Quodlibet: Quodlibet studio. Città e paesaggio. Saggi
Minnette de Silva. Modernità e tradizioni per Ceylon-Modernity and traditions for Ceylon
Maria Bonaiti
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2025
pagine: 256
Originaria di Kandy, nell’isola di Ceylon (oggi Sri Lanka), Minnette de Silva (1918-1998) è figura di primo piano dell’architettura moderna del suo Paese e prima donna asiatica a essere associata al RIBA. Completati gli studi presso la Architectural Association School of Architecture a Londra, De Silva partecipa ai convegni CIAM come delegata del gruppo indiano e intesse relazioni con alcuni tra i principali protagonisti della scena architettonica contemporanea, tra i quali Sigfried Giedion, Jaqueline Tyrwhitt, Enrico Peressutti e Le Corbusier, con cui stringe una duratura amicizia. Grazie anche a una ricca documentazione, in parte inedita, il volume restituisce il profilo di una professionista fuori dal comune, il cui lavoro e impegno consentono di delineare i temi che attraversano il dibattito architettonico nell’immediato secondo dopoguerra, in primis il complesso rapporto tra artigianato, modernità e tradizioni.
L'immagine storiografica dell'architettura contemporanea da Platz a Giedion
Maria Luisa Scalvini, Maria Grazia Sandri
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2025
pagine: 256
Nel 1984 Maria Luisa Scalvini pubblicava, assieme a Maria Grazia Sandri, "L’immagine storiografica dell’architettura contemporanea da Platz a Giedion", un testo basilare che avrebbe segnato una svolta metodologica nella storiografia dell’architettura. A distanza di quarant’anni, quest’opera si conferma una pietra miliare per chiunque voglia comprendere l’evoluzione critica e interpretativa della storia dell’architettura del XX secolo. L’importanza metodologica del volume risiede nelle modalità dell’analisi comparativa e nell’acuta disamina delle dinamiche che guidano l’interpretazione critica della storia dell’architettura presentata in alcuni suoi testi fondamentali, come quelli di Gustav Adolf Platz, Henry-Russell Hitchcock, Philip Johnson, Nikolaus Pevsner, Walter Curt Behrendt e Sigfried Giedion. Le autrici, infatti, dimostrano come la selezione e l’uso dei testi influenzino non solo la nostra percezione dell’architettura, ma anche il modo in cui scriviamo e leggiamo la sua storia. In particolare, Maria Luisa Scalvini invita a ripensare il ruolo dello storico-critico, il quale non si limita a registrare i fatti, ma costruisce attivamente una narrazione che riflette i pregiudizi, le ideologie e le scelte culturali di un determinato periodo. Ripubblicare oggi "L’immagine storiografica" significa, dunque, non solo riconoscere il contributo straordinario di Maria Luisa Scalvini alla storiografia dell’architettura, ma anche proseguire la riflessione critica da lei avviata sulla costruzione della conoscenza storica. Il testo dunque si propone come una risorsa preziosa per gli studiosi contemporanei che si interrogano sull’interpretazione, sulle fonti e sul loro utilizzo, e sull’impatto che gli scritti hanno avuto e continuano ad avere nella trasmissione della conoscenza storica.
A room of no one
Jacopo Leveratto
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2025
pagine: 264
Sembra impossibile, oggi, iniziare a progettare uno spazio architettonico senza prima sapere a cosa debba servire. Decidere, per esempio, quanto grande debba essere o che forma debba avere in mancanza di informazioni in merito alle sue funzioni e alle sue specificità. Eppure, provarci rappresenta probabilmente il modo migliore per far sì che quello spazio si offra, senza cambiare, a interpretazioni molto diverse fra loro, oltre che a usi apparentemente incompatibili, e duri così nel tempo. Un tema qui affrontato nei limiti dell’ambito domestico, per raccogliere indizi a supporto di una teoria operativa sulla permanenza della forma architettonica anche in un campo tradizionalmente segnato in senso opposto. E, ancora più nello specifico, guardando al progetto di un’ipotetica stanza generica, di cui il libro, attraverso una serie di salti cronologici, associazioni logiche e analogie formali, prova a dare una lunga definizione storicamente situata. Arrivando a ricostruire, pagina dopo pagina, i caratteri fondamentali di un’unità elementare di spazio, che non è quello astrattamente indefinito e perciò confinato in una perenne indeterminatezza, bensì quello intenzionalmente progettato per diventare qualsiasi altra cosa, conformemente a una specifica interpretazione. Uno spazio qui descritto attraverso la progressiva sottrazione di ogni complemento, d’arredo come di scopo, per capire se sia davvero possibile, dalla stanza alla casa, arrivare anche in ambito residenziale a un progetto di questo tipo, assolutamente generico, che sia completamente slegato da specifiche contingenze e unicamente determinato dall’architettura stessa e dal suo significato.
Sotto un cielo diviso. Architetture nella guerra fredda
Alessandro De Magistris, Federico Deambrosis
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2025
pagine: 240
Il libro propone una originale narrazione della storia dell’architettura novecentesca e, in particolare, del quadro della «tarda modernità», che trae impulso decisivo dalle trasformazioni legate al secondo conflitto mondiale. Sono i densissimi, cruciali decenni in cui vanno disponendosi i tasselli fondamentali del mondo globalizzato. La Guerra fredda, lungi dall’essere un semplice sfondo o ambito di esclusiva pertinenza politica e militare, assume in questa cornice l’evidenza di un decisivo fattore di modernizzazione, generatore di trasferimenti di risorse, di antagonismi e barriere, ma anche di forme inedite di scambio e circolazione che interessano Ovest, Est e Sud del mondo. È una presenza pervasiva che orienta indirizzi e opzioni di sviluppo, influenzando la vita quotidiana di milioni di persone. Se ne possono cogliere indizi, impronte e riflessi nella ricerca e nella competizione tecnologica, nell’organizzazione dei cantieri, così come nelle politiche culturali e nei dibattiti sulle riviste, nelle Esposizioni, nelle opere realizzate e nei contributi teorici, negli immaginari cui attinge la cultura progettuale.
La quarta natura della città. Le Corbusier, Burle Marx, Halprin
Barbara Boifava
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2025
pagine: 168
La riflessione sul concetto di “quarta natura”, la natura della città, prende le mosse dall’indagine di una moderna dimensione urbana riconosciuta nell’opera di Le Corbusier, Roberto Burle Marx e Lawrence Halprin. Una nuova poetica della natura si unisce alle tre diverse categorie descritte nella letteratura degli studi sul paesaggio, in un processo in cui una “prima natura” di ciceroniana memoria, nella sua forma selvaggia e incontaminata, evolve nel paesaggio antropizzato della “seconda natura”, per culminare nel giardino, immagine di una “terza natura” plasmata a fini estetici e concepita come una equilibrata combinazione tra natura e cultura. Il racconto tracciato attraverso le opere di tre figure fondamentali nella progettazione del paesaggio urbano moderno evidenzia la necessità di ri-considerare il diritto della natura alla città. La scena urbana diventa così il campo di sperimentazione di approcci fortemente innovativi che, nella ville verte di Le Corbusier, nella cidade parque di Burle Marx e nella granite forest messa in scena da Halprin, evocano consolidati processi naturali, convalidando riflessioni formali e ideologiche dal profondo significato ecologico.
Giovanni Klaus Koenig nella cultura progettuale del Novecento
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2025
pagine: 304
Nella cultura italiana del secondo Novecento, Giovanni Klaus Koenig (1924-1989) si è distinto come originale figura di storico, teorico e critico di architettura e design, semiologo, appassionato docente, cultore e tecnico del cinema, progettista di edifici e mezzi di locomozione. Ironico e amabilmente polemico, Koenig ha na - vigato i diversi saperi connessi al progetto in tutte le sue scale, intrecciandone continuamente metodologie ed esiti, e sperimentan - do innovativi orientamenti d’indagine critica: valgano per tutti i pionieristici studi sull’analisi linguistica dell’architettura. Infatti, sebbene Koenig sia stato troppo spesso confinato nel ristret - to circolo intellettuale fiorentino, accanto a colleghi come i tre Leo - nardo (Benevolo, Ricci, Savioli), Franco Borsi o Pierluigi Spadolini, a Firenze il suo rivoluzionario insegnamento è stato cruciale per la formazione dei gruppi dell’architettura radicale come Superstudio. E nonostante il capoluogo toscano sia stata la città dove scelse di vivere, insegnare e lavorare per tutta la vita, egli ha avuto un ruolo preminente in diversi contesti industriali del Paese (Milano, Torino e la Fiat, ad esempio), nelle riviste – dalle milanesi «Casabella» (di cui fu condirettore) e «Ottagono», alla bolognese «Parametro» – e in molteplici eventi o programmi che hanno coinvolto architetti e designer di fama internazionale.
Del costruire. Epistemologia dell'architettura
Riccardo Gulli
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2025
pagine: 224
La tesi sviluppata nel presente volume si fonda su due presupposti. Il primo è che sia possibile identificare i princìpi e i metodi che sovraintendono alla natura del sapere scientifico nel campo delle discipline architettoniche. Il secondo è che, in questo specifico ambito, la prassi del costruire ha sempre anticipato l’evoluzione della conoscenza teorica. Entrambe le questioni rappresentano il filo conduttore su cui si snoda la riflessione impiegando una struttura narrativa basata sull’esposizione di letture esemplari e articolata in tre sezioni tematiche corrispondenti a domini temporali differenti. La prima, Relazioni, si concentra sulla fase storica segnata dal passaggio di stato tra la concezione muraria della cultura costruttiva premoderna a quella dello scheletro a telaio in conglomerato cementizio armato della prima metà del ventesimo secolo. La seconda, Misure, illustra l’importanza rivestita dalla storia materiale nella formazione di una cultura tecnica capace di affrontare criticamente gli interventi sul patrimonio costruito, con specifico riferimento a quello del secondo Novecento.
Il racconto dell'architettura. Scrittura e narrazione nell'opera di Stefano Boeri
Matheus Cartocci
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2024
pagine: 144
Nel dopoguerra italiano a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, la ricerca teorica diventa il distintivo di un gruppo di architetti e intellettuali che occuperà la scena culturale nazionale e internazionale per alcuni decenni, impiegando la scrittura nella pratica architettonica come strumento di riflessione e di innovazione progettuale. La generazione successiva, formatasi sui loro testi, sarà però «pronta a rinnegare le parole, le frasi e gli strumenti dei padri». È la generazione di Stefano Boeri, probabilmente l’architetto italiano più presente sulla scena mediatica attuale, ma anche fra i meno studiati. Il volume inquadra dunque il lavoro dell’architetto milanese in tutte le sfaccettature della sua molteplice attività di professionista, intellettuale, organizzatore di eventi e alla testa di varie istituzioni culturali. Nel corso degli anni, infatti, Boeri è stato direttore delle riviste «Domus» e «Abitare», attraverso le quali ha raccontato e comunicato l’architettura a un pubblico sempre più vasto, utilizzando un nuovo linguaggio mediatico che merita di essere esaminato approfonditamente. Il testo studia perciò il costituirsi, a inizio millennio, di una nuova tensione comunicativa, analizzando quindi lo sviluppo di un efficace metodo esplicativo del progetto, un metodo che si serve di schemi narrativi, di neologismi e di una vera e propria «overdose di varietà» visiva: tutte caratteristiche che precedono di molto il Bosco Verticale, inaugurato giusto dieci anni or sono. Per tutte queste ragioni, l’autore – che ha lavorato per un periodo in Stefano Boeri Architetti – ha riservato un’attenzione particolare alla collaborazione di Boeri con Rem Koolhaas, architetto e scrittore che senza dubbio è stato un punto di riferimento e un suo interlocutore privilegiato.
Il misuratore di icone. Tecnologie e progetto
Giovanni Morabito
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2024
pagine: 256
Attraverso una serie di scritti e di progetti di Giovanni Morabito, il volume si propone di illustrare e ricostruire il lungo percorso culturale dell’autore, iniziato in sodalizio con Costantino Dardi, che definendolo «misuratore di icone» ha condotto con lui una serie di sperimentazioni progettuali sulla relazione tra forma e tecnica e sulle configurazioni primarie, come nel caso del cubo realizzato per la stazione di servizio Agip a Venezia-Mestre nel 1971. La prima parte del libro raccoglie i principali scritti di Morabito sui rapporti fra tecnica e architettura e tra forma e struttura, rivolti sugli aspetti tipologici, morfologici e tecnologici della disciplina; mentre la seconda parte presenta una rassegna di progetti per temi di carattere architettonico, strutturale, di recupero e di restauro che testimoniano il costante esercizio di verifica della dimensione fisica della figura, legittimata tra misurazione e matericità. Gli allievi Spartaco Paris e Roberto Bianchi rimarcano la duplice natura di ingegnere-architetto del loro maestro, figura che al tempo stesso incarna la dimensione scientifica e quella umanistica, il che gli ha permesso di concepire, meglio di altri, il progetto costruttivo come parte di un processo in cui interagiscono il contesto produttivo e l’innovazione tecnologica. In un periodo storico di sempre più marcati confini disciplinari, l’esperienza di Giovanni Morabito è quindi quanto mai preziosa, perché «l’architettura costruita, quella ereditata dal passato, quella in atto e quella che in futuro verrà non può che, nel bene e nel male, fare i conti proprio con la tecnologia».
La crisi del profeta. Frank Lloyd Wright
Carlo Nardi
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2024
pagine: 184
«Per un anno, lascio lo studio a sé stesso, e abbandono mia moglie e i bambini, in cerca di un’avventura spirituale». Così scriveva Frank Lloyd Wright nel settembre del 1909 all’amico e cliente Darwin D. Martin, comunicandogli la propria scelta di partire per l’Europa. Dietro la fuga si celava una profonda crisi personale e professionale che troverà una soluzione in Italia, nell’estate del 1910, con la sua decisione di tornare a casa, che così commenterà scrivendo da Fiesole al collega inglese Charles Robert Ashbee: «La battaglia è stata combattuta. Sto tornando a Oak Park per riprendere in mano il filo del mio lavoro e – in una certa misura – della mia vita, là dove l’ho reciso». Nella convinzione che il nucleo del pensiero di Wright sia fondamentalmente costante nel tempo, l’autore pone al centro del volume la crisi del 1909-1910 e, a partire da quel momento di svolta, offre una ricognizione retrospettiva sui caratteri originali dell’architetto americano, rifugiatosi in volontario esilio tra Firenze e Fiesole, luoghi allora particolarmente importanti per gli artisti. Formatosi sulle originarie fonti culturali dell’America dell’Ottocento, tra ardore religioso e pensatori quali Ralph Waldo Emerson, impegnati in una nuova dichiarazione d’indipendenza dall’Europa, non più solo politica ma anche culturale, Wright si considerò investito dell’alto compito di farsi propheta in patria di una nuova architettura, salvando la disciplina dal morbo del Rinascimento e del mondo Beaux-Arts, straordinariamente apprezzati negli Usa dell’Esposizione Colombiana a Chicago del 1893, e volgendo lo sguardo verso altre culture come quella giapponese. Nella sua ricostruzione delle origini del pensiero di Wright, l’autore tenta inoltre di mettere in discussione alcune parole chiave (“natura”, “organico”) e l’effettivo peso dell’influenza di maestri come Louis H. Sullivan, illuminando maggiormente figure minori come Joseph Lyman Silsbee.
Le città invisibili, le città inevitabili
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2024
pagine: 128
Il volume raccoglie i testi presentati da alcuni studiosi di Italo Calvino in occasione del convegno Dialoghi attorno a «Le città invisibili» e da alcuni docenti delle scuole di architettura italiane, a cinquant’anni dalla pubblicazione dell’opera e a cento dalla nascita del suo autore. Come è noto, il lavoro dell’architetto e dell’urbanista si articola in tre dimensioni: la dimensione tecnica, quella visionaria e quella che potremmo sinteticamente definire dimensione intellettuale. Ora, anche alla luce della recente pandemia, l’insieme dei testi raccolti in questo volume ha appunto l’ambizione di contribuire al necessario recupero del côté intellettuale, che negli ultimi decenni è passato in secondo piano. Infatti, quando fu pubblicato Le città invisibili, uno storico come Jean-Louis Cohen poteva giustamente sostenere che in Italia, a differenza di quanto avveniva in Francia, gli architetti erano stati in grado di inserirsi nel dibattito pubblico a fianco dei maggiori intellettuali dell’epoca, da Leonardo Sciascia a Pier Paolo Pasolini.