Archinto: Lettere
Incontri. Corrispondenza 1939-1969
Giuliano Briganti, Roberto Longhi
Libro: Libro in brossura
editore: Archinto
anno edizione: 2022
pagine: 200
Nell'agosto 1939 quando, con il telegramma di Roberto Longhi, inizia questo epistolario trentennale, Giuliano Briganti ha 21 anni, è uno studente all'università di Roma e si laureerà, con una tesi su Pellegrino Tibaldi, solo l'anno successivo. È il figlio di un caro amico di Longhi, Aldo Briganti, storico dell'arte. Aldo Briganti e Roberto Longhi, nel 1915-1916, a poco píù di vent'anni, avevano creato una società, per guadagnare insieme un po' di soldi, utilizzando la loro abilità e il loro occhio di conoscitori, acquistando e vendendo dipinti antichi. Giuliano, fin dalla nascita, conosce Longhi che, quindi, è parte della sua vita da sempre. È lui, accanto a Carlo Ludovico Ragghianti, a guidare il giovane nel percorso dei suoi studi. Quando inizia la corrispondenza, Longhi ha 49 anni ed è un professore universitario già molto noto. Il 2 aprile 1969, alla fine dell'epistolario, Longhi ha quasi ottant'anni e morirà qualche tempo dopo (il 3 giugno 1970). Quel giorno scrive una lettera molto affettuosa al figlio del suo compagno di gioventù. Giuliano, il cosiddetto «allievo», destinatario della missiva, ha poco più di cinquant'anni ed è uno studioso ormai affermato. La possibilità di disporre delle lettere di entrambi i corrispondenti ci consente di raggiungere, pur con numerose lacune, l'unità. Sta ora a noi, allievi di Briganti, tramandarne la memoria. Giuliano ha sempre sostenuto, e lo ha anche scritto che «gli allievi e non solo i libri, come ha detto un grande scrittore tedesco di questo secolo, sono fatti per riunire gli uomini al di là della morte e difenderci contro il nemico più implacabile di tutta la vita: la dimenticanza». E noi tentiamo di rispondere a questo desiderio.
Due scritti. La valle oscura & Noi americani
Wystan Hugh Auden
Libro: Libro in brossura
editore: Archinto
anno edizione: 2021
pagine: 75
Il poeta anglo-americano Wystan Hugh Auden (1907-1973) è stato uno degli scrittori più prolifici, versatili e controversi del ventesimo secolo – profondamente legato al suo tempo e alla sua cultura eppure in dialogo costante e creativo con altre epoche e tradizioni. Se le sue opere principali in versi e in prosa – anche grazie alla potente mediazione della cultura popolare – hanno già permesso a lettori e spettatori di generazioni e profili diversi di confrontarsi con una delle menti più colte e raffinate del nostro tempo, c'è ancora tanto di Auden da conoscere. Questi Due scritti – inediti in traduzione italiana e poco noti anche in inglese – danno ulteriore testimonianza non soltanto dell'avvolgente virtuosismo linguistico di Auden ma anche della sua impertinente sincerità: un classico contemporaneo per dare voce a quella che oggi più che mai ha i connotati di un'interminabile «età dell'ansia». The Dark Valley (1940) è una pièce radiofonica scritta per il network radiotelevisivo statunitense Cbs (Columbia Broadcasting System) e andata in onda il 2 giugno 1940 con la direzione di Brewster Morgan e le musiche di Benjamin Britten. La matrice allitterativa di quest'opera anticipa quella adottata tra il 1944 e il 1946 per scrivere L'età dell'ansia (The Age of Anxiety), l'«egloga barocca» con cui Auden vince il Premio Pulizter nel 1948. In una lettera non datata ma redatta quasi certamente nell'aprile del 1939, Auden ammette di faticare a finire questo scritto e di credere che la vecchia protagonista sia invece lo scrittore norvegese Knut Hamsun. Us (c. 1967) è il copione di un documentario diretto da Francis Thompson e Alexander Hammid e proiettato al padiglione degli Stati Uniti in occasione dell'Expo internazionale di San Antonio, nel Texas, dal 6 all'8 ottobre del 1968. Ancora una volta Auden si dimostra generoso – guarda le immagini e scrive più di quanto serva – e geniale – commenta senza peli sulla lingua anche le pagine più buie della storia americana scegliendo non a caso un messaggio promozionale e un medium universale. Questa edizione italiana di The Dark Valley e Us – snodi forse secondari ma comunque emblematici nella vicenda di Auden tra le morti della Seconda Guerra Mondiale e le morse della Guerra Fredda – è curata da due autoritraduttori, Leonardo Guzzo e Marco Sonzogni, e impreziosita da uno scritto di Edward Mendelson, esecutore letterario di Auden e suo principale studioso. (A cura di Leonardo Guzzo e Marco Sonzogni)
Quei versi che restano sempre in noi. Lettere 1955-1982
Giovanni Giudici, Vittorio Sereni
Libro: Libro in brossura
editore: Archinto
anno edizione: 2021
pagine: 160
Lo scambio epistolare tra Vittorio Sereni e Giovanni Giudici, pubblicato interamente per la prima volta, rivela non soltanto il dialogo vivace tra due dei più grandi poeti italiani del secondo '900, ma soprattutto il loro appassionato interrogarsi intorno al compito della poesia in un rinnovato contesto storico e politico. Scritte a partire dal dopoguerra fino alla morte di Sereni, queste lettere raccolgono riflessioni critiche dai toni sinceri, talvolta accesi, che variano dal giudizio sulle ultime composizioni all'opportunità delle scelte editoriali, dalla responsabilità degli intellettuali al ruolo della produzione letteraria in Italia. Poeti e uomini impegnati nella costante ricerca di un'identità del verso non estranea agli inevitabili cambiamenti della società e delle sue contraddizioni, eppure ancora, pur nella diversità delle cifre stilistiche, profondamente interessati al terreno autentico su cui la poesia trova la sua ragion d'essere: un'interiorità tanto individuale quanto universalmente comprensibile. Tratto singolare, svelato da queste pagine, è l'amicizia tra due autori che oltre a inviarsi le rispettive raccolte poetiche, si scambiano semplici consigli per trovarsi insieme al mare durante le vacanze, testimonianza preziosa di un rapporto umano che ospita una pluralità di temi e confronti dall'indiscusso interesse culturale.
Divinità in incognito. Lettere a Margherita Dalmati (1956-1974)
Eugenio Montale
Libro: Libro in brossura
editore: Archinto
anno edizione: 2021
pagine: 107
Le lettere di Eugenio Montale a Margherita Dalmati (nom de plume di Maria-Nike Zoroyannidis, 1921-2009), poetessa e musicista greca, sono pubblicate qui per la prima volta e costituiscono un ritrovamento di grande importanza che ci fa conoscere aspetti inediti della vita del poeta. Margherita Dalmati è una giovane artista dalla cultura sterminata. I due si conoscono a Firenze durante gli anni giovanili, al caffè letterario delle Giubbe rosse. La corrispondenza si infittisce dopo il viaggio di Montale in Grecia, dove l'amica lo guida alla scoperta di un mondo carico di suggestioni persistenti anche nella modernità. Le scrive assiduamente dal 1956 al 1974, firmandosi quasi sempre come Eugenio-Agenore, sulla carta intestata del «Corriere della Sera». Margherita Dalmati traduce i più importanti autori greci in italiano e italiani in greco, e trasmette al poeta preziose informazioni e traduzioni dagli originali di Kavafis e Seferis, ma è autrice lei stessa di poesie apprezzate da Cristina Campo. Dalmati attraversa in modo incandescente e con il suo fascino lunare la vita matura del poeta ripiegato sul lavoro giornalistico, ingessato da premi e riconoscimenti internazionali, addolorato per la perdita della moglie, ma capace di sorprendere la critica e i lettori facendo uscire dopo un silenzio di 15 anni tre libri di poesia: "Satura" (1971), "Diario del '71 e del '72" e "Quaderno di quattro anni" (1977). Il laboratorio segreto dell'ultimo Montale coincide con l'atmosfera di queste lettere, che ci danno preziosi riferimenti e nuove chiavi interpretative a proposito della sorprendente svolta creativa della seconda parte della vita del poeta: brillanti, colloquiali, umoristiche, ci raccontano un Montale privato e dipingono un'intesa affettiva e intellettuale intensissima con colei che è stata l'ultima delle sue Muse.
Lettere ai familiari 1945-1990
Leonard Bernstein
Libro: Libro in brossura
editore: Archinto
anno edizione: 2019
pagine: 168
Questo libro raccoglie la parte dedicata alla corrispondenza familiare dell'imponente 'corpus' di lettere, sterminato e variegato come pochi altri, lasciato da Leonard Bernstein. Si tratta di una sezione che occupa uno spazio relativamente esiguo, ma che è particolarmente significativa, poiché fornisce un sigillo di autenticità a quell'insieme di caratterizzazioni fatte di esuberanza, di stati di eccitazione, di voluttà nell'esibirli, che hanno costituito non solo la cifra del suo linguaggio gestuale direttoriale – e che in quanto tali hanno talvolta fatto discutere per la loro platealità ostentata – ma più in generale la spia indefettibile di un suo bisogno esistenziale, quello del comunicare. Traspaiono infatti da queste lettere l'amore per la vita, la sete di conoscenza, la curiosità insopprimibile, che vanno di pari passo con l'esigenza di farne partecipi, coinvolgendoli, i suoi interlocutori. La circostanza, non incidentale, che le lettere ai familiari coprano un arco temporale prevalente che è quello della prima maturità di Bernstein, caratterizzata dall'euforia per le implicazioni della sua attività di artista globe-trotter, non è priva di effetti sul tenore emotivo che ne traspare. Specialmente le lettere scritte dall'estero, nel corso di tournée spesso lunghissime, tradiscono infatti entusiasmi e trasporti che ai nostri occhi di veterani ormai saputi della globalizzazione possono a volte apparire eccessivi, ma sono perfettamente in linea con l'immagine del Bernstein direttore e del Bernstein pedagogo, come ci sono stati consegnati dalle memorabili lezioni di musica dei suoi Young People's Concerts. Buona parte delle lettere contenute nel volume sono quelle scambiate con la moglie Felicia, toccanti testimonianze di una tormentata ma struggente storia d'amore.
Essere o no scrittore. Lettere 1963-1988
Vincenzo Consolo, Leonardo Sciascia
Libro: Libro in brossura
editore: Archinto
anno edizione: 2019
pagine: 96
La corrispondenza tra Vincenzo Consolo e Leonardo Sciascia (1963-1988) permette di aggiungere interessanti dettagli al ritratto più noto dei due scrittori siciliani. Caduta l'iniziale barriera formale, subentra infatti nelle loro lettere una confidenza diretta e spontanea, che non censura i problemi di salute o quelli legati alla famiglia e soprattutto al lavoro. La corrispondenza, prevalentemente letteraria, si fa così anche biografia del quotidiano. Tra i due corrispondenti, Consolo, pur nella sua garbata discrezione, è colui che più si mette a nudo, fiducioso di trovare nell'amico un ascolto attento e sensibile riguardo sia a problemi di etica relativi al ruolo dello scrittore, sia a indicazioni concernenti il lavoro, mentre Sciascia emerge, nella franca «dichiarazione d'amore» di Consolo, come il modello per eccellenza di scrittore e di intellettuale.
La miglior parte della mia anima. Lettere alla moglie (1883-1893)
Gabriele D'Annunzio
Libro: Libro in brossura
editore: Archinto
anno edizione: 2018
pagine: 274
Molte furono le donne amate da D'Annunzio, e molti i carteggi amorosi che il poeta ci ha lasciato. Ma una sola fu la moglie, e pochi epistolari hanno l'importanza e la ricchezza di queste lettere, inedite e finora ignote agli studiosi. La parte più interessante che qui si offre, quella del decennio 1883-1893, è una vera e propria miniera di dati biografici, psicologici, culturali, e spicca per l'intrinseca qualità letteraria della scrittura. Sposando la diciannovenne Maria Hardouin dei duchi di Gallese, il ventenne e rampante Gabriele conta di affermarsi nel bel mondo romano, di essere nella vita l'Andrea Sperelli del "Piacere", il raffinato aristocratico destinato a diventare il personaggio esemplare dell'estetismo italiano. La fuga concertata, il «peccato di maggio» subito comunicato al gossip mondano, otterranno l'effetto opposto: il duca romperà per vent'anni i rapporti con la figlia, e Gabriele comincerà il suo penoso pellegrinaggio che, malgrado il crescere della sua fama letteraria, lo vedrà vagare tra Roma, l'Abruzzo e Napoli, perennemente in fuga dai creditori. Egotista da sempre e ben presto fedifrago, D'Annunzio sí mostra però anche padre affettuoso verso i tre figli che Maria gli dà. E quante confessioni nelle lettere: la passione divampante dell'inizio, la tenerezza verso Maria e la madre, la pena del servizio militare, la preoccupazione di salvare dai pignoramenti i capi eleganti e gli oggetti d'arte che gli stanno a cuore, il dramma dei tradimenti e dei turbamenti familiari, compreso il suicidio tentato da lei e ventilato da lui. Ma anche momenti gioiosi con i commossi e divertiti ritratti del piccolo Mario, le distese descrizioni della bellezza del paesaggio adriatico e della terra d'Abruzzo. Nelle lettere sentiamo solo la voce del poeta; ma attraverso le sue parole emerge anche la figura di Maria: bella, innamorata ma lucida, presto consapevole dei tradimenti di Gabriele eppure sempre dignitosa e generosa. Lui non vorrà mai risposarsi, e anche nel dorato esilio del Vittoriale la vorrà accanto a sé, riservandole sempre un'ospitalità regale e affettuosa nella sua casa e nel suo cuore.
Diario con variazioni. Ricordi di un giudice e utente di giustizia
Ferdinando Zucconi Galli Fonseca
Libro: Libro in brossura
editore: Archinto
anno edizione: 2018
pagine: 216
«Fra pochi giorni dovrò affrontare la carica di procuratore generale. Ma stamattina, a un’enorme distanza, nel mondo del bosco dopo la pioggia, fra i suoi odori, mormorii e trasalimenti, estirpo rovi e libero tronchi dai viluppi delle vitalbe.» La responsabilità di alto magistrato (è stato Primo presidente della Corte di cassazione) non esaurisce vita e pensieri di Ferdinando Zucconi. La sua memoria è segnata dagli alberi e dalla natura quanto dalle responsabilità sociali e dai rapporti umani. È devota a una casa di campagna quanto al suo dovere di amministratore di giustizia. Ne sortisce un diario irrequieto e vario, irriducibile alla consueta disciplina della memorialistica o dell’autobiografia, il cui bilancio è ancora pienamente aperto: non chiude i conti con la vita, con gli esseri umani, con gli affetti, con le delusioni e con le dispute. «Da molto vecchi, increduli di esserci ancora, si guarda intorno con occhi nuovi, bambineschi, dubbiosi. Si guarda e ci si meraviglia. Ci si stupisce di cose guardate mille volte con indifferenza.» La vivacità di questo libro è tutt’altro che senile. È in una scrittura accurata, riflessiva, eppure mai sentenziosa. Come se scrivere non servisse a dare delle risposte, ma a ridefinire continuamente le domande che contano. Scrivere di se stessi non per celebrarsi, ma per interrogarsi. Nella sua affettuosa prefazione un altro illustre vecchio, Andrea Camilleri, loda, dell’autore, l’ironia, che «percorre tutto il libro come un fiume carsico, la avverti scorrere sotterranea ma a un tratto esplode in superficie». L’ironia come antidoto alle lusinghe del potere? Zucconi è stato un uomo di potere, ma leggendo questo diario si intende che non ne ha approfittato. Le domande più profonde – specie nell’ultima parte, dedicata al presente e alle riflessioni sulla vecchiaia e sulla morte – rimangono intere, non consumate. Non sono un peso, semmai una compagnia: anche per il lettore.
Montale tedesco. Giancarlo Scorza traduce Eugenio Montale. Testo tedesco a fronte
Libro: Libro in brossura
editore: Archinto
anno edizione: 2018
pagine: 80
Volte in tedesco intorno al 1960, le diciannove composizioni montaliane di questo libro sarebbero dovute apparire nella Biblioteca Minima di Giambattista Vicari, direttore in quegli anni de «Il Caffè», la rivista d'avanguardia e creatività cui Giancarlo Scorza collaborò soprattutto con traduzioni da autori d'area germanica (Robert Musil, Heinrich Boll, Adorno, i Galgenlieder di Christian Morgenstern) tanto quanto francese (Jacques Vaché, Jean Cocteau) o russa (Bachtin), e con rassegne della stampa umoristica mondiale. Tradurre per Scorza equivaleva a muoversi attraverso l'intimo delle cose appropriandosi con discrezione dell'oggetto ma in un processo di ripetizione che fosse originale, nel senso di un avvicinamento progressivo al segreto dei testi. Il che era accaduto nel suo caso con i versi di Paul Celan e di Rilke sui quali aveva lavorato. In particolare da alcuni enunciati delle rilkiane Lettere a un giovane poeta, Scorza aveva potuto derivare un'idea di complessità e pluralità implicanti il ricercare attraverso il difficile. Tradurre era per lui non solo un atto linguistico e emotivo ma anche un sospingersi all'interno delle diverse scritture rifuggendo da ogni gesto meccanico a segno di calarsi in qualcosa di concreto e ugualmente imprevisto. Eugenio Montale tradotto in tedesco da un italiano equivaleva a somministrare o anche solamente lambire nuove immagini cariche di multipli echi, metafisici e fisici come pure esistenziali, ma all'interno di un codice europeo che ne mettesse in luce i valori tonali e le valutazioni rilevanti e ne comprovasse tramite la lingua d'arrivo l'accertata e necessaria contemporaneità.
«Su letti di asfodelo». Lettere a Caroline Fitzgerald
Henry James
Libro: Libro in brossura
editore: Archinto
anno edizione: 2018
pagine: 110
Si presentano qui diciannove lettere - fino ad ora sconosciute e inedite - di Henry James a Caroline Fitzgerald (1865-1911) e al suo secondo marito. Caroline è una giovane americana venuta a Londra dal Connecticut con i genitori; sposa nel 1889 un aristocratico inglese, Edmond George Petty-Fitzmaurice (1846-1935), da cui però divorzia pochi anni dopo. Lady Edmond frequenta gli stessi ambienti intellettuali e mondani di Henry James; ha conosciuto Browning, a cui dedica un libro di poesie, Venetia Victrix (1889) e Edward Burne-Jones che le fa un ritratto. Caroline incontra poi, probabilmente grazie al fratello Edward, esploratore, l'italiano Filippo De Filippi (1846-1935), che con il Duca degli Abruzzi ha scalato il monte Sant'Elia in Alaska nel 1897. È un amore intenso ma difficile; finalmente Caroline e Filippo si sposano a Londra nel 1901. Malgrado i problemi di salute - Caroline morirà a 46 anni di polmonite a Roma - la giovane americana segue il marito nei suoi viaggi: in luoghi remoti e di difficile accesso, in Asia Centrale e in Turkestan nel 1903, in Tibet nel 1909. Se all'inizio le lettere di James sono soprattutto brevi messaggi di scuse, via via si sviluppa una vera amicizia, forse nata anche dal comune amore per l'Italia, e le lettere diventano lunghe e bellissime.
Lettere al Duca di Valentinois
Marcel Proust
Libro: Libro in brossura
editore: Archinto
anno edizione: 2018
pagine: 80
Il volume raccoglie quattro lettere e un telegramma inediti conservati negli archivi del Principato di Monaco e inviati nell'estate e autunno 1920 dal quarantanovenne Proust al giovane Pierre de Polignac, che nel marzo di quell'anno aveva sposato la principessa Charlotte de Monaco, divenendo così duca di Valentinois. Nella più lunga delle quattro lettere Proust offre al duca qualche consiglio letterario e gli chiede di sottoscrivere un'edizione di lusso del volume "All'ombra delle fanciulle in fiore". Come spiega Jean-Marc Quaranta nel saggio che segue le lettere (il volume è integrato da una lettera a Montesquiou già pubblicata), lo scambio epistolare, governato da un tortuoso cerimoniale, rappresenta per lo scrittore un luogo d'invenzione romanzesca, che costringe i destinatari a faticosi esercizi di ginnastica sentimentale per assecondarne o respingerne la tentacolare invadenza. Non tutti gli interlocutori sono disposti a prestarsi a tale corvée. Tra questi il duca di Valentinois che, stanco dell'invadenza di Proust, ignora la richiesta di sottoscrizione, spingendo lo scrittore a troncare ogni relazione. A fare le spese di questa rottura sarà il conte di Nassau, personaggio della Recherete ispirato al duca di Valentinois, che diventerà oggetto di un ritratto perfidamente malevolo.