impossibile rispondere senza il rischio di rimanere intrappolati in qualche forma di determinismo. Per trovare una risposta più complessa, affascinante e sfumata Christophe Granger sceglie di concentrarsi su un singolo evento: un incontro di boxe avvenuto a Parigi il 24 settembre del 1922. Un pugile bianco contro uno nero, un esito che pareva scontato (il bianco che vince sul nero), probabilmente stabilito da un accordo sottobanco, e che invece è stato ribaltato da qualcosa di imprevedibile, o forse no? Quindici minuti soltanto, che si trasformano in un prisma in grado di riflettere i mille rivoli in cui il mondo si diluisce negli uomini. Dietro ogni attacco, ogni saltello e ogni colpo parato, dietro ogni sussulto della folla che si gode lo spettacolo, si nascondono ragioni sociali, psicologiche e storiche, che Granger ci rivela mostrandoci l’incontro da più angolazioni, un piano dopo l’altro come al cinema. Un racconto dove i tanti fili che muovono i due corpi emergono con la stessa tensione che si prova davanti a un film di Kurosawa o Tarantino. Un libro fuori dal comune, scritto da un grande scienziato sociale che non si chiude nei recinti della disciplina, ma ha l’ambizione di comprendere e restituirci la realtà in tutte le sue sfaccettature, umane e insieme politiche; e di farlo attraverso una scrittura in grado di coinvolgere il lettore, permettendogli di assistere quasi in prima persona all’incontro che istante dopo istante si dipana sulla pagina.
La fotografia
Ugo Mulas
Libro: Libro rilegato
editore: Einaudi
anno edizione: 2025
pagine: 192
L’opera e la poetica di uno dei più grandi fotografi del nostro tempo. «Come i bambini che non sanno ancora parlare, e quando cercano o vogliono una cosa si esprimono avvicinandosi ad essa, toccandola, o fiutandola, o indicandola e con mille atteggiamenti diversi – scrive del proprio lavoro Ugo Mulas – cosí il fotografo quando lavora, gira intorno all’oggetto del suo discorso, lo esamina, lo considera, lo tocca, lo sposta, ne muta la collocazione e la luce; e quando infine decide di impossessarsene fotografandolo, non avrà espresso che una parte del suo pensiero... Ciò che veramente importa non è tanto l’attimo privilegiato, quanto individuare una propria realtà, dopo di che tutti gli attimi più o meno si equivalgono. Circoscritto il proprio territorio, ancora una volta potremo assistere al miracolo delle “immagini che creano se stesse”, perché in quel punto il fotografo deve trasformarsi in operatore, cioè ridurre il suo intervento alle operazioni strumentali. Al fotografo il compito di individuare una sua realtà, alla macchina quella di registrarla nella sua totalità». A distanza di oltre quarant’anni dalla sua prima edizione, questo volume ci ripropone l’opera e la riflessione di uno dei grandi fotografi del nostro tempo, e resta un incontro obbligato per chiunque si interessi a un mezzo espressivo così ricco di potenzialità.
Giochi d'ombra. Preistoria curiosa della realtà virtuale
Massimo Riva
Libro: Libro rilegato
editore: Einaudi
anno edizione: 2025
pagine: 400
Due secoli e mezzo fa, passeggiando per le strade di Roma o per una piazza veneziana, poteva capitare di imbattersi in un peculiare tipo di venditore ambulante, spesso accompagnato da un suonatore di organetto, che per pochi spiccioli dava la possibilità di osservare le meraviglie del mondo nuovo. Come? Attraverso la lanterna magica che portava in spalla, un marchingegno ottico che permetteva di viaggiare stando immobili, e di raggiungere palazzi e templi lontanissimi, foreste selvagge e pianure sterminate, o persino gli astri e la luna. La lanterna magica non è che uno dei tanti dispositivi che hanno in qualche modo «anticipato» il cinema e che adesso possiamo guardare come fenomeni che hanno contribuito a definire il concetto di realtà virtuale. Un concetto legato tanto alla simulazione del reale quanto al consapevole abbandonarsi all'inganno delle ombre e del loro mistero. Attraverso un affascinante viaggio che inizia con i Tiepolo, passa per Goldoni e Garibaldi e giunge fino agli inizi del Novecento, Riva ci accompagna alla scoperta di tecnologie che da sempre hanno illuso e ammaliato gli spettatori, seguendo i bagliori nel buio lungo una strada che collega il passato al presente e il presente al nostro futuro più prossimo. E mostrandoci come le categorie di vero e falso siano sempre state intrecciate da un filo sottile, seducente e spettrale al tempo stesso, che oggi sta forse definitivamente svanendo. «Le macchine curiose che presentiamo qui appartengono a una storia in minore rispetto alla storia dell'arte, della cultura e della tecnologia, ingegnosamente costruite come sono per giocare con le ombre e i riflessi e ingannare i sensi, confondere ma anche stimolare la mente di chi le usa. Ma proprio per la loro appartenenza a una cultura "popolare" e in un certo senso infantile, esse rivelano l'avanzare di un'inesorabile logica della simulazione nel secolo del realismo, un realismo sempre più fantasmagorico. Da questo punto di vista, sia tecnico che ideologico, si tratta di simulazioni appartenenti a una zona grigia, sospesa tra le luci e le tenebre, che inaugura il nuovo mondo della modernità. Seminascosti sul fondo del palcoscenico sociale, come il "mondo nuovo" nei quadri di Tiepolo o di Longhi, in cui un fanciullo virtualmente si immerge immaginando lontananze e prospettive, questi congegni, e le eterotopie che evocano, sono in realtà frutto maturo dell'Illuminismo europeo: del suo utopistico slancio volto a disperdere gli spettri del pregiudizio e della superstizione e alleggerire il peso della realtà. Come tali, queste ludiche e ingegnose simulazioni preludono a un'esperienza che ci è del tutto familiare, frutto del desiderio di rendere l'illusione il più convincente possibile, cui fa da contraltare, sempre più debole, il sano scetticismo di chi sa, o sospetta che - sotto sotto - il trucco c'è».