Giappichelli: Procedura penale. Studi
La denuncia riservata. Genesi e metodo delle mafie, limiti della legislazione antimafia e spunti per una strategia processuale di contrasto
Arturo Capone
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2025
pagine: 576
Lo studio mette in luce come la specificità che contraddistingue sul piano storico e sociologico l’origine e l’attuale modo di operare delle mafie tradizionali, vale a dire la capacità di estorcere con l’intimidazione una sorta di alleanza con le proprie vittime, sia in qualche misura specularmente rafforzata dall’attuale politica criminale antimafia, che, non consentendo di distinguere con chiarezza la misura delle responsabilità, favorisce il compattamento sociale tra i gruppi mafiosi e la così detta zona grigia. Si suggerisce perciò, nella prospettiva di “disfare la rete” mafiosa, l’introduzione di uno strumento processuale, la denuncia riservata, che consenta a chi finisce in quelle maglie di sfuggire all’alternativa tragica tra rischio di ritorsione e rischio penale.
Il giudice profilabile. Studio sull’impatto dei judge profiling A.I. tools nel processo penale
Francesco Maria Damosso
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2025
pagine: 384
Parlare di profilazione del giudice, cioè di sistemi che grazie all’intelligenza artificiale elaborano masse di dati relativi al magistrato per prefigurare l’esito del processo o per controllarne l’attività professionale, significa entrare in un terreno di novità e, insieme, di tensione. Il judge profiling porta infatti a un altro livello la richiesta di prevedibilità – meglio, predicibilità – della decisione giudiziaria e la possibilità di monitoraggio delle performances di chi esercita il pubblico potere. E però, mettere il giudice sotto una lente d’ingrandimento equivale nel contempo a provocare una duplice alterazione: della rilevanza dei fenomeni osservati e soprattutto del suo comportamento, a causa della sovraesposizione che ne deriva. Trattandosi del giudice, alterazione del comportamento si traduce come mortificazione della sua indipendenza, dunque come ineffettività della tutela dei diritti. Di qui, muovendo cioè dall’inderogabile dovere del legislatore di assicurare tutte le condizioni affinché l’indipendenza si realizzi e si preservi, il senso del presente studio. Uno studio che prende forma anche a partire dalla preoccupazione dovuta al vistoso disallineamento tra i contenuti dell’attuale dibattito sulla giustizia e gli scenari prossimi futuri: la recente apertura al pubblico in open access della banca dati ospitante una parte della giurisprudenza di merito, nella quale si possono ricercare i provvedimenti filtrati mediante i nomi di coloro che li hanno emessi, è un fatto che parla da sé. Ma cavalcare, da parte delle istituzioni politiche, la retorica del giudice trasparente suona solo come il tentativo illusorio di spostare l’attenzione dall’obiettivo veramente meritevole di essere perseguito. Ossia governare la complessità del diritto conciliando il pluralismo valoriale, contestualmente presente nella collettività e nella magistratura, attraverso decisioni ragionevoli e quindi socialmente accettabili.
Il «giusto procedimento» di sorveglianza
Rossella Mastrototaro
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2024
pagine: 400
La faticosa marcia di avvicinamento della giurisdizione rieducativa alle garanzie dell’archetipo cognitivo, dopo aver subito una forte accelerazione con la riscrittura dell’art. 111 Cost., può trarre un ulteriore impulso dalle recenti riforme per una giustizia penale più efficiente e mite, connotata dalla transizione tecnologica e dall’avvento della giustizia riparativa. Resta ferma la consapevolezza che, nell’ordo marcato dall’art. 678 c.p.p., i canoni del “giusto processo” debbano convivere con le peculiarità del giudizio sull’uomo affidato alla magistratura di sorveglianza. Diversamente, l’assolutizzazione delle garanzie processuali rischia di diventare puro esercizio teorico. Muovendo da queste premesse, l’autrice ripercorre le scansioni del procedimento tipico di sorveglianza, mettendo a fuoco assonanze e deviazioni rispetto allo schema ideato per la fase cognitiva, con l’obiettivo di delineare, anche in una prospettiva de iure condendo, un modello costituzionalmente “blindato”.
Studio sulla funzione d'accusa nel sistema della Corte penale internazionale
Massimo Bolognari
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2023
pagine: 304
Sono trascorsi poco più di vent'anni dall'entrata in vigore dello Statuto di Roma, che ha istituito la Corte penale internazionale. Grandi aspettative erano riposte in tale sistema di giustizia, concepito con l'obiettivo ambizioso di perseguire sul piano globale reati particolarmente efferati, come il genocidio, i crimini di guerra, contro l'umanità e di aggressione. Tuttavia, nonostante il drammatico conflitto in Ucraina l'abbia posta nuovamente al centro del dibattito pubblico, la Corte soffre oggi una profonda crisi. Gli alti costi di gestione, la lentezza dei procedimenti e la scarsa, se non del tutto assente, cooperazione da parte degli Stati hanno alimentato una crescente diffidenza verso tale sistema di giustizia. Nondimeno, esso costituisce un interessantissimo "laboratorio" agli occhi del processualpenalista, poiché in tale contesto, non solo, vengono elaborate soluzioni dal carattere ibrido, che non trovano rispondenza in quelle presenti negli ordinamenti interni e che costituiscono il risultato di un complesso dialogo tra culture giuridiche diverse, ma vengono anche in qualche misura esasperati paradigmi che non emergono o che appaiono solo latenti a livello nazionale. I problemi che riguardano la gestione dell'azione penale, momento cruciale e, al contempo, critico di ogni sistema processuale, offrono un esempio estremamente significativo di entrambi questi aspetti. Il volume tenta di costruire una sorta di "dogmatica" della funzione d'accusa nel sistema della Corte, fornendo, a tal proposito, alcune chiavi di lettura generali, nella prospettiva di meglio comprendere le peculiari sagomature che assumono la fisionomia e i poteri dell'organo inquirente in una dimensione internazionale.
Proscioglimento e ne bis in idem nel doppio binario sanzionatorio
Rosa Anna Ruggiero
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2023
pagine: 256
Il ne bis in idem è tornato oramai da anni al centro del dibattito scientifico per il rinnovato interesse che ha suscitato la sua estensione – per via giurisprudenziale – agli illeciti amministrativi punitivi, nell’ambito dei sistemi caratterizzati dal doppio binario sanzionatorio, effetto del noto ampliamento della nozione di matière pénale. Tuttavia vi è una prospettiva del ne bis in idem applicato ai doppi binari rimasta finora inesplorata in dottrina, dal momento che il riconoscimento del divieto di un nuovo procedimento per il medesimo fatto, quando un altro formalmente o sostanzialmente penale si sia irrevocabilmente concluso, è stato approfondito presupponendo che il primo fosse stato definito con un provvedimento di condanna. Cosa accade, invece, a fronte di un proscioglimento? Scopo della ricerca è verificare prima di tutto se ed eventualmente come impatti un proscioglimento rispetto ad un nuovo accertamento sanzionatorio. Se, cioè, possa precluderlo e se l’applicazione della garanzia possa dipendere dal tipo di provvedimento liberatorio o dalla ragione che vi è sottesa o dall’autorità (penale o amministrativa) che lo abbia pronunciato. Considerato che la giurisprudenza europea ha valorizzato, nella costruzione del principio, il criterio della proporzionalità, tale criterio sembra dover trovare la sua declinazione per il ne bis in idem dei doppi binari – come pare suggerire la Corte di giustizia – anche a fronte di un proscioglimento.
Il vincolo al precedente tra sentenza di legittimità e massimazione
Francesco Maria Damosso
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2022
pagine: 384
È un precedente – si guardi al contesto anglo-americano di origine – la regola giuridica in forza della quale è stato precedentemente deciso un certo caso, in sede giudiziaria. Su di un piano descrittivo, il precedente indica dunque il come si è precedentemente deciso. Su di un piano funzionale, lo stesso esiste, nel senso che viene considerato in vario modo rilevante, affinché tendenzialmente lo si segua: affinché in virtù del principio di universalizzabilità della decisione individuale casi analoghi vengano decisi in modo analogo, nel segno dell’uguaglianza degli individui dinanzi alla legge per come è interpretata; e la decisione futura sia in buona misura prevedibile, per garantire libere scelte d’azione. Il ragionare per precedenti ha permeato visceralmente l’argomentare giuridico, pure in un sistema radicato sul formante legale quale il nostro; e se questo è vero, come è vero, anche nella sede giudiziaria, cioè a fini decisionali, allora è altrettanto vero che il problema della gestione del precedente è un problema di giustizia di non poco momento. Ecco perché nel corso della trattazione si rifletterà sul quomodo lo stesso vada gestito. Precisamente, come si dovrebbe jus dicere da parte del giudice chiamato a stabilire il precedente per i casi successivi, ossia quali contenuti dovrebbe avere la sentenza di legittimità destinata a fungere da precedente? Come si dovrebbe interpretare quella sentenza da parte del giudice sopravveniente? Come si dovrebbe massimare quella sentenza da parte del soggetto istituzionalmente chiamato a ciò, ossia l’Ufficio del massimario della Cassazione? Al fine di valutare qualitativamente la gestione in parola – vale a dire l’amministrazione e il sistematico monitoraggio tanto della genesi quanto dell’utilizzo del precedente –, nello sviluppo del lavoro avrà modo di auspicarsi l’affermazione del canone dell’appropriatezza. Una gestione cioè appropriata rispetto a che cosa il precedente è, nonché alla sua funzione. Un canone che si rivelerà immanente e implicito nelle tesi sostenute. Esplicitamente, nondimeno, verrà tradotto in due indicatori fondamentali alla stregua dei quali misurarne il grado di aderenza: quello della effettiva comprensione e della ragionevole riapplicazione del precedente; naturalmente chiarendo cosa significhi comprenderlo effettivamente e riapplicarlo ragionevolmente.
La persona alloglotta sottoposta alle indagini e la traduzione degli atti
Nicola Pascucci
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2022
pagine: 352
I rilevanti fenomeni migratori nel nostro Paese, che si aggiungono ad una radicata presenza dei dialetti, ancora parlati in via prevalente o esclusiva in alcuni contesti socioculturali, rendono urgente la necessità di garantire in modo effettivo l'assistenza linguistica ad indagati e imputati che non padroneggiano a sufficienza la lingua italiana. Detto servizio è indispensabile per consentire loro una partecipazione consapevole al procedimento, presupposto indefettibile di un processo giusto. In particolare, il diritto alla traduzione, riguardante la trasposizione degli atti scritti fondamentali ai fini difensivi dalla lingua del procedimento all'idioma dell'alloglotto (o viceversa), presenta una genesi piuttosto travagliata, avendo ottenuto pieno riconoscimento e autonomia concettuale rispetto all'interpretazione, concernente gli atti orali, solo a seguito della direttiva 2010/64/UE. L'opera analizza la disciplina sugli atti e sui documenti oggetto di traduzione a beneficio della persona sottoposta alle indagini preliminari, nella consapevolezza che la loro omessa o qualitativamente insufficiente trasposizione può determinare molteplici riflessi sulla libertà della medesima e sul processo, fino a pregiudicarne irrimediabilmente l'esito. Ampio spazio è dedicato alla normativa europea, con l'esame dei punti di forza e degli aspetti problematici risultanti dalla sinergia tra la CEDU, come interpretata dalla Corte di Strasburgo, e la direttiva 2010/64/UE. L'analisi della disciplina legislativa si sofferma sui progressi derivanti dall'attuazione della direttiva e sulle persistenti criticità, nella costante ricerca di soluzioni interpretative in linea con le previsioni costituzionali e sopranazionali. Lacune, inesattezze e problemi di coordinamento tra disposizioni si aggiungono alla limitata attenzione codicistica verso i profili qualitativi del servizio e alla scarsa deterrenza delle sanzioni a presidio delle norme, in grado di ripercuotersi sull'effettività delle previsioni. La giurisprudenza, dal canto suo, persevera in inaccettabili letture riduttive, dimostrandosi poco incline a riconoscere il carattere centrale del diritto alla traduzione. Si formulano infine proposte di riforma, volte a superare silenzi e ambiguità del vigente assetto legislativo.
La testimonianza della persona offesa minorenne. Dalle sollecitazioni sopranazionali alle risposte dell'ordinamento italiano
Nicola Pascucci
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2021
pagine: 368
Il contraddittorio scientifico
Luciano Calò
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2020
pagine: 305
Il sintagma «contraddittorio scientifico» avvicina il percorso della conoscenza scientifica a quello della conoscenza giudiziale. L'accostamento, più che sommare, amplifica i vincoli di razionalità propri di ciascun itinerario e, in tutta evidenza, implica una scelta di metodo in ordine all'impiego, nel procedimento penale, della scienza (o, meglio, delle scienze). La locuzione, di conseguenza, non enfatizza il valore dei saperi tecnico-scientifici, ma riporta l'aspirazione (ontologica) di verità (insita nella ricostruzione processuale dei fatti storici) nell'ambito dei criteri (epistemologici) di credibilità e condivisibilità propri del contraddittorio. Il richiamo agli archetipi, ai principi ed alle regole forgiate per l'amministrazione della giustizia svela presto, tuttavia, la problematicità dei luoghi di costruzione giuridica della scienza, all'interno dei quali il diritto cerca di riconoscere, selezionare e valutare le competenze scientifiche pertinenti. Le indicazioni normative, infatti, non paiono assicurare sempre soluzioni univoche e l'incertezza che ne deriva alimenta il rischio di affidamenti acritici in favore di conoscenze asseritamente superiori. L'attenzione alle coordinate del «giusto processo» impone, quindi, tanto una valutazione puntuale del ruolo di tutte le parti coinvolte e dei rapporti tra di esse, quanto una rilettura attenta dei congegni procedi-mentali chiamati, istituzionalmente, ad assicurare le condizioni di contesto affinché la combinazione tra diritto e scienza non corrobori pericolose insidie, non annulli il tasso di legalità del sistema e non comprometta la tenuta dell'ordine processuale.
L'archiviazione per particolare tenuità del fatto. Analisi, rilievi critici e prospettive
Chiara Gabrielli
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2020
pagine: 192
La scelta del d.lgs. n. 28 del 2015 di includere la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto nel catalogo dei presupposti dell'archiviazione coniuga una persuasiva matrice culturale — ispirata alla proporzionalità tra repressione penale ed effettivo disvalore del fatto — con potenzialità deflative determinanti per la sopravvivenza del nostro sistema giudiziario, che versa da tempo in cronico affanno. La commistione tra la forma, apparentemente liberatoria, del provvedimento e il contenuto — che implica la responsabilità penale dell'indagato, accertata sulla base degli atti di indagine — rende l'archiviazione fondata sulla particolare tenuità un "ossimoro processuale" di delicata regolamentazione. La circostanza che il legislatore le abbia dedicato un'attenzione specifica, apprestando uno speciale itinerario procedurale, ne rivela l'apprezzabile consapevolezza di avere a che fare con un'archiviazione sui generis. Molto più problematico, invece, affermare che a tale consapevolezza si accompagni un rigoroso governo delle peculiarità della materia. L'attuale sequenza archiviativa non sembra pienamente rispettosa delle coordinate costituzionali né coerente con le scelte epistemologiche qualificanti del nostro assetto processuale. Il legislatore è, dunque, chiamato allo sforzo ineludibile di rimeditarne la disciplina, senza introdurre deleterie diseconomie. Nonostante la complessità tecnica dell'operazione, tuttavia, deve rifuggire dalla tentazione di sottrarsi a tale impegno rinunciando all'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto. L'ordinamento che preferisse una simile scorciatoia si dimostrerebbe non solo culturalmente regressivo ma anche privo di realismo: tornando a imporre di perseguire qualsiasi fatto penalmente rilevante, senza più autorizzare distinzioni legate alla sua concreta offensività, risulterebbe ancora meno efficiente e, quindi, ancora meno credibile.
La messa alla prova dell'imputato adulto. Analisi e prospettive di un sistema processuale diverso
Michela Miraglia
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2020
pagine: 392
La sospensione del processo per messa alla prova dell'imputato adulto, introdotta dalla I. 28 aprile 2014, n. 67, è un istituto complesso e proteiforme. La scelta del legislatore di attribuire alla messa alla prova una doppia natura, causa di estinzione del reato e procedimento speciale, ha condotto alla redazione di disposizioni, contenute nel codice penale e in quello di rito, non prive di imperfezioni. Il meccanismo di diversion consente all'imputato di allontanarsi dal processo ordinario in modo condizionato, fuoriuscendone definitivamente, qualora la prova abbia esito positivo, dopo aver percorso un binario parallelo rappresentato da un vero e proprio esperimento trattamentale. La sospensione del processo con messa alla prova infrange la sequenza tra reato e pena. Ne derivano sfide interpretative di non poca misura: alcune possono essere affrontate a livello pretorio, altre necessitano delle pronunce della Consulta e altre ancora sembrano esigere interventi legislativi ulteriori. Il volume ha ad oggetto lo studio della disciplina che regola l'istituto, con particolare attenzione agli aspetti processuali, senza tralasciare le questioni di diritto sostanziale, sia pure limitatamente ai profili essenziali all'economia del lavoro.
Scelte discrezionali del pubblico ministero e ruolo dei modelli organizzativi nell'azione contro gli enti
Rosa Anna Ruggiero
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2018
pagine: XIV-218
La monografia “Scelte discrezionali del pubblico ministero e ruolo dei modelli organizzativi nell’esercizio dell’azione contro gli enti” affronta con taglio originale la materia della responsabilità da reato delle imprese, evidenziando i profili di discrezionalità che connotano l’agire del pubblico ministero e che fanno affiorare significativi punti di contatto tra il nostro sistema e quello statunitense di corporate criminal liability. Le ragioni di opportunità, che non di rado ispirano anche in Italia le decisioni dell’organo dell’accusa, emergono non solo con riferimento all’alternativa tra contestazione dell’illecito e archiviazione, ma anche prima che essa si ponga, sin dal momento in cui bisogna valutare se iniziare le indagini. Nonostante il legislatore abbia puntato molto sul d.lgs. n. 231 del 2001 e continui a scommetterci, come dimostrano per esempio l’ampliamento del catalogo dei reati presupposto e l’estensione dello strumento del whistleblowing anche al settore privato proprio attraverso la novellazione del decreto, la sua applicazione è inferiore alle aspettative. Allo stesso tempo, però, quando il d.lgs. n. 231 del 2001 trova impiego mostra soprattutto il suo volto punitivo, benché l’aspetto più qualificante della normativa sia rappresentato dalla valorizzazione dei modelli organizzativi e delle condotte riparatorie in un’ottica premiale finalizzata a promuovere la cultura della legalità dell’impresa. Pertanto, è quanto mai urgente una riforma con cui introdurre nuove occasioni di ravvedimento postumo dell’ente e riconoscere, in questi casi, una contropartita più allettante, quale potrebbe essere l’estinzione dell’illecito amministrativo da reato.