Letteratura teatrale
Ifigenia in Tauride-Baccanti. Testo greco a fronte
Euripide
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2005
pagine: 272
«Impera un gran disordine in cielo e in terra» sentenzia Oreste nell'Ifigenia in Tauride (414 ca a.C.). Euripide porta il caos sulla scena e sovverte lo schema classico della partita tra gli uomini e il fato. Mentre nei drammi di Eschilo e Sofocle è impossibile sottrarsi agli dei e agli oracoli, Euripide imbastisce un intrigo romanzesco a lieto fine in cui i protagonisti sfuggono a una triste sorte con il coraggio, l'astuzia, l'inganno. Così Ifigenia, strappata da Artemide al sacrificio in Aulide e trasportata in terra barbara, quando scopre che la vittima da immolare è il fratello Oreste, disobbedisce al volere della dea e organizza con successo la fuga. Baccanti, rappresentata dopo il 406 a.C., fu giudicata da Goethe la più bella opera di Euripide. Penteo, re di Tebe che ha rifiutato, in nome della ragion di stato, di rendere onori divini a Dioniso, finisce dilaniato dalle baccanti guidate da sua madre Agave, che in preda al furore lo scambiano per una fiera. Ambigua e ricca di un fascino misterioso, è la tragedia della debolezza della ragione umana di fronte alla potenza dell'irrazionale, della violenza cieca che può scatenarsi nella comunità quando cede alla sirena degli istinti e si lascia travolgere dal proprio delirio.
Medea-Fedra-Tieste
Lucio Anneo Seneca
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2005
pagine: 176
Il corpus delle dieci tragedie di Seneca, composte probabilmente intorno alla metà del I secolo d.C., serba al lettore moderno tutto ciò che ci resta di integro della produzione tragica latina. Caratterizzati dallo scontro di passioni estreme, dal gusto del macabro e del truce, i tre drammi qui raccolti mettono in scena personaggi del mito, conferendo loro una forza nuova, che scaturisce dall'urto violento e irreparabile degli istinti contro la ragione. Medea e Fedra, entrambe respinte dall'amato e pronte a tutto pur di vendicarsi, e Tieste, inconsapevole vittima di un orribile inganno, sono altrettanti esempi «dell'anima umana che è in guerra con sé stessa», del contrasto tra volontà e destino. Un contrasto che in Seneca non è mai completamente superato, ma che per la prima volta sembra recepire l'esigenza di affermare la libertà dell'uomo. Introduzione e note di Caterina Barone.
Troilo e Cressida. Testo inglese a fronte
William Shakespeare
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2005
pagine: XLV-314
Opera di sorprendente modernità e complessità, "Troilo e Cressida - scrive Francesco Binni - è un capolavoro davvero caleidoscopico, insieme affresco cavalleresco e grande farsa caricaturale: tragedia che getta una luce spietata sul mondo dell'epica e che dalla scintilla provocata dal connubio shakespeariano di tragico e comico, sviluppa un discorso organicamente moderno sulle peripezie di un'identità che tuttora ci sfugge, e non solo sul piano discorsivo".
Don Giovanni o Il convito di pietra. Testo francese a fronte
Molière
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2005
pagine: 256
Don Giovanni è forse la commedia più controversa ed enigmatica di Molière: presentata nel 1665, fu subito ritirata dal cartellone con l'accusa di empietà. Il celebre personaggio, che all'epoca di Molière era già entrato nella leggenda attraverso il Burlador de Sevilla di Tirso de Molina, vi è ritratto non solo come «gentiluomo malvagio e falso devoto», ma anche come un modello d'ipocrisia. Don Giovanni è Tartufo che, smessi i panni del credente, rivive sotto le spoglie dell'ateo. Egli non sfida il cielo con gesti clamorosi, ma pensa solo a ciò che può procurargli piacere e a questo fine è disposto, come Tartufo, a qualunque compromesso. Non ha la vitalità prorompente del seduttore mozartiano, non incarna l'eros del mondo: è cupo, triste e senza Dio, sprofondato in una solitudine senza redenzione. Con Don Giovanni Molière mette tra parentesi la metafisica e scrive una pura opera di teatro, luogo di gioco e di illusioni in cui, come in una fiaba, il meraviglioso prende il posto del trascendente.
Alcesti-Ciclope. Testo greco a fronte
Euripide
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2005
pagine: XXXVIII-192
Euripide sceglie i suoi argomenti tra i miti meno noti o si sofferma su aspetti secondari dei grandi cicli epici e tragici. Nel Ciclope, il celebre episodio dell'Odissea è riletto in chiave comica e burlesca; nell'Alcesti, le sorti della giovane sposa che decide di morire al posto del suo amato, diventano pretesto per indagare il nesso amore-morte. Grande indagatore della doppiezza dell'animo umano, Euripide è considerato uno dei massimi poeti tragici dell'antichità. Dalla sua opera, scrive Umberto Albini, "si finisce sempre per ricavare qualcosa che richiama interrogativi, minacce, angosce attuali".
Don Giovanni o l'ingannatore di Siviglia. Testo spagnolo a fronte
Tirso de Molina
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2004
pagine: 320
Vertice della drammaturgia di Tirso, El burlador de Sevilla y Convidado de piedra (1630) inaugura la tradizione europea del mito di Don Giovanni. Ingannatore prima ancora che seduttore, il personaggio di Tirso esibisce tinte drammatiche e moraleggianti che in seguito perderà. Nel disegno dell'autore, impregnato di ideali controriformistici, Don Giovanni è destinato alla dannazione non perché si fa beffe dell'onore femminile, ma per la sua empietà, deliberata per sfida, e la sua superficialità di fronte al mistero della morte e della salvezza. Il fuoco della passione trapassa così nel fuoco eterno della punizione divina, e il gioco delle peripezie e degli inganni si risolve nel confronto con l'eternità, davanti alla quale il disordine mondano, la rottura delle leggi dell'equilibrio sociale, cede all'ordine divino. Introduzione di Andrea Baldissera. Prefazione di Maria Grazia Profeti.
Maschere nude: La nuova colonia-Lazzaro-I giganti della montagna
Luigi Pirandello
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2003
pagine: LXXXIX-368
Dai capolavori drammatici alle commedie grottesche e borghesi, la visione di un mondo dominato dall'inautenticità e dal continuo scambio tra realtà e finzione è la cifra del teatro di Pirandello. Con la trilogia qui raccolta, che conclude la sua parabola artistica e ideologica, l'autore abbandona le sofisticate invenzioni del «teatro nel teatro» per cercare la catarsi nel simbolismo del mito. Gli apologhi dell'utopia sociale (La nuova colonia, 1928), della fede (Lazzaro, 1929), dell'arte (nell'incompiuto I giganti della montagna , 1937) esprimono la volontà di far uscire il dramma dalla dimensione individuale per farne il veicolo di un messaggio profetico e universale. Serpeggia in questi testi un'ansia di rinnovamento ideale, segno dell'inesausta vitalità di un drammaturgo che, dopo aver contribuito a rivoluzionare la scena teatrale del primo Novecento, si interroga in tempo di dittature e presagi di guerra sulla responsabilità sociale e morale dell'arte. Introduzione di Nino Borsellino. Prefazione e note di Marziano Guglielminetti.
Tragedie
Vittorio Alfieri
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2003
pagine: 704
Un'inclinazione intima e profonda conduce Alfieri alla tragedia: il suo temperamento conflittuale, la sua concezione eroica, appassionata e pessimistica della vita, il suo ideale di libertà politica e morale contro qualsiasi tirannide. La tragedia è, insomma, la proiezione diretta e necessaria della condizione drammatica dell'uomo e del poeta Alfieri. Priva di colpi di scena, di intrecci complicati, di mutamenti psicologici, la tragedia alfieriana è dominata dal protagonista, figura di scultorea potenza e prorompente energia che si sottrae a ogni possibile compromesso e sul quale incombe fin dall'inizio la catastrofe: campione di un'umanità in lotta per la propria affermazione, necessariamente destinato a soccombere. Anticonformista e ribelle nella vita come nell'opera, Alfieri irrompe sulla scena letteraria italiana con una violenza espressiva del tutto nuova, che riflette il suo credo nella forza viva del sentimento, anzi del «forte sentire», unico motore delle grandi e nobili azioni e ingrediente primo e indispensabile della poesia.
Il malato immaginario. Testo francese a fronte
Molière
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2002
pagine: XXXVI-304
Qual è l'oggetto della satira di questa commedia? I medici o il malato? L'uno e gli altri. La mania del malato coincide con quella dei medici, è esattamente la stessa; Argante e i suoi terapeuti sono soltanto il tramite di una dolorosa realtà che li trascende: l'illusione umana. Ultima opera di Molière, "II malato immaginario" mette in scena non più i "caratteri", ma tutto l'uomo nel suo momento più tragico, quando è vittima dei propri miti. È il testamento che Molière lascia morendo; lo lascia da par suo, con gli intrighi di sempre, naufragato e nascosto nella beffa e nel riso, nel gioco di prestigio tra finzione e realtà, o meglio tra finzione e finzione della finzione, che è l'amara filosofia di tutto il suo teatro.
Anfitrione. Testo latino a fronte
T. Maccio Plauto
Libro
editore: Rizzoli
anno edizione: 2002
pagine: 224
Giove assume le sembianze di Anfitrione e giunge a Tebe accompagnato da Mercurio, che ha preso a sua volta le sembianze di Sosia, servo di Anfitrione. Alcmena, che pensa di avere accanto suo marito, lo accoglie nel talamo. Il vero Anfitrione arriva all'alba, mentre il falso se ne va. Si viene così a creare una situazione intricatissima in un girotondo vorticoso di veri e falsi Anfitrione-Sosia, in cui il vero Anfitrione comincia a nutrire seri dubbi sulla fedeltà della moglie. La commedia si conclude all'improvviso con la notizia che Alcmena ha partorito due gemelli, uno figlio di Giove e l'altro di Anfitrione.
La pace. Testo greco a fronte
Aristofane
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2002
pagine: XIX-107
Rappresentata ad Atene nel 421, quando stava per concludersi la prima fase della guerra del Peloponneso, "La pace" è una delle più graffianti, poetiche e amare commedie di Aristofane. C'è il contadino attico Trigeo che ascende all'Olimpo in groppa a un gigantesco scarafaggio per trovare la pace ma lo trova vuoto, perché gli dei lo hanno abbandonato; c'è Polemos (la guerra) che tiene in schiavitù Irene (la pace) e medita di distruggere tutte le città greche. Trigeo, con l'aiuto del coro, formato di contadini, cercherà di porre fine al conflitto.
L'avaro. Testo francese a fronte
Molière
Libro: Copertina morbida
editore: Garzanti
anno edizione: 2002
pagine: 207
Harpagon è un vecchio avaro che non pare avere altri sentimenti. I figli Cléante e Elise lo odiano. Harpagon decide di sposare la bella Marianne, amata da Cléante e di dare in moglie Elise a un vecchio, Anselme, che la accetta senza dote. Il valletto di Cléante, La Fleche, ruba la cassetta del denaro e la consegna al suo padrone che pensa di darla al padre in cambio di Marianne. Harpagon accusa però del furto il suo intendente Valère che crede che il suo amore per Elise sia stato scoperto e che questa sia la vera causa dell'ira di Harpagon. Giunge infine Anselme che riconosce in Marianne e Valère i figli da lui creduti morti in un naufragio. Gli innamorati si sposano e Harpagon ritrova il suo denaro.

